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Diritti alla follia

Associazione impegnata sul fronte della tutela e della promozione dei diritti fondamentali delle persone in ambito psichiatrico e giuridico.

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Convenzione ONU CRPD

RSA: “PRIVILEGIO” DEI BIANCHI

Diritti alla Follia · 08/09/2023 · 1 commento

Loro non sono come noi. Sono meglio. Loro non mettono i loro anziani nelle RSA o cronicari vari. Loro considerano sacri i loro vecchi, anche se dementi, malati, invalidi e li accudiscono in famiglia, con l’aiuto della comunità di riferimento. Loro sono come eravamo noi italiani tanti anni fa, prima che esplodesse il business delle strutture per vecchi. Loro sono i nostri migranti, quelli che vengono in Italia a pulire le nostre case, a occuparsi dei nostri anziani. A fare di tutto e di più. E sono allibiti dal fatto che noi italiani non si abbia tempo per i genitori invecchiati. Che non ci sia intorno a loro una rete di assistenza e protezione fornita dall’intera comunità come accade nei loro paesi.

L’associazione radicale “Diritti alla follia”, nella sua rubrica “Il diritto fragile, ha voluto ascoltare le loro testimonianze, puntando l’accento sui migranti anziani: che fine fanno? Nessuno ne ha mai parlato finora. Nel nostro immaginario i migranti sono tutti giovani e forti, ma anche loro invecchiano. E dopo che succede?

Doumbia, 35 anni, è in Italia da sei e viene dalla Costa d’Avorio: “Sono arrivato con la barca a Lampedusa, racconta, ho visto tanti bambini e donne rimasti in acqua. Poi sono stato trasferito a Verona, ho imparato l’italiano perché per l’integrazione devi conoscere la lingua, ho fatto le scuole serali e ho trovato lavoro alla Fondazione Arena. In Costa d’Avorio gli anziani sono le persone più preziose, quando muoiono è come una biblioteca che brucia. Da noi non esistono centri per anziani, vengono accuditi in casa. Certo, ci sono gli invalidi, ma non è che non li devi rispettare perché tali”.

Celestino Victor Mussomar, 37 anni, è nato in un poverissimo villaggio del Mozambico.  Ora è docente di Filosofia politica all’università di Maputo e presidente del Centro studi africani in Italia. E racconta: “Nel mio villaggio gli anziani sono persone che tramandano la cultura e i valori, non esiste l’esclusione. Primeggia l’essere e non l’avere, come invece è nella cultura occidentale. Per noi africani che stiamo in Italia è inconcepibile portare le persone in RSA, sarebbe contro i diritti umani. Questo distacco fra l’anziano e la famiglia, invece di migliorarli, aumenta i problemi della possibilità di vita per gli anziani.

In Occidente vediamo che l’anziano è diventato un peso per la famiglia. E, dall’altra parte, c’è la cultura di non fare figli. Quindi è una cultura della morte. Ci criticano perché noi africani facciamo tanti figli. Ma fare figli è una banca della vita.  Quello che guarisce è la vicinanza, la condivisione. Un sorriso di un medico potrebbe curare  più di un farmaco. Invece nella RSA l’anziano è un oggetto di guadagno per chi dovrebbe curare.

Voi medicalizzate, internate e separate gli anziani dal mondo. Mi chiedete come ci  comportiamo noi in Mozambico con chi soffre di demenza? Io, in famiglia, ho una persona con demenza. E’ a casa, vive con noi, lo curiamo. Lo portiamo in ospedale quando necessario e poi lo riportiamo a casa.

Devo dire però che c’è un’Africa moderna che è fotocopia dell’Occidente, ma questi centri di ricovero sono contestati perché la maggioranza della nostra popolazione, diciamo il 75%, vive ancora nei villaggi, nell’ambiente rurale. L’Africa al momento è fatta di due culture in conflitto: la cultura tradizionale, al momento, per fortuna, in maggioranza, e l’imitazione dell’Occidente.

Roberta Zanzarelli, ideatrice, regista e sceneggiatrice del primo e unico docufilm  dedicato ai migranti anziani in Italia, “RSA: ‘privilegio’ dei bianchi”, in collaborazione con la giornalista Barbara Pavarotti,  riferisce altre testimonianze,  fra cui quella di una coppia musulmana a Torino:  “Costoro mi hanno detto che per l’Islam il modo con il quale accudisci i genitori anziani sarà la chiave per il Paradiso. E in questo fanno riferimento a specifici versetti del Corano. Inoltre sono molto riconoscenti per la vita e l’educazione ricevuta, quindi si occupano dell’anziano genitore per restituirgli almeno un 10% di quanto hanno avuto. Il marito ha detto: “Le chiamate case di cura o di riposo. Perché non le chiamate case per abbandonare i genitori?”.

