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Diritti alla follia

Associazione impegnata sul fronte della tutela e della promozione dei diritti fondamentali delle persone in ambito psichiatrico e giuridico.

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diritti alla follia

VERSO LA FEDERAZIONE

Diritti alla Follia · 05/02/2023 · Lascia un commento

Le associazioni interessate a partecipare possono inviare una mail a dirittiallafollia@gmail.com

PROPOSTA DI UNA “FEDERAZIONE” TRA ASSOCIAZIONI/FONDAZIONI/COMITATI/MOVIMENTI ED ALTRE REALTÀ ORGANIZZATE, OPERANTI SUL PIANO NAZIONALE E/O LOCALE E CHE SIANO INTERESSATE A:

  • PROMUOVERE IL RISPETTO DEI DIRITTI FONDAMENTALI DI CUI ALLA CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ (CRPD);
  • RIFORMARE GLI ISTITUTI GIURIDICI DEL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO, DELL’ AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO, E DELLE MISURE DI SICUREZZA PER I NON IMPUTABILI;
  • RIFORMARE I DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE E GLI STRUMENTI DI WELFARE ALLO STATO ESISTENTI

Carissime e carissimi destinatari (referenti di associazioni, fondazioni, movimenti, comitati etc.), con la presente nota l’ Associazione “Diritti alla Follia” si augura di avviare un percorso diretto alla nascita di una Federazione che riunisca le forze e le idee di quanti intendono proporre un “cambio di paradigma” nella legislazione e nell’attività amministrativa (a partire dalla cultura delle cittadine e dei cittadini che è all’origine di entrambe) che concernono il “disagio diffuso”, in particolare quello psicosociale.
Nell’ambito delle attività pubbliche afferenti a tale tema, ci troviamo di fronte a fenomeni di sistematica lesione dei diritti fondamentali della persona e ad un approccio esclusivamente sanitario a tale “disagio”, laddove nuove politiche, normative e prassi vanno introdotte in coerenza con l’approccio della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD). La legge 3 marzo 2009, n. 18, con cui il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione, sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007, risulta allo stato inattuata. La possibilità che la “rivoluzione copernicana” dettata dalla CRPD possa compiersi, come da ultimo ha ricordato il Comitato permanente della CRPD rivolgendosi all’Italia, sono legate ad una vera e propria necessaria “alfabetizzazione” degli operatori della cosiddetta “salute mentale” coinvolti sul piano sociale, sanitario, giudiziario, amministrativo (e magari familiare) nell’attività su questi temi.
In accordo alla CRPD, occorre una gigantesca opera di “recupero” del consenso delle persone cui sono dirette le politiche di “salute mentale”, una drastica opera tesa a garantire le condizioni perché tutti i cittadini vedano garantito il diritto di far valere le proprie ragioni a fronte di provvedimenti ed azioni coercitive (e non ci riferiamo esclusivamente alla “contenzione”) , senza che la condizione di “disagio” possa rappresentare il biglietto d’ingresso in una ”terra di nessuno” ove le più sacre prerogative dell’individuo, all’interno di uno Stato di diritto, siano cancellate.
Per un verso rileviamo con preoccupazione come siano state letteralmente ignorate dall’Italia sia le Raccomandazioni del Comitato ONU CRPD, che nell’ agosto 2016 segnalava al nostro Paese le urgenti riforme funzionali ad allineare la normativa e le prassi italiane ai diritti riconosciuti alle persone con “disabilità psicosociale” dalla Convenzione stessa, sia le ripetute (da ormai vent’anni) Raccomandazioni del Comitato di Prevenzione della Tortura (CPT) circa le necessarie riforme in tema di trattamento sanitario obbligatorio. Per altro verso constatiamo che il dibattito pubblico attorno ai temi della “salute mentale” si muove nella direzione di un ulteriore aggravamento di tale stato di clamorosa illegalità internazionale dello Stato italiano.
L’ azione pubblica in tema di “salute mentale” e la quotidiana operatività dei Dipartimenti di Salute Mentale (ivi compresi i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, verso cui si consolida e va incoraggiata l’attenzione del Collegio del Garante Nazionale dei Diritti delle persone private della libertà personale e della Rete dei Garanti tutta) ignora le recenti “Linee guida sulla deistituzionalizzazione” del Comitato ONU CRPD; non consente che alcun ruolo effettivo (culturalmente e pubblicamente riconosciuto) sia svolto da utenti ed ex utenti (del cui apporto ci si avvale in molte esperienze all’estero); non concede alcuno spazio ad esperienze sociali che, pure, in altri Paesi hanno dato ottima prova di efficacia (qui in gran parte del tutto ignorate); “schiaccia” la libertà terapeutica dei medici costringendoli a condotte professionali difensive, minando in radice ogni possibile alleanza con gli utenti; è costruita senza alcuna consapevolezza della centralità del destinatario del servizio (e dunque dell’indispensabilità del suo protagonismo) nella destinazione e gestione delle risorse messe in campo (apparentemente) a suo beneficio.

Non è rinviabile, va aggiunto, una serena ed equilibrata, ma decisa, rivalutazione critica delle evidenze relative al rapporto tra benefici e rischi nella somministrazione, soprattutto a lungo termine, delle principali classi di psicofarmaci, valorizzando tutte le evidenze disponibili sui percorsi di deprescrizione in psichiatria (considerati i costi economici e sociali delle terapie farmacologiche a lungo termine e delle disabilità fisiche e funzionali che ne possono derivare), (cit. “Linee Guida per i percorsi di deprescrizione” dell’ I.I.P.D.W.).

Vi alleghiamo, oltre alle Osservazioni del Comitato ONU CRPD ed alle Raccomandazioni del Comitato di Prevenzione della Tortura cui abbiamo fatto cenno, le nostre proposte in tema di riforma di trattamento sanitario obbligatorio e dell’amministrazione di sostegno (cui intendiamo collegare l’abrogazione dell’interdizione e dell’inabilitazione), il lavoro del “Gruppo di Lavoro dei Familiari” dell’associazione “Diritti alla Follia” riguardo alle esperienze che li hanno visti coinvolti nel rapporto con i Servizi di Salute Mentale territoriali cui si sono rivolti: quali riferimenti e spunti per il possibile lavoro comune.

Abbiamo svolto un primo incontro insieme ad alcune associazioni: “Michele Baù – Angeli con le ali” (animata dal dott. Giuseppe Galdi e Orietta Baù); “AMA – Linea di Sconfine” (presieduta dal dott. Marco Bertali); “Diritti senza Barriere” (Presieduta da Bruna Belotti); “Movimento psicospirituale” (animato dal dott. Enrico Loria). Nome, caratteri, parole d’ordine ed effettive priorità di una possibile “Federazione” sono di là da venire, proprio in quanto si è aperti a contributi diretti alla costruzione di un progetto comune perché condiviso.
Vi proponiamo, allora, di partecipare ad un confronto che si terrà con modalità telematica domenica 12 febbraio alle h. 18.00, e per il quale vi invieremo il link ove ci rivolgiate un cenno di interesse, del quale ci auguriamo (l’invito può essere esteso anche ad altre associazioni).
Grazie comunque della vostra attenzione, e buon lavoro.

Roma, 4.2.2023

Per l’Associazione Radicale Diritti alla Follia
La Segretaria, Cristina Paderi
La Tesoriera, Susanna Brunelli
Il Presidente, Michele Capano

Le associazioni interessate a partecipare possono inviare una mail a dirittiallafollia@gmail.com
Proposta-riforma-Amministrazione-di-Sostegno-Diritti-alla-FolliaDownload
Proposta-di-riforma-della-procedura-di-applicazione-del-TSO-con-legge-attuale-a-fronteDownload
Nota-Gruppo-Familiari-Diritti-alla-Follia-settembre-2022Download
Schema-Aspettative-Criticita-ProposteDownload
CRPD-Linee-guida-sulla-deistituzionalizzazione-Traduzione-Fraga-1Download
Guidelines-on-deinstitutionalization-including-in-emergenciesDownload
oss.-conclusive-1°-report-Italia-Italiano-agostoi-2016Download
Raccomandazioni-del-CPT-allItaliaDownload
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Proposta di riforma istituto amministrazione di sostegno : invio al Presidente del Consiglio e al Ministro per la Disabilità

Diritti alla Follia · 17/11/2022 · 2 commenti

Spettabile Presidente del Consiglio dei Ministri, spettabile Ministro per la Disabilità,

ci rivolgiamo alla vostra attenzione per sottoporvi il testo di una riforma dell’istituto dell’amministrazione di sostegno allo scopo di renderlo in linea con i diritti dei portatori di disabilità psico-sociale consacrati nella Convenzione Onu per i Diritti delle Persone con  Disabilità (la c.d. CRPD, del 2006) divenuta legge dello Stato 2009/18 tredici anni or sono. 

