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Diritti alla follia

Associazione impegnata sul fronte della tutela e della promozione dei diritti fondamentali delle persone in ambito psichiatrico e giuridico.

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Tutte le discipline scientifiche evolvono: la psicologia non fa eccezione. Cosa cambia nel lavoro con i Pazienti?

Diritti alla Follia · 22/03/2025 · Lascia un commento

di Miriam Gandolfi, psicologa, psicoterapeuta sistemico-connessionista, Officina del pensiero, Bolzano – Trento, miriamgandolfi53@gmail.com, marzo 2025

La discussione sul destino della proposta di nuovo codice deontologico degli psicologi non ha senso se viene estrapolata dal contesto sociale, culturale e storico più ampio che l’ha visto nascere. Ciò è infatti necessario per comprendere cosa sia un codice deontologico e, nello specifico nell’ambito della cura umana, fisica e psicologica.

 In questo contesto vi proporrò di seguire il filo che separa e insieme unisce il professionista e il paziente nel percorso che ha visto la nascita della psicologia come professione di aiuto, nei diversi momenti culturali e sociali.

 Infatti la relazione di aiuto è caratterizzata da una sorta di doppio legame, perché è evidente un’asimmetria insita in essa: quando si chiede aiuto ci si aspetta che colui a cui ci si rivolge ne sappia più del richiedente. D’altra parte sia il professionista che il paziente sono esseri umani che hanno lo stesso diritto al rispetto e alla tutela della libertà personale. 

Per questo motivo io non amo il termine clienti, un eufemismo che altera la natura reale del rapporto d’aiuto e non garantisce il massimo impegno etico, oltre che professionale, dell’operatore.

Il primo codice deontologico in ambito medico nasce a Sassari nel 1903 (testo originale trovato presso la biblioteca dell’Università di Sassari). È suddiviso in tre capitoli: il secondo, di ben trentasette articoli, parla dei doveri verso i colleghi. Analizzando il testo si comprende che esso rappresenta un correttivo alla competitività tra colleghi, tra istituzioni e al paternalismo medico, di cui quello in ambito della salute mentale è la quintessenza. Allora come ora tali aspetti erano presenti rischiando di inquinare l’atto di cura in sé, riducendo la tutela dei pazienti, della loro salute e della loro libertà di farsi curare.

Il primo articolo recita “Il sanitario sarà diligente, paziente e benevolo e conserverà sempre e scrupolosamente il segreto professionale. Sarà affabile coi poveri, non mostrerà ossequio servile verso i ricchi e curerà gli uni e gli altri con la stessa abnegazione.” l’Art. 4 afferma che il Medico “non intraprenderà alcun atto operativo senza aver prima ottenuto il consenso dell’ammalato o delle persone dalle quali dipende …”.
Con ciò il medico rivendicava a sé la qualità di garante del diritto del cittadino in rapporto alla necessaria tutela della salute pubblica. Ma la cosa ancora più interessante è che esso è antecedente al Regio decreto che istituiva l’Ordine Professionale dei Medici, che è del 1910; a dimostrare che il rispetto dell’agire in scienza e coscienza è più forte di ogni corporativismo.

Questo dovrebbe essere appunto il fulcro di un codice deontologico: l’equilibrio tra asimmetria e simmetria del rapporto, tra libertà dell’individuo e responsabilità sociale, in cui paziente e professionisti sono entrambi coinvolti.

Questo nel 1903, ora cerchiamo di fare un passo avanti.

 Stefano Rodotà, nel suo bellissimo articolo del 2015, L’uso umano degli esseri umani (MicroMega 8/2015, pp.121/166), offre spunti e considerazioni puntuali e profetici.

 La tragedia del nazismo aveva messo in evidenza come questo rischio non valesse solo per fisici e chimici, ma anche per i medici e, vista la necessità di gestire i mezzi di propaganda, anche per gli studiosi della mente e del comportamento. Ricordiamo che l’inventore dell’eugenetica scientifica è stato F. Galton, personaggio di rilievo nella storia della psicologia.