“I figli che ricoverano i genitori – prosegue la regista Zanzarelli – sono il frutto del ‘pensa a te stesso, fai carriera, non guardare in faccia a nessuno. Sempre la cultura dell’avere e non dell’essere. E l’hanno interiorizzata così tanto da non guardare in faccia nemmeno i loro genitori”.

Rosaria Impenna, antropologa: “Tempo fa ho letto che la Cassazione ha sentenziato: se i nipoti non vogliono andare a trovare i nonni, ne hanno tutto il diritto. Ci rendiamo conto del punto a cui siamo arrivati? L’anziano come figura sempre più lontana dalla famiglia, un disturbo. La voragine è data dall’istituzione della famiglia ormai sconquassata.  In Occidente siamo diventati antropofagi, ci stiamo divorando. L’anziano non ha salvezza, è una merce di scarto.  Il suo unico diritto è quello di morire, la sua unica funzione è riversare i beni che ha accumulato in vita agli eredi. Perché l’anziano spesso possiede, quantomeno una casetta, quindi la sua eliminazione ci permette di migliorare la nostra condizione economica.  I cronicari rappresentano un passo molto più atroce della badante, che consente di rimanere in casa, coi propri ricordi. Appena lo si sposta in RSA precipita in uno stato comatoso psico-fisico”.

Barbara Pavarotti ricorda che Piero Coppo, il fondatore dell’etnopsichiatria, nei suoi libri spiega come, in culture che l’Occidente ha il vizio di considerare poco sviluppate, la comunità viene considerata come una rete. Se si apre un buco nella rete, con persone in crisi per vari motivi, questa va ricucita. Se ne occupano i guaritori e chi, per esempio –secondo i nostri canoni occidentali – perde il contatto con la realtà non è un demente, ma una persona entrata in contatto col mondo degli spiriti, che è un mondo divino, sacro. Nel nostro Occidente super sviluppato, invece, chi perde il senno è un problema, non serve più a nulla, è un peso morto di cui disfarsi.

Infine l’appello di Doumbia e Celestino agli occidentali.

Doumbia: “Per me quello che manca agli europei è la dignità degli esseri umani. L’Occidente deve tornare a occuparsi degli anziani e a rispettarli”

Celestino: “Basta con la cultura dell’avere e non dell’essere. Sì alla banca della vita, non dei soldi. L’Occidente deve ripensare la famiglia. Una cultura che delega agli altri, agli stranieri, la cura della vita, è una cultura che ha perso ogni orizzonte”.

Per chi lo vuole vedere, ecco il trailer del docufilm: “Rsa ‘privilegio’ dei bianchi.

https://www.youtube.com/watch?v=ev5EtEOxxBU

https://www.facebook.com/DirittiallaFollia/videos/670584875046984

 

 

 

 

 

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Comunicato stampa: Nasce ALIBES, l’Alleanza per la LIbertà di Scelta e il Bene-Essere psicoSociale

Diritti alla Follia · 16/03/2023 · Lascia un commento

Nasce ALIBES, l’Alleanza per la LIbertà di Scelta e il Bene-Essere psicoSociale

Si è costituita un’Alleanza tra numerose realtà organizzate, operanti in àmbito nazionale e locale, per l’avvio di un’azione comune tra quanti intendono proporre un cambio di paradigma a livello normativo, amministrativo e delle prassi operative concernenti le persone che vivono un disagio psicosociale, comunemente definiti i “matti”, e coloro che agli stessi  sono spesso assimilati sul piano dello stigma sociale e della privazione di ogni diritto,  assumendo a pretesto la loro più o meno presunta incapacità di decidere per sé stessi.

“Nell’àmbito delle attività pubbliche rivolte alle persone con disabilità psicosociale o a rischio di discriminazione in ragione della propria vulnerabilità”, dichiarano i promotori e le promotrici “ci troviamo di fronte a fenomeni di sistematica lesione dei diritti fondamentali della persona e al persistere del modello organicista o bio-medico, che trascura gli aspetti psicosociali che sono stati messi in rilievo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e in campo giuridico dalle Nazioni Unite con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD)”. La legge 3 marzo 2009, n. 18, con cui il Parlamento Italiano ha autorizzato la ratifica della Convenzione, sottoscritta dal nostro Paese il 30 marzo 2007, è tutt’ora inattuata. La possibilità che la rivoluzione copernicana dettata dalla CRPD possa compiersi, come da ultimo ha ricordato il Comitato preposto al monitoraggio dell’attuazione della stessa rivolgendosi all’Italia, sono legate ad una vera e propria necessaria alfabetizzazione degli  operatori e delle operatrici della cosiddetta “salute mentale” operanti negli ambiti sociale, sanitario, giudiziario, amministrativo ed in collaborazione con le famiglie su questi temi, ciò affinché la loro stessa attività sia improntata al riconoscimento ed al rispetto dei diritti umani di ciascun individuo.