A chiedere all’ Italia tale “allineamento”, con specifico riguardo all’amministrazione di sostegno, è il Comitato Onu CRPD, con il documento che alleghiamo, datato agosto 2016.

Ci auguriamo che il Governo appena insediato voglia porre rimedio a tale “vulnus” normativo, così migliorando la vita di migliaia di persone oggi sottoposte a limitazioni della libertà personale e coercizioni solo in ragione della propria “disabilità”.

Vi alleghiamo, oltre al nostro progetto di riforma (sui cui contenuti – in spirito costruttivo – saremmo disponibili ad ogni confronto e/o approfondimento che riteneste necessario) documenti utili ad un esame della questione. 

Per l’Associazione Radicale “Diritti alla Follia”:

La Segretaria Cristina Paderi

Il Presidente Michele Capano

La Tesoriera Susanna Brunelli

Proposta-riforma-Amministrazione-di-Sostegno-Diritti-alla-Follia-1Download

Il presente lavoro risponde all’esigenza del necessario allineamento (imposto dall’art. 117 della Costituzione, a mente del quale “la potestà legislativa è esercitata […]nel rispetto […] dei vincoli derivanti […] dagli obblighi internazionali”) della legislazione italiana alla Convenzione ONU per i Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD) del 2006, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 3 marzo 2009 n. 18. L’articolato della Convenzione, e all’interpretazione che di esso propone all’Italia il Comitato preposto al monitoraggio ed all’attuazione della Convenzione stessa (con le Osservazioni del 31.08.2016) impongono anzitutto l’abrogazione degli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione (artt.  414 – 432 del codice civile), concepiti per i soggetti ritenuti incapaci di provvedere ai propri interessi per “infermità di mente” (e, nel caso dell’inabilitazione, anche per il “prodigo” o per il sordo o cieco dalla nascita che non  ha ricevuto sufficiente educazione). Con riferimento a tali istituti, infatti:

  1. circa l’interdizione: consentendo essa – nell’assunzione della totalità delle decisioni,  che concernano atti anche di tipo personale  –  la “sostituzione” del tutore all’interdetto, non risultano rispettate le esigenze di cui all’art. 12 della Convenzione ONU (Uguale riconoscimento davanti alla legge);
  2. circa l’inabilitazione, va notato come, per un verso, tale istituto abbia dei presupposti non più corrispondenti alla realtà sociale (il caso del sordo e del cieco: per i quali oggi nessuno, sulla base della menomazione, si sognerebbe di limitare la capacità di agire), per altro verso, come risponda ad esigenze che – per come si dirà – possono essere soddisfatte attraverso il riformando istituto dell’amministrazione di sostegno, per altro verso ancora è espressione di una cultura istituzionale di “protezione delle persone incapaci” [così recita l’intestazione del Titolo XII nel quale è contenuta la disciplina dell’interdizione e dell’inabilitazione (“Delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia”)] superata e rifiutata dal sopra riferito quadro culturale e giuridico internazionale: proteso allo sforzo di rendere possibile al portatore di disabilità psico-sociale l’espressione della propria volontà nella realizzazione del proprio progetto di vita.

Nel commentare la “conformità” della legislazione italiana ai dettami di cui a tale art. 12, il Comitato ONU così afferma nel citato documento del 2016 (paragrafi 27 e 28 delle Osservazioni):

27. Il Comitato è preoccupato che continui ad essere attuata la pratica nella sostituzione nella presa di decisioni attraverso il meccanismo di sostegno amministrativo “amministrazione di sostegno”.

28. Il Comitato raccomanda di abrogare tutte le leggi che permettono la sostituzione nella presa di decisioni da parte dei tutori legali, compreso il meccanismo dell’amministrazione di sostegno, e di emanare e attuare provvedimenti per il sostegno alla presa di decisioni, compresa la formazione dei professionisti  che operano nei sistemi giudiziario, sanitario e sociale.

Come si è letto, il Comitato ONU chiama direttamente in causa anche  l’istituto dell’amministrazione di sostegno, introdotto dalla legge del 9 gennaio 2004 n. 6, la cui disciplina è contenuta negli artt. 404 – 413 del codice civile. Avendo infatti, l’amministrazione di sostegno, nella pratica concreta degli Uffici di Volontaria Giurisdizione di tutti i Tribunali d’Italia ed in evidente “tradimento”’ rispetto ai principi che parevano averne ispirato l’introduzione, caratteristiche “sostitutive”” della volontà del “beneficiario” (con il “puntuale” avallo della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale), il Comitato Onu non ha mancato di rilevare la necessità di una riforma anche di tale istituto.

A partire dall’abrogazione dell’amministrazione di sostegno “sostitutiva” (in modo da consentire all’istituto  – con il concorso auspicabile dei servizi sociali e sanitari – di svolgere un’attività di supporto al processo decisionale autonomo della persona), sono di seguito brevemente descritte le esigenze di riforma dell’istituto dell’amministrazione di sostegno emerse nell’esperienza e nell’analisi dell’Associazione Radicale “Diritti alla Follia” (in particolare espresse in una nota a tutti Giudici tutelari d’Italia, oltre che al Consiglio Superiore della Magistratura [a partire dal Presidente della Repubblica che lo presiede] ed al Ministro per la Disabilità del giugno del 2021, allegata alla presente proposta): e quindi vengono predisposti – nell’articolato relativo all’amministrazione di sostegno – i relativi necessari cambiamenti:

  1. INFORMAZIONE SULLA PROCEDURA ED ESPLORAZIONE DI SOLUZIONI ALTERNATIVE.

E’ emerso un difetto di informazione, sia da parte del destinatario della procedura, sia da parte di chi vi faccia ricorso non essendo il “beneficiario”, sia da parte dell’ ADS, circa i caratteri concreti dell’istituto e la sua disciplina. Per porvi rimedio abbiamo previsto:

  1. Un procedimento obbligatorio di “mediazione” presso un organismo accreditato, finalizzato ad esporre le specificità e le problematiche dell’istituto a tutti i protagonisti dello stesso, ed a tentare l’ adozione di soluzioni che possano scongiurare il ricorso all’ amministrazione di sostegno; (art. 407, nuovo comma I);
  2. L’obbligatorietà, nel caso di ADS non designato dal beneficiario, dell’ avvenuta frequenza di un corso di formazione circa i doveri della funzione, con particolare riguardo a quelli concernenti la salvaguardia dei diritti fondamentali della persona e della sua autonomia (inciso nell’ art. 408, comma V);
  3. L’obbligatorietà della notifica alla persona dell’ interessato della fissazione dell’udienza a seguito dell’altrui ricorso, nonché del provvedimento conclusivo del procedimento; (art. 407, nuovo comma III, ed inciso nell’ art. 405, comma VIII);
  4. La previsione, quale contenuto obbligatorio del decreto di nomina che viene notificato, di un’informativa sui diritti riconosciuti al beneficiario (introduzione di un  numero 7) nel comma V dell’ art. 405)
  1. GIUDICE COMPETENTE E L’ OBBLIGO DI ASCOLTO. E’ emersa, a fronte della rilevanza dei diritti fondamentali e degli interessi in gioco, l’inadeguatezza e l’insufficiente presenza della figura del Giudice Tutelare in molte circostanze. Per porvi rimedio abbiamo previsto:
  2. La previsione della competenza, per il provvedimento che dispone l’ ADS, o che modifica i poteri dello stesso ADS, del Tribunale in composizione collegiale ogni qualvolta l’iniziativa per la nomina dell’ ADS o la modifica dei suoi poteri provenga da soggetto diverso dall’ interessato, oltre alla prescrizione che le funzioni di giudice tutelare possano essere esercitate solo da giudice “togato” (inciso nell’ art. 404, e coordinamento del testo negli artt. 405 – 406 – 407 – 408 – 410 – 411 – 413);
  3. La previsione dell’obbligatorietà per il Giudice Tutelare, nel termine massimo di trenta giorni dalla richiesta del beneficiario o di soggetto titolato ad intervenire nella procedura, dell’audizione personale – anche attraverso strumenti telematici – del medesimo. Con esplicitazione dell’integrazione della fattispecie di “diniego di giustizia” (fonte di responsabilità civile e disciplinare), di cui alla legge 1988 n. 117, in caso di omissione; (inciso nell’ art. 410, comma II)
  4. l’eliminazione dei poteri di intervento d’ufficio da parte del Giudice Tutelare; (incisi di modifica degli artt.:  405, commi IV e VI, 407, commi V e VI, 408, comma V; eliminazione del comma III dell’ art. 413);
  1. L’ OBBLIGATORIETA’ DELLA DIFESA TECNICA.