È da quella esperienza che nel 1946 il codice di Norimberga, affrontando il tema della sperimentazione medica umana, asserisce che: “Il consenso volontario del soggetto è assolutamente necessario”.

 Indicazione immediatamente accolta dalla Costituzione Italiana, che all’Art. 32 recita “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Qui cito Rodotà: “Viene cosi posto un limite invalicabile, più incisivo ancora, di quello previsto dall’articolo 13 per la libertà personale, che ammette limitazioni sulla base della legge e con provvedimento motivato del giudice. L’articolo 32 va oltre… è la sola volta in cui la Costituzione qualifica un diritto come <<fondamentale>>” (op. cit. p.123- 124). Nel suo articolo sottolinea come sia necessario frenare la tentazione di rincorrere una ”assoluta libertà della ricerca scientifica e dell’incondizionato riconoscimento del diritto della tecnologia come “libertà morfologica” in nome di una presunta utilità/indispensabilità  delle “nano-bio-info-neuro-macchine”(op. cit. p.125).

Questo è il punto centrale per il nostro discorso: l’anima antica dell’uomo che aspira ad essere dio e che assegna allo scienziato la possibilità di esserlo, togliendogli ogni limite in nome di un presunto progresso o necessario controllo sociale ed economico.

Nella seconda metà dell’800 si cerca di sottrarre lo studio del comportamento umano alla religione e alla filosofia, cercando di dare ad esso uno statuto scientifico. Il modello metodologico di riferimento diventano la fisica e la matematica. Dunque parole d’ordine: cause materiali individuabili come cause certe dei comportamenti, misurabilità dei fenomeni studiati, quello che oggi viene chiamato evidence based. 

Il primo laboratorio sperimentale viene ascritto a W. Wundt, a Lipsia nel 1879. Ma non possiamo certo dimenticarci né di Pavlov, né di Watson, né di Darwin, che avevano impostato il loro modo di considerare lo studio della psicologia appunto secondo le leggi prese a prestito dalla fisica e dalla matematica. È qui che lo studio del cervello, come sede materiale dai comportamenti, e della genetica, come processo di trasmissione di essi, prende avvio.

Questo approccio materialista e meccanicista, nel costruire teorie su cosa sia la mente, la distinzione tra comportamento normale o patologico o sottosviluppato e come poterlo misurare controllare e selezionare è ancora oggi fondante della psicologia comportamentale o cognitivo-comportamentale e della neuro-psichiatria organicista. Dunque, in questa prospettiva, è lo studioso della mente che sa e conosce i motivi del comportamento, il paziente è relegato in posizione passiva spinto ad affidarsi all’”esperto”.

Si giunge così ai primi decenni del ‘900

È da quella visione dell’uomo che prende forma il magnifico romanzo di Aldous Huxley, Il nuovo mondo, del 1932. Si resta meravigliati della nitida fotografia di scenari di organizzazione sociale che anche oggi ci vengono proposti, inclusa l’idea che sia possibile costruire a piacimento una precoce identità sessuale nei bambini, senza tuttavia occuparsi del loro sviluppo emotivo, considerato un intralcio all’impalcatura dell’ordine di una società “perfetta”. Huxley non a caso pone nel Gotha della gerarchia sociale del romanzo la figura dello psicologo, che con la sua competenza è chiamato a far funzionare i progetti di eugenetica e controllo mentale.

Torniamo al filo rosso del tempo.

Gli anni ’60 sono quelli in cui si allarga il dibattito che agita tutta la storia della psicologia e delle diverse teorie della mente formulate per affrontare l’enigma della mente umana: cos’e il comportamento cosciente e la distinzione tra normale e anormale, tra sano di mente e matto. È infatti dalla definizione stessa di sofferenza mentale che dipende il come trattarla e come considerare colui che manifesta sofferenza psichica nel rapporto tra razionalità ed emozioni. Consideralo un “non in grado di intendere e di volere” e dunque essere legittimati a decidere per lui, o…?

Èil momento più acuto deldibattito tra diritto al rispetto del soggetto e necessità di controllo sociale.