ALIBES, richiamando le Istituzioni ed i servizi operanti in questo campo alla conoscenza ed al rispetto dei principi della CRPD, ritiene fondamentale che vengano introdotti specifici vincoli che pongano fine all’arbitrio sperimentato dalle persone e dalle famiglie nell’incontro coi servizi, e che si creino le condizioni utili e necessarie per garantire a tutti i cittadini e a tutte le cittadine il diritto di far valere le proprie ragioni a fronte di interventi sanitari coercitivi, perché nessuno e nessuna possa esservi sottoposto. Occorre, in estrema sintesi, che la condizione di “disagio” non possa più essere utilizzata come il “biglietto d’ingresso per una terra di nessuno” ove le più sacre prerogative dell’individuo, all’interno di uno Stato di diritto, sono cancellate”.

“Per un verso rileviamo con preoccupazione”, aggiungono i promotori e le promotrici “come siano state letteralmente ignorate dall’Italia le raccomandazioni del Comitato ONU CRPD, che nell’ agosto 2016 segnalava al nostro Paese le urgenti riforme funzionali ad allineare la normativa e le prassi italiane ai diritti riconosciuti alle persone con disabilità psicosociale dalla Convenzione stessa. In particolare, il Comitato ha chiesto all’Italia di abolire l’interdizione e l’inabilitazione, e di riformare l’amministrazione di sostegno, affinché essa non possa più essere impropriamenteintesa come regime decisionale sostitutivo della persona beneficiaria, ma si configuri come un supporto all’espressione delle volontà della persona stessa, e come uno strumento funzionale alla sua autodeterminazione; va inoltre rivista la disciplina del trattamento sanitario obbligatorio (in accordo anche alle ripetute, da ormai vent’anni, raccomandazioni del Comitato di Prevenzione della Tortura – CPT), e quella delle misure di sicurezza per i soggetti non imputabili (le REMS e l’eterna libertà vigilata).

Per altro verso constatiamo che il dibattito pubblico attorno ai temi della “salute mentale” si muove nella direzione di un ulteriore aggravamento di tale stato di clamorosa illegalità internazionale dello Stato italiano. L’azione pubblica in tema di “salute mentale” e la quotidiana operatività dei Dipartimenti di Salute Mentale sono carenti in quanto:

  • ignorano le recenti “Linee guida sulla deistituzionalizzazione” del Comitato ONU CRPD;
  • non consentono che alcun ruolo effettivo (culturalmente e pubblicamente riconosciuto) sia svolto da utenti ed ex utenti (del cui apporto ci si avvale in molte esperienze all’estero);
  • non concedono alcuno spazio ad esperienze sociali che in altri Paesi hanno dato ottima prova di efficacia (qui in gran parte del tutto ignorate);
  • “schiacciano” la libertà terapeutica dei medici costringendoli a “condotte professionali difensive”, minando in radice ogni possibile alleanza con gli utenti;
  • sono costruite senza alcuna consapevolezza della centralità del destinatario e della destinataria del servizio nella gestione delle risorse messe in campo, apparentemente, a suo beneficio”.

“Non è rinviabile“, concludono i promotori e le promotrici del progetto “una serena ed equilibrata, ma decisa, rivalutazione critica delle evidenze relative al rapporto tra benefici e rischi nella somministrazione, soprattutto a lungo termine, delle principali classi di psicofarmaci, valorizzando tutte le evidenze disponibili sui percorsi di deprescrizione (considerati i costi economici e sociali delle terapie farmacologiche a lungo termine e delle disabilità fisiche e funzionali che ne possono derivare)”.