E’ emersa la necessità di garantire sempre e comunque al beneficiario dell’ADS la difesa tecnica, sia per fini di comprensione piena della procedura che di tutela nell’ambito della stessa. A questo scopo abbiamo previsto:

  1. che, quando la richiesta di ADS provenga dall’interessato, la stessa sia inammissibile se non accompagnata dalla nomina di un avvocato di fiducia; (nuovo art. 404 bis, comma IV)
  2. che, quando la richiesta di ADS provenga da altri, il decreto di fissazione dell’udienza debba essere notificato direttamente alla persona dell’ interessato a cura del Tribunale, e che tale notifica sia accompagnata (oltre che dalle informazioni concernenti l’accesso al patrocinio a spese dello Stato) dall’attribuzione di un difensore d’ ufficio tratto da apposita sezione dell’Albo, in carica fino alla nomina eventuale di difensore di fiducia; (nuovo art. 404 bis, primi tre commi, ed nuovo comma III dell’ art. 407)
  1. PRESUPPOSTI E PROPOSTA DI ADS.

E’ emersa l’inopportunità, anche sul piano dell’efficacia del supporto sociale e dell’azione terapeutica di cui potrà essere destinatario l’aspirante “beneficiario”, dell’attribuzione ai Servizi sociali e sanitari della possibilità di proporre l’ADS (giacchè ciò – nella stragrande maggioranza dei casi – “mina” il rapporto di fiducia tra il “beneficiario” ed i Servizi, compromettendo irrimediabilmente quell’ “alleanza” indispensabile per il successo dell’azione sociale o sanitaria”), così come la necessità di rendere meno vaghi i presupposti sulla base dei quali l’istituto possa essere richiesto, ad evitare che l’amministrazione di sostegno possa indebitamente essere utilizzata per fare fronte a situazioni di difficoltà che possono essere affrontate con strumenti meno “invasivi” e che non prevedano il coinvolgimento del Tribunale. D’altro canto si è inteso valorizzare, nella procedura, la presenza di soggetti che – pur non legati da coniugio o rapporti di parentela ed affinità con il potenziale beneficiario – abbiano con lo stesso rapporti documentati di familiarità degni di essere valorizzati.  A questo scopo:

  1. È stato eliminato il riferimento alla “menomazione” ed alla “temporaneità” dell’infermità come possibili elementi di innesco della procedura, affiancando all’infermità la sussistenza di condizioni fisiologiche tali da richiedere un trattamento socio-sanitario (riforma art. 404);
  2. E’ stata eliminata la possibilità che i responsabili dei servizi sanitari e sociali formulino il ricorso/l’istanza per l’ ADS; (riforma dell’ art. 406, comma III);
  3. Si è previsto che la persona che abbia un documentato legame affettivo o personale con il beneficiario possa intervenire nella procedura [inciso nell’ artt. 406, comma I, coordinamento con inciso nell’art. 411 comma III]
  • L’INDISPENSABILE ANCORAGGIO DELL’INDIVIDUAZIONE DELL’ADS ALLA MANIFESTAZIONE DI VOLONTA’ ESPLICITA O IMPLICITA DEL “BENEFICIARIO”.

E’ emerso il sistematico abuso, da parte dei Giudici Tutelari, della possibilità, riconosciuta dall’art. 408 c.c., di individuare un amministratore di sostegno “esterno”, non indicato dal “beneficiario” (spesso esterno alla stessa cerchia familiare) in presenza di “gravi motivi”, e in mancanza di indicazione “preventiva” da parte del diretto interessato (laddove per “preventiva” si intende una designazione che sia avvenuta anteriormente all’istaurazione della procedura, e nella previsione della stessa). Occorre  viceversa, nel rispetto dei diritti fondamentali del portatore di disabilità psico-sociale garantiti dalla CRPD,  ancorare insuperabilmente alla volontà del beneficiario l’individuazione dell’amministratore di sostegno, così come la sua eventuale sostituzione. Nessun conflitto familiare, né riguardante congiunti del beneficiario, né riguardante il “beneficiario” in rapporto ad un proprio congiunto, può consentire di metter in ombra la realtà secondo la quale è in discussione la nomina di un incaricato di svolgere un’attività di supporto al beneficiario e non ad altri, e che dunque dal beneficiario stesso deve essere individuato.

Di fronte ad un’indicazione ritenuta (motivatamente) incongrua, la conseguenza deve essere il “ritorno” al beneficiario per raccoglierne una nuova indicazione, e così via, dovendosi escludere che il Tribunale nomini una persona di “sua” (cioè del Tribunale) fiducia.

Nei casi in cui il beneficiario non sia in grado di manifestare esplicitamente la propria preferenza , occorre che il Tribunale cerchi di individuarne, con ogni mezzo istruttorio, la volontà “tacita” dello stesso, traibile da precedenti comportamenti, o ricostruibile da testimonianze: sempre restando escluso che un qualunque ruolo possa essere svolto dal “conflitto familiare’’ (che consenta di nominare chi sia ritenuto in grado di porvi rimedio e  non chi – conflitto o non conflitto – si ritenga colui che corrisponda alla volontà ricostruibile del beneficiario). Solo in assenza di capacità del beneficiario di esprimere una preferenza (dunque nelle brevissime condizioni di demenza) e di infruttuosa ricognizione della volontà tacitamente manifestata attraverso la propria condotta di vita anteatta o ricostruita con le testimonianze,  quale effettiva extrema ratio, e motivatamente,  il Tribunale potrà pervenire ad una nomina di soggetto (preferibilmente familiare o estraneo) ritenuto idoneo.

Una delle conseguenze di tale rinnovato assetto è che l’unica ipotesi in cui possa essere  nominato un amministratore di sostegno “provvisorio” (ossia sulla base del ricorso e prima dell’audizione del beneficiario) è rappresentata dall’eventualità in cui il ricorso provenga dal beneficiario stesso, il quale ultimo abbia indicato il nominativo di un ADS [riforma artt. 407, commi IV e V, e 408, comma I, 413, comma III]

  •  AMPIEZZA DEI POTERI DELL’ADS: IMPOSSIBILITA’ DELL’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO “SOSTITUTIVA” E DEFINZIONE DEL RUOLO IN RAPPORTO AL SUPPORTO AL PROCESSO DECISIONALE AUTONOMO DELLA PERSONA

Né l’amministratore di sostegno, né il Giudice Tutelare o il Collegio possono sostituirsi al beneficiario nell’assunzione di qualunque decisione. Il compito di costoro è di “supportare il processo decisionale autonomo della persona”. Tale realtà va ben specificata nei decreti di nomina degli ADS e deve guidare il concreto esercizio del ruolo: con esclusione di imposizioni al beneficiario di cure, collocazioni residenziali, limiti alla comunicazione, etc.. [riforma dei numeri 3 e 5 dell’art. 405, comma VI, RIFORMA DELL’ ART. 408, comma I, riforma dell’art. 409, comma I, riforma dell’art. 410 comma I, introduzione dell’’art. 409, comma V]

  • E’ emerso il negativo impatto dell’amministrazione di sostegno sulla continuità dei rapporti familiari (non di rado ostacolati in ragione del “potere” acquisito dall’ADS) ed in particolare sull’esercizio del ruolo genitoriale, con connesso “diritto alla bigenitorialità” (secondo i dettami della CRPD e della legge 2009/18) del beneficiario. Per porvi rimedio si è previsto che in nessun caso il provvedimento di amministrazione di sostegno può incidere sulla continuità dei rapporti familiari e che l’ attribuzione del ruolo di amministratore di sostegno deve salvaguardare la bigenitorialità, configurandosi una ipotesi di esercizio congiunto della funzione, secondo la disciplina dell’affido condiviso di cui agli artt. 377 bis e seguenti del codice civile [introduzione di un terzo comma nell’ art. 409 c.c.].
  • LIMITAZIONI E RESPONSABILITA’ PER GLI ADS.