 Infatti anche la psicoanalisi pone il problema della necessità di restituire autonomia e centralità al paziente, cambiando concetti e metodi di trattamento. Ma soprattutto emerge l’impronta dell’esistenzialismo che si oppone all’idea di analisi come frammentazione dell’individuo chiuso in un involucro soggettivo, opponendo la pratica della psicosintesi. Qui troviamo le connessioni con l’esistenzialismo di sinistra cui si ispirerà anche Basaglia collegato al gruppo inglese di Laing ed Esterson. È in questa visione della sofferenza che al paziente viene restituito il diritto di autodeterminarsi e che modifica il rapporto tra professionista e utente.

È nel tentativo di superare la contrapposizione tra aspetti soggettivi e aspetti socio-culturali, ma soprattutto di cercare una strada di accesso più efficace per affrontare la sofferenza mentale grave, il Golem della psichiatria, la psicosi, che sempre in quegli anni nasce la sistemica con la teoria ecologica della mente formulata da Gregory Bateson. È la ricerca di un una cornice epistemologica più ampia, scientificamente fondata, interdisciplinare e utile ad affrontare la complessità della mente e delle sue manifestazioni.

Entriamo negli anni ’70. In Italia si costituisce il gruppo di Mara Palazzoli Selvini e nasce il movimento di psichiatria democratica fondato da Franco Basaglia. Entrambi ci verranno a lungo invidiati e assunti come modello. Specie nel mondo tedescofono e oltre oceano, negli USA e in America Latina.

Quel momento straordinario si caratterizzava proprio per il capovolgimento di quel rapporto paternalistico, denunciato già nel codice del 1903. Si capovolge la visione del “malato mentale” come un “fuori norma”, misurabile con test o criteri classici ritenuti oggettivi a cui il DSM si riferisce ancora oggi (prima edizione 1952, seconda 1968 ultima, la 5 del 2013 ora R). Ma nella visione della scienza del comportamento materialista classica, allora come oggi, il soggetto doveva accettare la sua diversità e, affidandosi, obbedire per il suo bene.

Sono gli anni ’70 il vero punto di svolta:

nel 1971 finalmente vengono istituiti, dopo anni di discussione con una parte della classe medica psichiatrica i primi due corsi di laurea in psicologia in Italia, a Roma e Padova, all’interno della facoltà di Magistero.

Nel 1978 dopo anni di dura lotta sulla riforma sanitaria, viene congedata la legge 180, che prevede l’abolizione degli “ospedali speciali”, i manicomi.

Ci vorranno più di dieci anni perché la legge istitutiva dell’ordine degli psicologi veda la luce: la legge 56/1989 e si dovrà attendere il 1995 perché venga istituita la facoltà di psicologia.

Ed ora? Quale lo stato di autonomia, dignità e responsabilità della nostra disciplina? Quale responsabilità e tutela ci assumiamo verso i nostri pazienti/cittadini?

Ci troviamo di fronte ad un nuovo punto di svolta o a un dietrofront?

 È d’obbligo pensare a Umberto Eco e al suo Passo di gambero, del 2006. Infatti con gli anni duemila inizia una fase caratterizzata da un’enorme euforia da illusione di progresso e cambiamento epocale, che tuttavia agli osservatori più attenti mostra immediatamente il volto seduttivo dell’ambiguità. L’entusiasmo per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale come supporto al sogno transumanista viene visto da Rodotà (op. cit.) come la via che potrebbe portare ad un uso umano degli esseri umani per creare l’uomo aumentato. E dal matematico e fisico Lucio Russo come la legittimazione di una “persistente diffusione di una fede cieca nel progresso, che qualifica ipso facto come “progressivo” qualsiasi mutamento abbastanza forte da imporsi” (p.11). … “un processo che sottrae intelligenza al lavoro” (p.17) dunque sottrae competenza intelligente anche ai professionisti della salute mentale. (Lucio Russo,1998, Segmenti e bastoncini. Dove sta andando la scuola, Feltrinelli, Milano 2016).