                                                                                                                                        lì 16 marzo 2023

Aderiscono al progetto :

Associazione Michele Baù – Angeli con le ali

Associazione Radicale Diritti alla Follia            

Associazione Diritti senza Barriere       

Associazione AMA Linea di Sconfine  

Movimento Psicospirituale   

Associazione Code per Curiosi          

Associazione Keep on                     

Associazione Professione in Famiglia

Associazione Spazio Disponibile             

Associazione superstiti e vittime della psichiatria         

Associazione UHRTA                         

Centro di Relazioni Umane  

Centro Informare un’H                      

Centro per l’alternativa alla psichiatria Francesco Lorusso

Centro Poiesis                              

Circolo Chico Mendez                                      

Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani                             

Cooperativa Incontrocorrente                       

ENIL Italia                           

ENIL Lombardia

Istituto Sales 

Mad in Italy portale di informazione scientifica 

Poiesisolidale                           

Per informazioni e adesioni infoalibes@gmail.com

 

 

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Comunicato stampa: YASKA CONDANNATA ALL’ISTITUZIONALIZZAZIONE PERMANENTE: L’ASSOCIAZIONE RADICALE ‘DIRITTI ALLA FOLLIA’ DENUNCIA UN’ANACRONISTICA VIOLAZIONE DELLA CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

Diritti alla Follia · 10/03/2023 · 1 commento

YASKA CONDANNATA ALL’ISTITUZIONALIZZAZIONE PERMANENTE:

L’ASSOCIAZIONE RADICALE ‘DIRITTI ALLA FOLLIA’ DENUNCIA UN’ANACRONISTICA VIOLAZIONE DELLA CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

L’associazione radicale ‘Diritti alla Follia’ esprime sconcerto e preoccupazione per il futuro di Yaska G., la giovane donna fiorentina sottoposta a misura interdittiva, ricoverata da anni presso una residenza psichiatrica, che oggi rischia un’istituzionalizzazione permanente in spregio alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD) e alle recenti “Linee guida sulla deistituzionalizzazione” elaborate dal Comitato CRPD.

 Il 22 febbraio 2023 il Giudice tutelare di riferimento, in seguito all’istanza del tutore e alla luce di alcuni recenti avvenimenti, ha emesso un decreto con il quale si richiede all’ASL Toscana Centro “l’individuazione di una Residenza Sanitaria per Disabili idonea rispetto alle esigenze di vita e di cura della interdetta, previo trasferimento dall’attuale struttura ove la donna è inserita dal mese di febbraio 2020 a titolo provvisorio e meramente riabilitativo, essendo pertanto decorsi i tre anni previsti per gli inserimenti temporanei, anche al di fuori dell’Area Metropolitana di Firenze ove la struttura individuata fosse collocata in altra Area regionale.”

Le Residenze Sanitarie per Disabili (RSD) sono strutture a carattere socio-sanitario e socio-assistenziale, destinate a persone con disabilità che risultano prive del necessario supporto familiare.

In sostanza il Giudice tutelare ha ordinato all’ASL Toscana Centro di trasferire la donna da una struttura fiorentina in cui la donna, denunciano i familiari, è già sottoposta a forti restrizioni della libertà personale,  in una struttura ancora più chiusa e ubicata in un’altra regione italiana.

Solo nella serata del 28 febbraio 2023 i familiari di Yaska hanno potuto conoscere il contenuto del decreto emesso a conclusione dell’udienza tenutasi nella medesima data, nella quale si legge che erano presenti “il tutore, il protutore e il legale di Jeanette Fraga madre della interdetta”. Ai familiari desta molta perplessità anche la decisione del Giudice Tutelare di trasferire Yaska in una struttura contenitiva a carattere permanente prima ancora che inizi il processo d’appello contro la sentenza che lo scorso ottobre ha respinto la richiesta di revocare l’interdizione a favore dell’amministrazione di sostegno, ovvero nel bel mezzo di un procedimento giudiziario che non è ancora arrivato alla sua conclusione definitiva.

I familiari di Yaska, infine, solo dopo avere letto il testo del decreto, hanno scoperto con grande sconcerto e stupore che la decisione di trasferire la loro congiunta in una Residenza Sanitaria per Disabili posta fuori dalla Toscana, sarebbe stata ritenuta opportuna, oltre che dal tutore e dal protutore, anche dal legale di Jeanette Fraga. La Signora Fraga nega con fermezza e indignazione di aver mai dato la sua pur minima indicazione al proprio legale di acconsentire al trasferimento della figlia Yaska in una comunità ancor più contenitiva dell’attuale, posta lontana da Firenze e fuori dalla Toscana.

Il legale della signora Fraga ha presentato istanza contro il decreto, in cui, tra le altre cose scrive che:

“si ritiene lo spostamento deleterio per la salute psichica della ragazza che aveva ormai familiarizzato con il personale medico e paramedico. Lo spostamento rischia di essere destabilizzante”.

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