E’ emersa la pericolosa “professionalizzazione” della figura dell’ADS, intesa come accumulo di incarichi tali da garantire – attraverso le indennità concesse dai Giudici Tutelari – cospicui guadagni,  fonte di potenziali abusi sul piano patrimoniale, e – soprattutto – tale da non garantire al singolo beneficiario quella adeguata “cura” in cui dovrebbe soprattutto consistere l’esercizio di tale funzione. La delicatezza del ruolo, infatti,  non  consente uno svolgimento efficace dell’azione di supporto a beneficio di una “platea” di destinatari. Per porvi rimedio abbiamo previsto:

  1. L’individuazione del numero massimo di 1 (un) beneficiario che possa essere seguito da uno stesso Amministratore di Sostegno, con la possibilità che tale numero si elevi fino a 3 (tre) quando i beneficiari sono legati tra loro da rapporti di coniugio, o parentela fino al II grado: dunque una coppia di anziani o due fratelli potrebbero avere lo stesso amministratore di sostegno (inciso nell’ art. 408, comma V),
  2. L’inserimento, nella formula di giuramento dell’ ADS, di non trovarsi in condizioni di incompatibilità e di impegnarsi a preservare nella massima misura possibile l’autonomia e la libera scelta dell’interessato, in accordo alle sue aspirazioni e preferenze insindacabili (inserimento di un nuovo comma II nell’ art. 411)
  3. l’esplicitazione che il mancato rispetto, salvi i casi di assoluta indispensabilità, dell’autonomia e delle scelte del beneficiario attraverso condotte concrete che siano state consapevolmente dirette a contrastare tale autonomia e tali scelte, costituisce comportamento che integra il delitto di cui all’ art. 572 c.p. (“maltrattamento contro familiari e conviventi”); [introduzione di un comma IV nell’ art. 410];
  4. la gratuità dell’incarico, salva l’esplicitazione di una diversa volontà da parte del beneficiario [nuovo numero 5 dell’art. 405, comma VI]
  1. IL PERDURANTE CONTROLLO “DIFFUSO” SULL’OPERATO DELL’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO E  DEL GIUDICE TUTELARE.

E’ emersa, con il pretesto della tutela della privacy del beneficiario, la prassi della “segretazione” del fascicolo relativo all’amministrazione di sostegno, con la conseguente impossibilità – da parte di familiari e persone legate da vincoli affettivi con il beneficiario – di conoscere alcunché dell’andamento effettivo della situazione personale e [patrimoniale del beneficiario. A superare tale situazione, si è esplicitato che solo il beneficiario – a fronte della platea di soggetti riconosciuti come “vicini” al beneficiario (perché messi in grado di attivare la procedura di ADS) – può decidere chi di essi debba essere escluso dalla conoscenza delle vicende inerenti la procedura, e che ogni atto significativo della stessa debba essere prontamente comunicato al beneficiario [ultimo periodo aggiunto all’art. 406, comma I; inciso nell’art. 405, comma IX];

  • IL COORDINAMENTO DOVUTO ALL’ABROGAZIONE DELLE NORME RELATIVE ALL’INTERDIZIONE.

Il descritto superamento dell’istituto dell’interdizione ha imposto un coordinamento, giacchè – otre alle ordinarie esigenze di allineamento normativo – l’amministrazione di sostegno assumeva caratteristiche “sostitutive’” proprio grazie all’estendibilità alla stessa di alcune norme relative all’interdizione. Si aggiunga che le interdizioni e le inabilitazioni in essere al momento dell’entrata in vigore della riforma vanno “trasformate” in amministrazioni di sostegno, con gli opportuni “accorgimenti” [riforma art. 405, comma IV, n. 3, abrogazione artt. 406, comma II, e 411, commi I e V]

TESTO COMPARATO – VECCHIA E “NUOVA” NORMATIVA – SULL’ADS

IN ROSSO: LE PARTI OGGETTO DI MODIFICA. TRA PARENTESI QUADRE ROSSE: LE PARTI ELIMINATE

La disciplina relativa è contenuta nel Codice Civile, Libro Primo (Delle persone e della famiglia), Titolo XII (Delle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia), CAPO I –  DELL’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO, agli artt. 404 – 413:

Art. 404. Amministrazione di sostegno.

La persona che, per effetto di una infermità [ovvero di una menomazione] fisica o psichica, o per effetto di condizioni fisiologiche tali da richiedere un trattamento socio-sanitario, si trova nella impossibilità, anche parziale [o temporanea], di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal Giudice Tutelare o dal Collegio, con competenza determinata dalla circostanza che la domanda provenga dal potenziale beneficiario o da altro soggetto,  operanti presso il Tribunale del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio. Le funzioni di Giudice Tutelare, con riguardo ai provvedimenti relativi all’amministrazione di sostegno, non possono essere esercitate da magistrati onorari.

Art. 404 bis. Obbligatorietà della difesa tecnica del potenziale beneficiario nel procedimento.

Per l’intero corso del procedimento di nomina dell’amministrazione di sostegno, e per il successivo svolgimento della procedura, il potenziale beneficiario deve obbligatoriamente essere assistito da un difensore.

I Consigli dell’Ordine forense di ciascun distretto di corte d’appello, nell’ambito degli elenchi dei difensori d’ufficio di cui all’ art. 97 c.p.p., predispongono una sezione destinata ad accogliere i difensori da designarsi a richiesta dell’autorità giudiziaria nel corso del procedimento per l’ istituzione dell’amministrazione di sostegno. L’accesso a tale sezione, o la successiva permanenza in essa, è inibita:

  1.  agli avvocati che abbiano svolto o svolgano un incarico di amministratore di sostegno, tutore, curatore o che siano stati in qualunque modo destinatari di incarichi da parte del Giudice Tutelare o del Collegio;
  2. agli avvocati che abbiano significativi rapporti di collaborazione professionale con colleghi che si trovino nella condizione di cui al precedente numero 1).

Ove il ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno provenga da soggetto diverso dal potenziale beneficiario, la notifica dello stesso deve essere accompagnata da una informazione sul diritto di difesa, che deve contenere:

  1. l’informazione sull’ obbligatorietà della difesa tecnica nel procedimento per la nomina dell’ amministratore di sostegno e nello svolgimento dell’istituto, con indicazione della facoltà e dei diritti attribuiti dalla legge al beneficiario;
  2. il nominativo del difensore d’ufficio ed il suo indirizzo e recapiti telefonico e telematico;
  3. l’indicazione della facoltà di nominare un difensore di fiducia con l’avvertimento che, in mancanza, il beneficiario sarà assistito da quello nominato d’ufficio;
  4. l’indicazione dell’obbligo di retribuire il difensore d’ufficio ove non sussistano le condizioni per accedere la beneficio di cui alla punto 5);
  5. l’indicazione delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e delle modalità per richiedere il beneficio

Ove il ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno provenga dal potenziale beneficiario, lo stesso viene dichiarato inammissibile dal Giudice Tutelare, con decreto motivato, quando non è corredato dalla nomina di un difensore.

Art. 405. Decreto di nomina dell’amministratore di sostegno. Durata dell’incarico e relativa pubblicità.

Il Giudice Tutelare o il Collegio provvedono entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta alla nomina dell’amministratore di sostegno con decreto motivato immediatamente esecutivo, su ricorso di uno dei soggetti indicati nell’articolo 406.

Il decreto che riguarda un minore non emancipato può essere emesso solo nell’ultimo anno della sua minore età e diventa esecutivo a decorrere dal momento in cui la maggiore età è raggiunta.

[Se l’interessato è un interdetto o un inabilitato, il decreto è esecutivo dalla pubblicazione della sentenza di revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione.] Tutte le sentenze che stabiliscono un’interdizione o un’abilitazione sono trasformate, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente riforma sull’amministrazione di sostegno, in decreti di amministrazione di sostegno, previe le modifiche necessaria in punto di poteri dell’ADS.

Qualora ne sussista la necessità e su richiesta del solo interessato, il Giudice tutelare o il Collegio adottano [anche d’ufficio] i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l’amministrazione del suo patrimonio. Possono procedere alla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio indicando gli atti che è autorizzato a compiere.

Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno deve contenere l’indicazione:

1) delle generalità della persona beneficiaria, dell’amministratore di sostegno, nonché della persona di fiducia ove designata ai sensi dell’ art. 408, commi II o IV;

2) della durata dell’incarico, che può essere anche a tempo indeterminato;

3) dell’oggetto dell’incarico, con la specificazione che l’amministratore di sostegno non può compiere alcun atto in nome e per conto del beneficiario – se non per delega di quest’ultimo – e che non è ammessa forma alcuna di “sostituzione”, nella presa di decisioni, della persona dell’amministratore di sostegno alla persona del beneficiario [e degli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario];

4) degli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno;

5) [dei limiti, anche periodici, delle spese che l’amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità] della natura gratuita dell’incarico, salvi i casi in cui – su richiesta del beneficiario, sia stabilita una indennità periodica, determinata preventivamente nel suo ammontare];

6) della periodicità con cui l’amministratore di sostegno deve riferire al Giudice o al Collegio circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario;

7) dei diritti che il presente Capo riconosce in favore del beneficiario;

Se la durata dell’incarico è a tempo determinato, il Giudice Tutelare o il Collegio, su richiesta, possono prorogarlo con decreto motivato pronunciato [anche d’ufficio] prima della scadenza del termine.

Il decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno, il decreto di chiusura ed ogni altro provvedimento assunto dal Giudice Tutelare o dal Collegio nel corso dell’amministrazione di sostegno devono essere immediatamente annotati a cura del cancelliere nell’apposito registro.