Questa infatuazione spiega il vezzo con cui è sempre più dilagante preferire il termine neuropsicologi a quello di psicologi. Dove una parte (il neurone, il cervello) diventa più importante del tutto (la mente-corpo nel loro completo e inscindibile rapporto all’interno di un contesto umano e sociale).   

Éric Sadin, nel suo saggio del 2016(Sadin Éric, La silicolonizzazione del mondo. L’irresistibile espansione del liberismo digitale, (2016) Einaudi, Torino, 2018)analizza quella che definisce la psicopatologia della Silicon Valley.

“Si tratta di una vera e propria visione del mondo, fondata sul postulato tecnico-ideologico di una fondamentale inadeguatezza umana, destinata a essere colmata dall’intelligenza artificiale grazie a poteri sempre più vari ed estesi che le vengono affidati” (p.20)e che si caratterizza per “il disinteresse per gli effetti sociali.” (p.25).

È in questo Zeitgeist che troviamo una perversa saldatura tra biologico e sociale in cui gli psicologi sono tornati ad essere, come negli anni ’60, subalterni alle discipline mediche, testisti certificatori, pronti ad inviare a neuropsichiatri infantili e psichiatri i nuovi disabili del secondo millennio: DSA, ADHD, oppositivi-provocatori, soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico,… Aprendo la carriera psichiatrica a ben il 25% della popolazione scolastica, considerata non curabile e solo controllabile. (M. Gandolfi, A. Negri, Disturbi specifici (della relazione) dell’apprendimento. Un approccio ecologico alla didattica, alla diagnosi precoce e all’intervento sui DSA, G. Fioriti, 2023)

In quest’ottica il consenso informato e il riconoscimento dell’utente/paziente come attore attivo degno di agire una scelta consapevole diventa un vero intralcio. Dunque è comprensibile quanto contenuto nel tentato nuovo codice deontologico degli psicologi. Attendiamo quello dei medici! In nome del mai morto paternalismo c’è chi può decidere al posto di chi chiede aiuto, decidere per il suo bene e di una fantomatica comunità etero definita.

È impossibile non cogliere come proprio il contenuto del tentato nuovo codice deontologico delinei il ritorno ad una visione esclusivamente biologica e meccanicistica dell’uomo a cui anche una certa psicologia ha scelto di aderire. (Festival della salute ottobre 2023 Marco Cavallo https://orax.me/blog/forum_art_det.asp?id=126&estrai=tutto )

Ma se si vuole sbandierare la garanzia scientifica dobbiamo rivolgerci a scienziati seri.

Così Guido Tonelli, fisico tra gli scopritori del bosone di Higgs:

 “La fisica del XX secolo archivia definitivamente ogni tentazione di realismo grossolano e di meccanicismo materialistico… (p. 173) … “L’illusine di capire il funzionamento del cervello umano usando gli stessi strumenti che ci hanno permesso di capire il funzionamento di altri nostri organi è tramontata da tempo…Il metodo scientifico non è in discussione…(ma)… balbetta, o risulta del tutto impotente, nell’affrontare i fenomeni privi di queste caratteristiche. (Come appunto la vita di)… una comunità umana di individui pensanti, liberi e interagenti fra loro non può essere trattato come un sistema fisico” (p.175). (Materia. La magnifica illusione, Feltrinelli, Milano, 2023)

Dunque non meno scienza ma più scienza, quella vera che usa il metodo come autocorrezione ed è interessata alla conoscenza e non al potere, per tutelare dignità, libertà e responsabilità sia dei cittadini sia dei professionisti che se ne occupano.

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Comunicato stampa:Riforma del TSO: adeguamento alla Costituzione e agli obblighi internazionali dell’Italia

Diritti alla Follia · 22/11/2024 · Lascia un commento

Roma, 22 novembre – Ieri mattina, presso la Corte di Cassazione, l’Associazione Radicale Diritti alla Follia ha depositato una proposta di legge di iniziativa popolare per la riforma del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). L’iniziativa mira ad adeguare la normativa attuale alla Costituzione italiana e agli obblighi internazionali sottoscritti dal nostro Paese, intervenendo su una pratica che, come recentemente evidenziato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24124, presenta gravi carenze rispetto alla tutela dei diritti fondamentali.

