Di L.E.
E ‘di recente attualità lo svolgimento del “Giubileo della salute mentale”, congresso in presenza, a cadenza cinquantennale, tenutosi a Roma il 3 aprile. Organizzato da Motore Sanità e promosso dai Tavoli della salute mentale del Ministero della Salute e della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), è stato ospitato nell’aula magna della Pontificia Università Lateranense.
Negli articoli di vari organi di stampa apparsi in prossimità dell’evento, viene definito “un’importante occasione di confronto tra esperti, rappresentanti delle istituzioni, stakeholder del settore e associazioni che ha permesso di analizzare le criticità emergenti e proporre soluzioni condivise volte a migliorare la risposta sanitaria e sociale alle sfide attuali”. Se già la presenza di stakeholder, (ovvero portatori di interessi nei confronti di un’attività o di un progetto economico) ad un congresso avente tema la Salute Mentale suscita più di una perplessità in chiunque sia dotato del minimo senso critico, la velina di resoconto pubblicata da diverse testate nazionali e locali, ha contribuito a stimolare una serie di considerazioni che ci accingiamo ad esporre.
Innanzitutto, dando un’occhiata al comunicato stampa integrale, da cui abbiamo tratto il passaggio succitato, appare evidente l’intenzione di dare particolare risalto ai numeri del fenomeno psichiatrico, ponendo l’accento sullo sconvolgente dato di 16 milioni di italiani affetti da disturbi di natura psichiatrica/psicologica, i quali starebbero imperversando tra la popolazione, in special modo tra gli adolescenti. Le problematicità tipiche dell’adolescenza e dell’ingresso nella vita adulta, comuni alle esistenze umane di ogni tempo e luogo, vengono qui definite” bisognose di cure”, in riferimento a manifestazioni psicopatologiche che affliggerebbero coloro individuati come candidati ideali al trattamento psichiatrico. A questo proposito riteniamo opportuno far notare come questa argomentazione sia perfettamente in linea con il progressivo aumento del numero dei disturbi mentali via via “coniati” dalla Società Americana di psichiatria e raccolti nel DSM, il manuale clinico universalmente impiegato per la diagnosi delle malattie psichiatriche: se la prima edizione del 1952 ne raccoglieva “soltanto” 106, nella quinta edizione sono più che triplicati, arrivando ad oltre 370. Nell’edizione del DSM V del 2013, vengono inoltre introdotte nuove categorie di disturbi mentali che riguardano l’infanzia e l’adolescenza, come il disturbo del comportamento dirompente, il disturbo del controllo degli impulsi e della condotta, il disturbo oppositivo-provocatorio, il disturbo esplosivo intermittente, ed altri ancora, ottenendo il risultato di “psichiatrizzare” gradualmente qualsiasi aspetto umano anche nei giovanissimi, con la conseguente presa in carico e farmacologizzazione da parte dei Centri di neuropsichiatria infantile. L’aumento delle categorie diagnostiche e l’ampliamento dei criteri di inclusione, e quindi del numero di diagnosi, hanno come ovvia conseguenza l’incremento delle prescrizioni di psicofarmaci, di cui secondo Eurispes nel 2023 hanno fatto uso 1 italiano su 5. Le affermazioni allarmistiche contenute nel comunicato stampa riferiscono l’inquietante circostanza secondo cui i disturbi mentali, stando all’ultimo World Mental Health Day Report pubblicato da Ipsos, starebbero prendendo il sopravvento, superando per incidenza le malattie cardiovascolari, e costituendo la preoccupazione sanitaria più urgente secondo il 45% degli intervistati in 31 Paesi.
Alla luce di quanto esposto finora apprendiamo con indignazione ma non con stupore che un congresso istituzionale patrocinato dal Ministero della Salute in cui il tema della Salute Mentale della popolazione dovrebbe essere trattato in maniera obiettiva, scientifica e disinteressata, quale il Giubileo della Salute Mentale, è stato realizzato con il contributo incondizionato di svariate aziende farmaceutiche (Angelini Pharma, Otsuka, Lundbeck, Rovi e Teva), come riportato esplicitamente nella locandina ufficiale di presentazione dell’evento. Non possiamo fare a meno di scorgere la convergenza di interessi, esplicitati attraverso intenti differenti ma complementari, tra chi pone la questione del disagio psichiatrico come fonte di allarme sociale e angoscia nei cittadini e coloro che hanno sponsorizzato il Giubileo della Salute Mentale, per i quali invece il trattamento del disturbo mentale rappresenta una ghiotta occasione di guadagno. E ‘paradossale che un convegno istituzionale il cui scopo dichiarato è discutere le strategie da mettere in campo per promuovere la salute mentale della cittadinanza, sia stato finanziato da soggetti che hanno tutto l’interesse a evitare il conseguimento di tale proposito e che mirano a far sì che il progetto da approntare sia soltanto uno: la farmacologizzazone della popolazione, e possibilmente di -tutta quanta– la popolazione. Qualcuno infatti ricorderà la celebre dichiarazione di Henry Gadsen, direttore generale di Merck & Co. alla rivista Fortune… “Il nostro sogno è produrre farmaci per le persone sane. Questo ci permetterebbe di vendere a chiunque”.