Il decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno e il decreto di chiusura, così come ogni atto inerente la procedura, devono essere comunicati, entro dieci giorni, alla persona del beneficiario ed al suo avvocato, nonché all’ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all’atto di nascita del beneficiario. Se la durata dell’incarico è a tempo determinato, le annotazioni devono essere cancellate alla scadenza del termine indicato nel decreto di apertura o in quello eventuale di proroga.

Art. 406. Soggetti.

Il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell’articolo 417, ovvero da soggetto che abbia un documentato legame personale o affettivo con il beneficiario. Tali soggetti hanno diritto, salvo esplicito diniego proveniente dalla persona del beneficiario, di restare a conoscenza di ogni atto inerente la procedura.

[Se il ricorso concerne persona interdetta o inabilitata il medesimo è presentato congiuntamente all’istanza di revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione davanti al giudice competente per quest’ultima.]

I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti [a proporre al Tribunale in composizione collegiale il ricorso di cui all’articolo 407 o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero.] ad informare il potenziale beneficiario dell’esistenza dell’istituto dell’amministrazione di sostegno e delle sue caratteristiche.

Art. 407. Procedimento.

Il soggetto che intende promuovere ricorso per l’istituzione dell’amministratore di sostegno è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione di cui all’ art. 5 del d. lgs. N. 28 del 2010. La finalità del procedimento di mediazione attiene all’individuazione, per soddisfare le esigenze del potenziale beneficiario, di soluzioni alternative alla limitazione della capacità di agire dello stesso. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Nell’ambito della procedura di mediazione, la prima seduta, alla quale il potenziale beneficiario deve partecipare personalmente senza possibilità di conferimento di alcuna procura speciale per essere sostituito, dovrà essere esclusivamente dedicata all’ illustrazione della disciplina giuridica ed ai conseguenti risvolti pratici dell’istituto dell’amministrazione di sostegno. Tale seduta, quando le condizioni di salute del potenziale beneficiario non consentano spostamenti, dovrà essere tenuta presso il luogo di dimora dello stesso.  In tale seduta, l’Organismo di Mediazione:

  1.  può consentire – previe intese con lo stesso Organismo –  che singoli o associazioni rendano testimonianza del funzionamento dell’istituto;
  2. consegna ai presenti, ed in particolare al potenziale beneficiario, copia – anche con modalità informatica – di ogni opuscolo informativo che sia pervenuto all’Organismo di mediazione in materia di funzionamento dell’amministrazione di sostegno;
  3. dà atto dell’eventuale impossibilità del beneficiario – a causa delle sue condizioni fisiche o psichiche –  di comunicare in alcun modo con l’ esterno, quando tale impossibilità sia stata preventivamente attestata anche da certificazione medica. Nessun genere di alterazione fisica o psichica, che consenta comunque una comunicazione con l’esterno, può integrare gli estremi di tale impossibilità;
  4. promuove la partecipazione di tutti i soggetti – pubblici o privati – che siano in grado di fornire indicazioni circa, o di proporre, soluzioni alternative all’amministrazione di sostegno per il supporto al processo decisionale autonomo della persona e per la risoluzione delle problematiche in campo.

Il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno deve indicare le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale, le ragioni per cui si richiede la nomina dell’amministratore di sostegno, il nominativo ed il domicilio, se conosciuti dal ricorrente, del coniuge, dei discendenti, degli ascendenti, dei fratelli e dei conviventi del beneficiario.

Il ricorso, ove non proveniente dal potenziale beneficiario, deve essere notificato personalmente allo stesso a cura della cancelleria del Collegio, unitamente all’informazione sul diritto di difesa di cui all’art. 404 bis, comma III.

Il Giudice Tutelare o il Collegio devono sentire personalmente la persona cui il procedimento si riferisce,  recandosi, ove occorra, nel luogo in cui [questa] il beneficiario si trova e devono provvedere prendendo atto [tener conto , compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona,] dei bisogni e delle richieste di questa.

Il Giudice Tutelare o il Collegio provvedono, assunte le necessarie informazioni e sentiti i soggetti di cui all’articolo 406; in caso di mancata comparizione del beneficiario, stante il disposto del precedente comma, ed accertata la regolarità delle notifiche, fissano altra udienza – domiciliare ove occorra – con notificazione al potenziale beneficiario a cura dell’Ufficio. [provvedono comunque sul ricorso.] Dispongono altresì, su richiesta [anche d’ufficio], gli accertamenti di natura medica e tutti gli altri mezzi istruttori utili ai fini della decisione.

Il Giudice Tutelare o il Collegio possono, in ogni tempo, modificare o integrare, su richiesta  [anche d’ufficio], le decisioni assunte con il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno.

In ogni caso, nel procedimento di nomina dell’amministratore di sostegno interviene il pubblico ministero.

Art. 408. Scelta dell’amministratore di sostegno.

La scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla volontà espressa o presunta del beneficiario, in rapporto alla cura ed agli interessi della persona [del beneficiario]. L’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato nel ricorso, nel corso della propria audizione personale, o in precedenza, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Ove l’indicazione, con ordinanza motivata, non sia ritenuta congrua, è necessario che il Giudice Tutelare o il Collegio raccolgano altra indicazione dal beneficiario stesso, e  così via fino alla designazione, da parte del beneficiario, di soggetto ritenuto adatto all’ufficio da parte del Giudice Tutelare o del Collegio. In mancanza [, ovvero in presenza di gravi motivi,] il Giudice Tutelare o il Collegio sono chiamati, valendosi di ogni mezzo istruttorio, e tenendo conto delle indicazioni dei soggetti costituiti nella procedura, a ricostruire la volontà del beneficiario. In tale ultimo caso, in assenza di ogni indicazione ritenuta congrua, si  può designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso. In tal caso, nella scelta il Collegio preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata. In nessun caso i conflitti familiari,  comunque configurati, possono rappresentare una ragione per allontanarsi dalla designazione effettuata sulla base della volontà, espressa o ricostruita, del beneficiario.

La designazioni di cui al primo comma possono essere revocate dall’autore con le stesse forme.

Non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario, né coloro i quali svolgano già nei confronti di un’altra persona il ruolo di amministratore di sostegno, curatore o tutore. E’ possibile svolgere il ruolo di amministratore di sostegno di due o tre persone nella sola ipotesi in cui tra i beneficiari vi sia un rapporto di coniugio o di parentela entro il secondo grado. L’ amministratore di sostegno, ove non designato dal beneficiario, deve avere frequentato un corso di formazione sui doveri connessi alla funzione, con particolare riguardo alla salvaguardia dei diritti fondamentali della persona del beneficiario, e – nella massima misura possibile –  dell’autonomia e delle aspirazioni dello stesso.

[Il Giudice Tutelare, quando  ne ravvisa l’opportunità, e nel caso di designazione dell’interessato quando ricorrano gravi motivi, può chiamare all’incarico di amministratore di sostegno anche altra persona idonea, ovvero uno dei soggetti di cui al titolo II al cui legale rappresentante ovvero alla persona che questi ha facoltà di delegare con atto depositato presso l’ufficio del Giudice Tutelare, competono tutti i doveri e tutte le facoltà previste nel presente capo.]

Art. 409. Effetti dell’amministrazione di sostegno.

Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono [la rappresentanza esclusiva o] l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno.

Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana.

In nessun caso il provvedimento di amministrazione di sostegno può incidere sulla continuità dei rapporti familiari. L’attribuzione del ruolo di amministratore di sostegno deve salvaguardare la bigenitorialità, configurandosi una ipotesi di esercizio congiunto della funzione, secondo la disciplina dell’ affido condiviso di cui agli artt. 377 bis e seguenti del codice civile.

Art. 410. Doveri dell’amministratore di sostegno.

Nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno deve [tener conto] essere esclusivamente guidato dalla soddisfazione  dei bisogni [e delle aspirazioni] del beneficiario, quali definiti in rapporto alla volontà ed ai desideri dello stesso

L’amministratore di sostegno deve tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonché il Giudice Tutelare o il Collegio  in caso di dissenso con il beneficiario stesso. In caso di contrasto, di scelte o di atti dannosi ovvero di negligenza nel perseguire l’interesse o nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario, questi, il pubblico ministero,  o gli altri soggetti di cui all’articolo 406 possono chiedere, personalmente o a mezzo di avvocato, un’audizione o  ricorrere al Giudice Tutelare o al Collegio, che provvedono all’audizione e adottano con decreto motivato gli opportuni provvedimenti entro trenta giorni dalla richiesta. La mancata convocazione per un’audizione da tenersi entro trenta giorni dalla richiesta, così come la mancata emanazione del decreto motivato nei trenta giorni successivi all’audizione o al ricorso, integrano – a carico del Giudice Tutelare o del Presidente del Collegio –  gli estremi del “diniego di giustizia” di cui all’ art. 3 della legge 1988 n. 117.