All’evento erano presenti i promotori della proposta, Michele Capano, presidente dell’associazione, insieme a iscritti e simpatizzanti dell’associazione, oltre a esponenti del mondo giuridico, psichiatrico e dei diritti umani.

La proposta di riforma vuole sanare le numerose violazioni rilevate nella normativa vigente, che oggi non garantisce la piena tutela dei diritti delle persone sottoposte al TSO. Questioni come l’assenza di notifiche trasparenti e tempestive, la mancata audizione della persona interessata da parte del Giudice tutelare, la scarsa attenzione al diritto di difesa tramite un avvocato e il controllo giurisdizionale spesso limitato alla mera forma sono state al centro dell’analisi condotta dall’associazione. La riforma punta a riportare il TSO nell’alveo della legalità, assicurando il rispetto dei principi costituzionali, tra cui il diritto all’informazione, al contraddittorio e a una difesa effettiva.

La proposta trae inoltre ispirazione dalle raccomandazioni del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT), che ha richiamato l’Italia a garantire che ogni restrizione della libertà personale sia sottoposta a un controllo giurisdizionale rigoroso e sostanziale. Secondo i promotori, è urgente che il legislatore intervenga per adeguare il TSO agli articoli 2, 3, 13, 24, 32 e 111 della Costituzione, tutelando i diritti di alcune delle persone più vulnerabili nella nostra società.

L’Associazione Radicale Diritti alla Follia, impegnata dal 2017 in questa battaglia, sottolinea come questa proposta sia una risposta concreta alle istanze di chi, per anni, ha subito violazioni sistematiche dei propri diritti.

                                                                                           Roma 22 novembre 2024

Associazione Diritti alla Follia

Michele Capano, Cristina Paderi, Susanna Brunelli

Proposta di riforma della procedura di applicazione del TSO con legge attuale a fronteDownload
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Convegno Associazione  Radicale “Diritti alla Follia”: “Le Istituzioni e la tutela della dignità della persona: la storia di Marta Garofalo Spagnolo”- 22 novembre, Lecce

Diritti alla Follia · 10/11/2024 · Lascia un commento

L’Associazione “Diritti alla Follia” invita la cittadinanza e i rappresentanti dei media al convegno dal titolo “L’istituzione e la tutela della dignità della persona: la storia di Marta Garofalo Spagnolo”, che si terrà il 22 novembre a Lecce, presso lo Studio JUST in via A. Daniele.

Questo evento si propone di approfondire una vicenda dolorosa: la drammatica storia di Marta Garofalo Spagnolo, una donna che ha subito gravi restrizioni nella sua vita, tra cui l’imposizione di un’amministrazione di sostegno contro la sua volontà, oltre a ben 11 anni di detenzione psichiatrica, motivati da decisioni dell’amministratore di sostegno e dei servizi sociali territoriali.

Marta ha vissuto esperienze traumatiche, inclusi trattamenti psico-farmacologici imposti senza alcuna diagnosi, con conseguenze devastanti.
La storia di Marta è caratterizzata dalla sua lotta per riacquistare la propria libertà, sostenuta dai suoi amici, culminando in un’udienza, poi annullata, con il giudice tutelare e dalle vane e varie fughe dalle comunità terapeutiche.
Il tragico epilogo, segnato dall’assunzione fatale di psicofarmaci che lei ha sempre rifiutato, solleva interrogativi critici riguardo al sistema di amministrazione di sostegno attuale.

Il convegno rappresenta un’importante opportunità per riflettere sulle tematiche della dignità e dei diritti umani.

Non solo racconteremo la storia di Marta, ma metteremo anche in evidenza le sfide e le criticità nel campo della psichiatria. Durante l’incontro, oltre a onorare la memoria di Marta, presenteremo la Proposta di riforma della legge sull’amministrazione di sostegno, che sarà oggetto di ampio dibattito, frutto del lavoro dell’Associazione “Diritti alla Follia”.