Che genere di conclusioni quindi possono emergere da un convegno sponsorizzato da aziende farmaceutiche, se non la consacrazione dell’approccio farmacologico come unica modalità per “sconfiggere” il tanto temibile disturbo mentale, vero o inventato che sia? Oltre agli adolescenti, un’altra categoria indicata come incline all’insorgenza di malattie mentali è quella degli anziani, che segnaliamo essere tra le vittime designate della crescente medicalizzazione della società e della istituzionalizzazione dei cosiddetti “fragili”. E’ lecito chiedersi quali siano i provvedimenti che l’”intellighenzia” della Salute mentale, riunitasi per celebrarne il Giubileo, propone di attuare per migliorare la condizione dei concittadini in età senile: attualmente quello che va per la maggiore consiste nell’appioppare a molti di essi, colpiti dall’inevitabile declino fisico e/o cognitivo, la famigerata amministrazione di sostegno, che in molti casi comporta l’internamento forzato nelle case di cura e l’allontanamento dai propri affetti, i quali a rigor di logica dovrebbero invece essere ritenuti più che mai necessari a coloro che si insiste a definire “vulnerabili”. (si veda nota 1 a piè di pagina sulla proposta di riforma dell’AdS)
Proseguendo nella lettura ci si imbatte nell’affermazione secondo cui “ le malattie mentali prospettano una ingiusta ridotta attesa di vita” a coloro che ne sono affetti: ciò è senz’altro plausibile, ma sarebbe opportuno menzionare il fatto che spesso tale riduzione è imputabile all’uso prolungato di psicofarmaci più che alle conseguenze della patologia psichiatrica in sé, come dimostra lo psichiatra americano Peter Breggin nel suo libro “La sospensione degli psicofarmaci”, in cui si citano numerosi dati accumulati in anni di ricerca.
La cinica equiparazione della malattia mentale all’opportunità di guadagno (persa o conquistata) emerge successivamente in un curioso paragrafo, nel quale si riporta che “ogni anno, la depressione e l’ansia rubano al mondo 12 miliardi di giornate lavorative, con un costo di 1 trilione di dollari. In Italia, questa crisi vale il 4% del PIL”. Questo passaggio suona come un tentativo di orientamento dell’opinione verso la positiva necessità e urgenza di “fronteggiare” il disagio psichiatrico da parte delle istituzioni politiche e sanitarie, facendo leva sul potenziale danno da esso causato al sistema economico e alle casse del Paese, e suggerendo come la questione della Salute Mentale e gli interventi da mettere in campo da parte degli enti competenti siano desiderabili per il conseguimento dell’interesse collettivo, per il bene del Paese.
Una retorica consolidata e attualmente impiegata per giustificare trattamenti sanitari obbligatori (psichiatrici e non) o di fatto imposti surrettiziamente, che nella fattispecie, attraverso la particolare scelta di parole, pare quasi ispirare il biasimo nei confronti dei sofferenti psichici, responsabili di “rubare -addirittura-al mondo” dei sedicenti “ sani” per colpa del loro seccante dolore esistenziale.
In generale, la tesi sostenuta in vari passaggi dell’articolo è quella secondo cui non si starebbe facendo abbastanza per arginare l’emergenza psichiatrica in corso, poiché la risposta da parte delle istituzioni e della rete dei Servizi psichiatrici risulterebbe insufficiente, e, come ciò se non bastasse, il 3,5% (ben 2 milioni) di Italiani affetti da malesseri psichiatrici sarebbe restio ad affidarsi alle cure mediche.
Da tempo la nostra Associazione si è fatta carico di segnalare che in realtà le ragioni che spingono a tenersi alla larga dai Servizi psichiatrici sono da ricercare esattamente in quei capisaldi ideologici che i consessi come il Giubileo della salute mentale (e l’establishment alle loro spalle) si ostinano a non mettere in discussione: l’approccio riservato alla sofferenza umana da parte del corrente sistema medico-psichiatrico, ossia l’approccio organicista, che nella pratica clinica si traduce con la somministrazione a tempo indeterminato di debilitanti psicofarmaci, che non curano la vera causa della sofferenza bensì ne sopprimono i sintomi; l’impostazione liberticida che connota l’ordinamento giuridico per quanto concerne la normativa sul Trattamento sanitario obbligatorio (nota 1), che col pretesto di salvaguardare la salute , di fatto consegna l’autorità di rinchiudere gli individui in nosocomio psichiatrico sulla base di un parere soggettivo, senza che questi abbiano la possibilità di difendersi; la formazione culturale/intellettuale dei professionisti del settore, per i quali la sofferenza emotiva e la non omologazione rispetto ai dettami sociali e all’ordine costituito sono un “difetto di fabbrica” da correggere attraverso l’annichilimento e la coercizione. Queste nostre istanze tuttavia, sembrano purtroppo destinate a scontrarsi contro il muro di gomma delle istituzioni politiche, compattamente schierate nella difesa a oltranza dell’attuale sistema psichiatrico e dell’ordinamento giuridico che concede ad esso alcuni micidiali strumenti di potere e controllo, come il Trattamento Sanitario Obbligatorio e l’internamento degli individui definiti socialmente pericolosi nelle R.E.M.S., manicomi criminali di una volta. Anzi, si profilano all’orizzonte scenari perfino più drammatici di quello attuale, prospettati dalla discussione in Senato nei prossimi giorni del disegno di legge avanzato dalla destra (DDL Zaffini), una revisione fortemente conservatrice della normativa sul T.S.O., contrapposto al disegno di legge presentato dal centrosinistra che comunque non propone alcuna modifica significativa dei costrutti illiberali su cui è impiantata la legge attuale: ennesima riprova della resistenza manifestata dai rappresentanti politici del nostro Paese nei confronti della messa in discussione del potere psichiatrico.
1 Esortiamo chiunque abbia a cuore le nostre battaglie a firmare le due proposte di riforma sostenute da Diritti alla Follia: quella per la riforma del Trattamento sanitario obbligatorio e quella per la riforma dell’amministrazione di sostegno e abolizione dell’interdizione e dell’inabilitazione. E’ possibile firmare online entrambe qui: https://dirittiallafollia.it/scegli-quale-proposta-di-riforma-firmare-online/