L’amministratore di sostegno non è tenuto a continuare nello svolgimento dei suoi compiti oltre dieci anni, ad eccezione dei casi in cui tale incarico è rivestito dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dagli ascendenti o dai discendenti.

Il mancato rispetto da parte dell’amministratore di sostegno designato, salvi i casi di assoluta ed evidente indispensabilità, dell’autonomia e delle scelte del beneficiario attraverso condotte concrete che siano state consapevolmente dirette a contrastare tale autonomia e tali scelte, costituisce comportamento che integra il delitto di cui all’art. 572 c.p.

In nessun caso, attraverso la procedura di cui al comma II, è possibile imporre al beneficiario decisioni che rientrino – in accordo alla legge 2009 n. 18 – nella sua sfera esclusiva di pertinenza. In nessun caso, in particolare, è possibile imporre al beneficiario una collocazione residenziale, l’assunzione di cure in difetto di consenso libero ed informato, limiti all’uso di qualsivoglia mezzo di comunicazione, limiti alla libertà di circolazione, preventive autorizzazioni al conferimento di mandato a legali per azioni giudiziarie – di qualsivoglia natura – a tutela dei propri diritti.

Art. 411. Norme applicabili all’amministrazione di sostegno.

[Si applicano all’amministratore di sostegno, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli da 349 a 353 e da 374 a 388. I provvedimenti di cui agli articoli 375 e 376 sono emessi dal giudice tutelare.]

Il giuramento di cui all’art. 349 è integrato, nel caso di amministratore di sostegno, dalla dichiarazione di non trovarsi nelle condizioni di incompatibilità di cui art. 408, comma IV, e dall’ impegno a preservare nella massima misura possibile l’autonomia e la libera scelta dell’ interessato, in accordo alle sue aspirazioni e preferenze insindacabili.

All’amministratore di sostegno si applicano [altresì], in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 596, 599 e 779.

Sono in ogni caso valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni in favore dell’amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente o legato da rapporto affettivo o personale di particolare significatività.

[Il Giudice Tutelare, nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, può disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato, si estendano al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, avuto riguardo all’interesse del medesimo ed a quello tutelato dalle predette disposizioni. Il provvedimento è assunto con decreto motivato a seguito di ricorso che può essere presentato anche dal beneficiario direttamente.]

Art. 412. Atti compiuti dal beneficiario o dall’amministratore di sostegno in violazione di norme di legge o delle disposizioni del Giudice.

Gli atti compiuti dall’amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge, od in eccesso rispetto all’oggetto dell’incarico o ai poteri conferitigli dal Giudice, possono essere annullati su istanza dell’amministratore di sostegno, del pubblico ministero,  del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa.

Possono essere parimenti annullati su istanza dell’amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l’amministrazione di sostegno.

Le azioni relative si prescrivono nel termine di cinque anni. Il termine decorre dal momento in cui è cessato lo stato di sottoposizione all’amministrazione di sostegno.

Art. 413. Revoca dell’amministrazione di sostegno.

Quando il beneficiario,  l’amministratore di sostegno, il pubblico ministero o taluno dei soggetti di cui all’articolo 406, ritengono che si siano determinati i presupposti per la cessazione dell’amministrazione di sostegno, o per la sostituzione dell’amministratore, rivolgono istanza motivata al Giudice Tutelare o al Collegio.

L’istanza è comunicata al beneficiario ed all’amministratore di sostegno.

Il Giudice Tutelare o il Collegio provvedono con decreto motivato, acquisite le necessarie informazioni e disposti gli opportuni mezzi istruttori, secondo le modalità di cui all’art. 408 c.c.

[Il Giudice Tutelare o il Collegio provvedono altresì, anche d’ufficio, alla dichiarazione di cessazione dell’amministrazione di sostegno quando questa si sia rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario. In tale ipotesi, se ritiene che si debba promuovere giudizio di interdizione o di inabilitazione, ne informa il pubblico ministero, affinché vi provveda. In questo caso l’amministrazione di sostegno cessa con la nomina del tutore o del curatore provvisorio ai sensi dell’articolo 419, ovvero con la dichiarazione di interdizione o di inabilitazione.]

NUOVO TESTO NORMATIVO SULL’ADS (ARTT. 404-413 C.C.)

Art. 404. Amministrazione di sostegno.

La persona che, per effetto di una infermità fisica o psichica, o per effetto di condizioni fisiologiche tali da richiedere un trattamento socio-sanitario,  si trova nella impossibilità, anche parziale, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal Giudice tutelare o dal Collegio, con competenza determinata dalla circostanza che la domanda provenga dal potenziale beneficiario o da altro soggetto,  operanti presso il Tribunale del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio. Le funzioni di Giudice Tutelare, con riguardo ai provvedimenti relativi all’amministrazione di sostegno, non possono essere esercitate da magistrati onorari.

Art. 404 bis. Obbligatorietà della difesa tecnica del potenziale beneficiario nel procedimento.

Per l’intero corso del procedimento di nomina dell’amministrazione di sostegno, e per il successivo svolgimento della procedura, il potenziale beneficiario deve obbligatoriamente essere assistito da un difensore.

I Consigli dell’Ordine forense di ciascun distretto di corte d’appello, nell’ambito degli elenchi dei difensori d’ufficio di cui all’ art. 97 c.p.p., predispongono una sezione destinata ad accogliere i difensori da designarsi a richiesta dell’autorità giudiziaria nel corso del procedimento per l’ istituzione dell’amministrazione di sostegno. L’accesso a tale sezione, o la successiva permanenza in essa, è inibita:

  1.  agli avvocati che abbiano svolto o svolgano un incarico di amministratore di sostegno, tutore, curatore o che siano stati in qualunque modo destinatari di incarichi da parte del Giudice Tutelare o del Collegio;
  2. agli avvocati che abbiano significativi rapporti di collaborazione professionale con colleghi che si trovino nella condizione di cui al precedente numero 1).

Ove il ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno provenga da soggetto diverso dal potenziale beneficiario, la notifica dello stesso deve essere accompagnata da una informazione sul diritto di difesa, che deve contenere:

  1. l’informazione sull’obbligatorietà della difesa tecnica nel procedimento per la nomina dell’ amministratore di sostegno e nello svolgimento dell’istituto, con indicazione della facoltà e dei diritti attribuiti dalla legge al beneficiario;
  2. il nominativo del difensore d’ufficio ed il suo indirizzo e recapiti telefonico e telematico;
  3. l’indicazione della facoltà di nominare un difensore di fiducia con l’avvertimento che, in mancanza, il beneficiario sarà assistito da quello nominato d’ufficio;
  4. l’indicazione dell’obbligo di retribuire il difensore d’ufficio ove non sussistano le condizioni per accedere al beneficio di cui al punto 5);
  5. l’indicazione delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e delle modalità per richiedere il beneficio

Ove il ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno provenga dal potenziale beneficiario, lo stesso viene dichiarato inammissibile dal Giudice Tutelare, con decreto motivato, quando non è corredato dalla nomina di un difensore.

Art. 405. Decreto di nomina dell’amministratore di sostegno. Durata dell’incarico e relativa pubblicità.

Il Giudice Tutelare o il Collegio provvedono entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta alla nomina dell’amministratore di sostegno con decreto motivato immediatamente esecutivo, su ricorso di uno dei soggetti indicati nell’articolo 406.

Il decreto che riguarda un minore non emancipato può essere emesso solo nell’ultimo anno della sua minore età e diventa esecutivo a decorrere dal momento in cui la maggiore età è raggiunta.

Tutte le sentenze che stabiliscono un’interdizione o un’abilitazione sono trasformate, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente riforma sull’amministrazione di sostegno, in decreti di amministrazione di sostegno, previe le modifiche necessaria in punto di poteri dell’ADS.

Qualora ne sussista la necessità e su richiesta del solo interessato, il Giudice Tutelare o il Collegio adottano i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l’amministrazione del suo patrimonio. Possono procedere alla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio indicando gli atti che è autorizzato a compiere.

Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno deve contenere l’indicazione:

1) delle generalità della persona beneficiaria, dell’amministratore di sostegno, nonché della persona di fiducia ove designata ai sensi dell’ art. 408, commi II o IV;

2) della durata dell’incarico, che può essere anche a tempo indeterminato;

3) dell’oggetto dell’incarico, con la specificazione che l’amministratore di sostegno non può compiere alcun atto in nome e per conto del beneficiario – se non per delega di quest’ultimo – e che non è ammessa forma alcuna di “sostituzione”, nella presa di decisioni, della persona dell’amministratore di sostegno alla persona del beneficiario;

4) degli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno;

5) della natura gratuita dell’incarico, salvi i casi in cui – su richiesta del beneficiario, sia stabilita una indennità periodica, determinata preventivamente nel suo ammontare;

6) della periodicità con cui l’amministratore di sostegno deve riferire al Giudice o al Collegio circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario;

7) dei diritti che il presente Capo riconosce in favore del beneficiario;

Se la durata dell’incarico è a tempo determinato, il Giudice Tutelare o il Collegio, su richiesta, possono prorogarlo con decreto motivato pronunciato prima della scadenza del termine.