Sarà un’occasione per esprimere solidarietà agli amici di Marta e ascoltare le loro testimonianze, grazie alla presenza di Fabio Degli Angeli e Gabriella Cassano, entrambi condannati in Corte d’Appello per averle fornito assistenza umana e legale. Parteciperanno anche esperti del settore, tra cui:

            •          Andrea Michelazzi, psichiatra di Trieste

            •          Michele Capano, avvocato e presidente “Diritti alla Follia”

            •          Maria D’Oronzo, psicologa

Questa iniziativa mira a sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema delicato e cruciale, affermando il diritto alla dignità e alla libertà di scelta di ogni individuo.

Invitiamo quindi i rappresentanti della stampa e i cittadini interessati a unirsi a noi in questa giornata di confronto e denuncia.


Per ulteriori informazioni, si prega di contattare:
MARIA D’ORONZO (Direttivo “Diritti alla Follia”)

Email: mariaros.doronzo@gmail.com

Telefono: [39 3393040009]

Associazione Diritti alla Follia

www.dirittiallafollia.it

Locandina ProgrammaDownload

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Corte di Appello di Lecce: 1°udienza del processo contro Fabio Degli Angeli e Gabriella Cassano

Diritti alla Follia · 15/03/2024 · 2 commenti

 

Il prossimo 20 marzo, si svolgerà presso la Corte di Appello di Lecce la 1° udienza del processo contro l’avv. Cassano Gabriella, Degli Angeli Fabio, Visconti Cosimo e Filieri Cosimo, accusati di sequestro, circonvenzione, abbandono e sottrazione di Garofalo Spagnolo Marta, 27 enne all’epoca dei fatti, dal 14 al 24 gennaio 2018.

La verità che emerge da numerosi audio e video, che gli imputati hanno portato nel processo unitamente ad altri  documenti, è che Marta, rinchiusa in varie ‘Case famiglia’ all’età di 20 anni, dal 03 ottobre 2011, è sempre fuggita da queste, chiedendo incessantemente aiuto agli imputati Cassano e Degli Angeli,  i quali hanno scelto l’ascolto, rispetto  all’indifferenza  dei troppi, nei confronti delle drammatiche richieste di aiuto di Marta, vittima anch’essa dell’applicazione della tristemente famosa Legge 6/04  sull’amministrazione di sostegno.

Detti audio e video, che gli imputati hanno chiesto che venissero ascoltati e visionati in aula nel 1° grado, non sono stati vagliati né nelle udienze dibattimentali del processo di 1° grado, né nella sentenza del Giudice dott. Tanisi che non ne fa oggetto di valutazione ed esame, così come non tiene conto della piena capacità di intendere e di volere della ragazza, che è emersa dalle consulenze psichiatriche.

Infine, il 03.11.2022, a soli poco più di 31 anni, Marta, esasperata da anni di internamento, non più tollerabile, compie un gesto dimostrativo di ribellione, a cui stavolta il suo cuore non reggeva, assumendo massicce dosi di psicofarmaci; sebbene il 25.01.2018 (giorno in cui Marta veniva accompagnata dall’avv. Gabriella Cassano) avesse dichiarato a chiare lettere al Giudice tutelare sostituto di “non voler assumere psicofarmaci perché modificano il suo modo di essere”.

Ritenendo l’avvenimento di pubblico interesse, l’associazione Radicale “Diritti alla Follia“ invita la Stampa locale a  voler  intervenire, per dare conto di un caso giudiziario divenuto emblematico.

Marta era una detenuta sanitaria in quanto privata della propria libertà per oltre 10 anni.

Amministrazione di sostegno, ancora un processo ai danni di chi ha cercato di aiutare una beneficiaria

https://www.facebook.com/DirittiallaFollia/videos/161866150305800

 

 

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IMPORTANTE REVISIONE NON RILEVA ALCUN LEGAME TRA DEPRESSIONE E SEROTONINA

Diritti alla Follia · 24/07/2022 · Lascia un commento

Importante Revisione Non Rileva Alcun Legame tra Depressione e Serotonina

20 luglio 2022

Di Sarah Wild

Una revisione di 17 studi precedenti non trova prove di un legame tra depressione e bassi livelli di serotonina, su cui si concentrano gli antidepressivi SSRI, sebbene non tutti siano convinti dei risultati.

                Potrebbe non esserci alcun legame tra i livelli di serotonina e la depressione, secondo un’analisi di 17 studi. Ciò solleva interrogativi sugli antidepressivi che si concentrano su questa molecola di segnalazione cerebrale, affermano gli autori dell’analisi. Tuttavia, non tutti sono convinti dai risultati.

L’ipotesi della serotonina, che risale agli anni ’60, afferma che uno squilibrio chimico nel cervello, inclusi bassi livelli di serotonina, noto anche come 5-idrossitriptamina o 5-HT, porta alla depressione. Ora pensiamo che vari fattori biologici, psicologici e ambientali svolgano un ruolo, ma gli antidepressivi più popolari, noti come inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), aumentano la disponibilità di serotonina nel cervello.

Ora, Joanna Moncrieff dell’University College London e i suoi colleghi hanno fatto un'”analisi ombrello” di 17 revisioni e studi sistematici, che insieme includevano centinaia di migliaia di persone con e senza depressione.

È difficile misurare direttamente i livelli di serotonina in tempo reale nel cervello, quindi i 17 studi hanno esaminato la depressione e i proxy per la serotonina, come le molecole nel fluido cerebrale in cui la serotonina si scompone; i livelli dei recettori della serotonina e quanto sono attivi; o se ci sono più geni per i trasportatori della serotonina – che rimuovono la serotonina – nelle persone con depressione.

Il team di Moncrieff ha scoperto che non c’erano prove che una bassa attività o quantità di serotonina causino depressione.

“L’implicazione del nostro articolo è che non sappiamo cosa stanno facendo gli antidepressivi [SSRI]”, afferma Moncrieff.  “Una possibilità è che stiano lavorando attraverso un effetto placebo.”

Tuttavia, Johan Lundberg del Karolinska Institute in Svezia afferma che una limitazione dell’analisi è che non ha fatto distinzione tra le persone che avevano una depressione in corso e quelle che hanno episodi di depressione, il cui stato al momento in cui sono stati valutati potrebbe influenzare il funzionamento dei loro sistemi serotoninergici. “È fondamentale analizzare separatamente i dati degli studi che esaminano gli stessi pazienti quando sono malati e quando sono in remissione, per avere condizioni ottimali per esaminare l’ipotesi”, afferma.

Moncrieff afferma che la revisione si è basata sugli studi che erano già stati condotti, nessuno dei quali aveva evidenziato alcuna differenza tra le persone che manifestavano sintomi di depressione e coloro che ne avevano avuti.

“Bisogna riconoscere che il 5-HT è probabilmente solo uno dei fattori che contribuiscono alla depressione”, afferma Paul Albert dell’Università di Ottawa in Canada. “Dato il grande effetto placebo nel trattamento della depressione, è probabile che il contributo di altri sistemi, inclusa la dopamina che è implicata nell’effetto placebo, possa essere maggiore di quello del 5-HT”.

“Gli antidepressivi sono un trattamento efficace e raccomandato dal NICE per la depressione che può anche essere prescritto per una serie di condizioni di salute fisica e mentale”, ha detto al Science Media Center nel Regno Unito un portavoce del Royal College of Psychiatrists, riferendosi alle linee guida terapeutiche di il National Institute for Health and Care Excellence (NICE) in Inghilterra. “Gli antidepressivi variano in termini di efficacia per persone diverse e le ragioni di ciò sono complesse. Non raccomandiamo a nessuno di interrompere l’assunzione dei loro antidepressivi sulla base di questa recensione e incoraggiamo chiunque abbia dubbi sui propri farmaci a contattare il proprio [medico di famiglia]”.

https://www.newscientist.com/article/2328700-no-link-between-depression-and-serotonin-finds-major-analysis/

 Riferimento rivista: Molecular Psychiatry , DOI: 10.1038/s41380-022-01661-0

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