Il decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno, il decreto di chiusura ed ogni altro provvedimento assunto dal Giudice Tutelare o dal Collegio nel corso dell’amministrazione di sostegno devono essere immediatamente annotati a cura del cancelliere nell’apposito registro.

Il decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno e il decreto di chiusura devono essere comunicati, entro dieci giorni, alla persona del beneficiario ed al suo avvocato, nonché all’ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all’atto di nascita del beneficiario. Se la durata dell’incarico è a tempo determinato, le annotazioni devono essere cancellate alla scadenza del termine indicato nel decreto di apertura o in quello eventuale di proroga.

Art. 406. Soggetti.

Il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell’articolo 417, ovvero da soggetto che abbia un documentato legame personale o affettivo con il beneficiario. Tali soggetti hanno diritto, salvo esplicito diniego proveniente dalla persona del beneficiario, di restare a conoscenza di ogni atto inerente la procedura.

I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti ad informare il potenziale beneficiario dell’esistenza dell’ istituto dell’amministrazione di sostegno e delle sue caratteristiche.

Art. 407. Procedimento.

Il soggetto che intende promuovere ricorso per l’istituzione dell’amministratore di sostegno è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione di cui all’ art. 5 del d. lgs. N. 28 del 2010. La finalità del procedimento di mediazione attiene all’individuazione, per soddisfare le esigenze del potenziale beneficiario, di soluzioni alternative alla limitazione della capacità di agire dello stesso. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Nell’ambito della procedura di mediazione, la prima seduta, alla quale il potenziale beneficiario deve partecipare personalmente senza possibilità di conferimento di alcuna procura speciale per essere sostituito, dovrà essere esclusivamente dedicata all’ illustrazione della disciplina giuridica ed ai conseguenti risvolti pratici dell’istituto dell’amministrazione di sostegno. Tale seduta, quando le condizioni di salute del potenziale beneficiario non consentano spostamenti, dovrà essere tenuta presso il luogo di dimora dello stesso.  In tale seduta, l’Organismo di Mediazione:

  1.  può consentire – previe intese con lo stesso Organismo –  che singoli o associazioni rendano testimonianza del funzionamento dell’ istituto;
  2. consegna ai presenti, ed in particolare al potenziale beneficiario, copia – anche con modalità informatica – di ogni opuscolo informativo che sia pervenuto all’Organismo di mediazione in materia di funzionamento dell’amministrazione di sostegno;
  3. dà atto dell’eventuale impossibilità del beneficiario – a causa delle sue condizioni fisiche o psichiche –  di comunicare in alcun modo con l’esterno, quando tale impossibilità sia stata preventivamente attestata anche da certificazione medica. Nessun genere di alterazione fisica o psichica, che consenta comunque una comunicazione con l’esterno, può integrare gli estremi di tale impossibilità;
  4. promuove la partecipazione di tutti i soggetti – pubblici o privati – che siano in grado di fornire indicazioni circa, o di proporre, soluzioni alternative all’amministrazione di sostegno per il supporto al processo decisionale autonomo della persona e per la risoluzione delle problematiche in campo.

Il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno deve indicare le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale, le ragioni per cui si richiede la nomina dell’amministratore di sostegno, il nominativo ed il domicilio, se conosciuti dal ricorrente, del coniuge, dei discendenti, degli ascendenti, dei fratelli e dei conviventi del beneficiario.

Il ricorso, ove non proveniente dal potenziale beneficiario, deve essere notificato personalmente allo stesso a cura della cancelleria del Collegio, unitamente all’ informazione sul diritto di difesa di cui all’ art. 404 bis, comma III.

Il Giudice Tutelare o il Collegio devono sentire personalmente la persona cui il procedimento si riferisce,  recandosi, ove occorra, nel luogo in cui il beneficiario si trova e devono provvedere prendendo atto  dei bisogni e delle richieste di questa.

Il Giudice tutelare o il Collegio provvedono, assunte le necessarie informazioni e sentiti i soggetti di cui all’articolo 406; in caso di mancata comparizione del beneficiario, stante il disposto del precedente comma, ed accertata la regolarità delle notifiche, fissano altra udienza – domiciliare ove occorra –   con notificazione al potenziale beneficiario a cura dell’Ufficio. Dispongono altresì, su richiesta, gli accertamenti di natura medica e tutti gli altri mezzi istruttori utili ai fini della decisione.

Il Giudice Tutelare o il Collegio possono, in ogni tempo, modificare o integrare, su richiesta, le decisioni assunte con il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno.

In ogni caso, nel procedimento di nomina dell’amministratore di sostegno interviene il pubblico ministero.

Art. 408. Scelta dell’amministratore di sostegno.

La scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla volontà espressa o presunta del beneficiario, in rapporto alla cura ed agli interessi della persona [del beneficiario]. L’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato nel ricorso, nel corso della propria audizione personale, o in precedenza, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Ove l’indicazione, con ordinanza motivata, non sia ritenuta congrua, è necessario che il Giudice Tutelare o il Collegio raccolgano altra indicazione dal beneficiario stesso, e  così via fino alla designazione, da parte del beneficiario, di soggetto ritenuto adatto all’ufficio da parte del Giudice Tutelare o del Collegio. In mancanza il Giudice Tutelare o il Collegio sono chiamati, valendosi di ogni mezzo istruttorio, e tenendo conto delle indicazioni dei soggetti costituiti nella procedura, a ricostruire la volontà del beneficiario. In tale ultimo caso, in assenza di ogni indicazione ritenuta congrua, si  può designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso. In tal caso, nella scelta il Collegio preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata. In nessun caso i conflitti familiari,  comunque configurati, possono rappresentare una ragione per allontanarsi dalla designazione effettuata sulla base della volontà, espressa o ricostruita, del beneficiario.

La designazioni di cui al primo comma possono essere revocate dall’autore con le stesse forme.

Non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario, né coloro i quali svolgano già nei confronti di un’altra persona il ruolo di amministratore di sostegno, curatore o tutore. E’ possibile svolgere il ruolo di amministratore di sostegno di due o tre persone nella sola ipotesi in cui tra i beneficiari vi sia un rapporto di coniugio o di parentela entro il secondo grado. L’ amministratore di sostegno, ove non designato dal beneficiario, deve avere frequentato un corso di formazione sui doveri connessi alla funzione, con particolare riguardo alla salvaguardia dei diritti fondamentali della persona del beneficiario, e – nella massima misura possibile –  dell’autonomia e delle aspirazioni dello stesso.

Art. 409. Effetti dell’amministrazione di sostegno.

Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno.

Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana.

In nessun caso il provvedimento di amministrazione di sostegno può incidere sulla continuità dei rapporti familiari. L’attribuzione del ruolo di amministratore di sostegno deve salvaguardare la bigenitorialità, configurandosi una ipotesi di esercizio congiunto della funzione, secondo la disciplina dell’affido condiviso di cui agli artt. 377 bis e seguenti del codice civile.

Art. 410. Doveri dell’amministratore di sostegno.

Nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno deve essere esclusivamente guidato dalla soddisfazione dei bisogni del beneficiario, quali definiti in rapporto alla volontà ed ai desideri dello stesso.

L’amministratore di sostegno deve tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonché il Giudice Tutelare o il Collegio  in caso di dissenso con il beneficiario stesso. In caso di contrasto, di scelte o di atti dannosi ovvero di negligenza nel perseguire l’interesse o nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario, questi, il pubblico ministero,  o gli altri soggetti di cui all’articolo 406 possono chiedere, personalmente o a mezzo di avvocato, un’audizione o  ricorrere al Giudice Tutelare o al Collegio, che provvedono all’audizione e adottano con decreto motivato gli opportuni provvedimenti entro trenta giorni dalla richiesta. La mancata convocazione per un’audizione da tenersi entro trenta giorni dalla richiesta, così come la mancata emanazione del decreto motivato nei trenta giorni successivi all’audizione o al ricorso, integrano – a carico del Giudice Tutelare o del Presidente del Collegio –  gli estremi del “diniego di giustizia” di cui all’ art. 3 della legge 1988 n. 117.

L’amministratore di sostegno non è tenuto a continuare nello svolgimento dei suoi compiti oltre dieci anni, ad eccezione dei casi in cui tale incarico è rivestito dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dagli ascendenti o dai discendenti.

Il mancato rispetto da parte dell’amministratore di sostegno designato, salvi i casi di assoluta ed evidente indispensabilità, dell’autonomia e delle scelte del beneficiario attraverso condotte concrete che siano state consapevolmente dirette a contrastare tale autonomia e tali scelte, costituisce comportamento che integra il delitto di cui all’art. 572 c.p.

In nessun caso, attraverso la procedura di cui al comma II, è possibile imporre al beneficiario decisioni che rientrino – in accordo alla legge 2009 n. 18 – nella sua sfera esclusiva di pertinenza. In nessun caso, in particolare, è possibile imporre al beneficiario una collocazione residenziale, l’assunzione di cure in difetto di consenso libero ed informato, limiti all’uso di qualsivoglia mezzo di comunicazione, limiti alla libertà di circolazione, preventive autorizzazioni al conferimento di mandato a legali per azioni giudiziarie – di qualsivoglia natura – a tutela dei propri diritti.

Art. 411. Norme applicabili all’amministrazione di sostegno.

Il giuramento di cui all’ art. 349 è integrato, nel caso di amministratore di sostegno, dalla dichiarazione di non trovarsi nelle condizioni di incompatibilità di cui art. 408, comma IV, e dall’ impegno a preservare nella massima misura possibile l’autonomia e la libera scelta dell’ interessato, in accordo alle sue aspirazioni e preferenze insindacabili.

All’amministratore di sostegno si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 596, 599 e 779.

Sono in ogni caso valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni in favore dell’amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente o legato da rapporto affettivo o personale di particolare significatività.

Art. 412. Atti compiuti dal beneficiario o dall’amministratore di sostegno in violazione di norme di legge o delle disposizioni del Giudice.

Gli atti compiuti dall’amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge, od in eccesso rispetto all’oggetto dell’incarico o ai poteri conferitigli dal Giudice, possono essere annullati su istanza dell’amministratore di sostegno, del pubblico ministero,  del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa.

Possono essere parimenti annullati su istanza dell’amministratore di sostegno, del beneficiario, o dei suoi eredi ed aventi causa, gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l’amministrazione di sostegno.

Le azioni relative si prescrivono nel termine di cinque anni. Il termine decorre dal momento in cui è cessato lo stato di sottoposizione all’amministrazione di sostegno.

Art. 413. Revoca dell’amministrazione di sostegno.

Quando il beneficiario, l’amministratore di sostegno, il pubblico ministero o taluno dei soggetti di cui all’articolo 406, ritengono che si siano determinati i presupposti per la cessazione dell’amministrazione di sostegno, o per la sostituzione dell’amministratore, rivolgono istanza motivata al Giudice Tutelare o al Collegio.

L’istanza è comunicata al beneficiario ed all’amministratore di sostegno.

Il Giudice Tutelare o il Collegio provvedono con decreto motivato, acquisite le necessarie informazioni e disposti gli opportuni mezzi istruttori, secondo le modalità di cui all’art. 408 c.c.

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Mozione Generale 2022: V Congresso Associazione ‘Diritti alla Follia’

Diritti alla Follia · 15/11/2022 · 2 commenti

L’assemblea dell’Associazione radicale “Diritti alla Follia”, riunita – con partecipazione in modalità telematica ed in presenza – in Via Falzarego 35 a Cagliari da giovedì 10 a domenica 13 novembre 2022 per il V Congresso, udite le relazioni della segretaria e del tesoriere, le approva.
L’Assemblea:

  • prende atto della perdurante sordità della totalità delle organizzazioni gravitanti nel mondo della cosiddetta “salute mentale” alle sollecitazioni dirette ad affermare ed a garantire i diritti fondamentali dell’individuo coinvolto nelle procedure civilistiche e penalistiche connesse all’etichetta di “sofferente psichico”;
  • segnala dunque come l’Italia continui ad essere inadempiente sul fronte dell’attuazione della Convenzione ONU per i diritti delle Persone con Disabilità (CRPD), secondo l’interpretazione autentica fornita a tale ultimo testo dal Comitato ONU CRPD, che nell’ agosto 2016 sottolineava come il nostro Paese dovesse riformare, in chiave garantista, gli istituti del Trattamento Sanitario Obbligatorio, dell’interdizione, dell’inabilitazione, dell’amministrazione di sostegno, delle misure di sicurezza per i non imputabili;
  • ribadisce altresì come giacciano egualmente inattuate le raccomandazioni emanate dal “Comitato di Prevenzione della Tortura”, operante nell’ambito del Consiglio d’Europa, circa le necessarie riforme in tema di TSO.

Alla luce di questo quadro, e nella raggiunta consapevolezza che l’azione riformatrice potrà giovarsi principalmente dell’apporto dei descritti organismi internazionali (per un verso), dei cittadini e delle cittadine che hanno vissuto in prima persona (o attraverso un familiare o un conoscente) la barbarie del presente sistema (per altro verso):
dà mandato agli organi dirigenti di proseguire l’interlocuzione con il Comitato CRPD e con il Comitato Prevenzione della Tortura, supportandoli e stimolandone l’attività ispettiva e di monitoraggio, come accaduto nel 2022: che ha visto la partnership dell’Associazione Radicale Diritti alla Follia con il CPT, nella consulenza a quest’ultimo (sul fronte delle detenzioni sanitarie) in occasione della visita in Italia, i cui esiti saranno resi noti dal Comitato nei prossimi mesi;
sottolinea l’esigenza di lavorare per guadagnare adesioni di singoli alle proposte di riforma, con particolare riguardo alle associazioni di utenti ed ex utenti in corso di costituzione.

Il Congresso saluta l’avvenuta elaborazione di una proposta di legge di riforma dell’istituto dell’amministrazione di sostegno (tesa all’abolizione dell’ADS “sostitutiva”, in adempimento del dettato della CRPD, ed alla eliminazione della “professione dell’amministratore di sostegno) ed impegna gli organi dirigenti – alla luce della nuova legislatura appena avviata – di arricchire la relazione introduttiva che illustra le ragioni della stessa e di trasmetterla – insieme alla proposta di legge sul TSO con analogo approfondimento di un “documento di accompagnamento” – a tutti i deputati e senatori neoeletti, oltre che al Governo ed alle articolazioni della Pubblica Amministrazione dotate di competenze istituzionali in materia della cosiddetta “disabilità psico-sociale”.

Il Congresso prende atto del lavoro del costituito “gruppo dei familiari”, e dell’avvenuto invio a tutti i DSM d’Italia di un documento di sollecitazione all’implementazione di buone prassi e di riforme operative tese al rispetto della persona ed all’elevazione della qualità dei servizi resi, e tuttavia registra la assoluta indifferenza della dirigenza psichiatrica pubblica a tali sollecitazioni.
E` davanti agli occhi di tutti l’irriformabilità di un sistema di erogazioni di servizi ossessionato dall’eclusività dell’approccio farmacologico, composto da un personale non formato e sempre più difficilmente formabile alla cultura dei diritti degli individui, nell’esclusiva e spasmodica ricerca di maggiori risorse da destinare agli operatori, e mai da mettere effettivamente a disposizione dell’utente per il supporto alle proprie scelte di vita.
Di contro a queste sclerosi, l’Associazione è chiamata a difendere ed a promuovere l’affermazione di approcci sociali ed alternativi al disagio psichico, all’interno di una cultura della tolleranza e della convivenza che consenta di prendere coscienza delle perduranti strategie pubbliche di annichilimento ed istituzionalizzazione delle diversità personali e comportamentali.
In questo quadro, il Congresso:
prende atto della partnership avviata con la realtà svedese della PO SKANE, ed impegna gli organi dirigenti a promuovere forme di sperimentazione dell’ Ombudsman personale anche in Italia;
registra l’avvenuta messa all’attenzione dell’OMS del metodo della “Globalità dei Linguaggi” di Stefania Guerra Lisi, e dà mandato agli organi dirigenti di promuoverne la diffusione nell’ambito della offerta pubblica di supporto ed assistenza alla cosiddetta “disabilità”;
rileva la perdurante criminalizzazione di ogni approccio medico fondato sulla scienza e coscienza professionale e non appiattito sulla acritica applicazione di protocolli farmacologici conseguenti a stereotipate etichette diagnostiche. Su questo piano, il Congresso – a partire dal caso dello psichiatra cagliaritano Enrico Loria – impegna gli organi dirigenti a svolgere un attività di denuncia e supporto delle vittime di tali persecuzioni, e di coltivazione della memoria delle persecuzioni passate – a partire da quella che patì Giorgio Antonucci – che hanno portato all’attuale appiattimento dei professionisti che operano con i cosiddetti “pazienti psichiatrici”.

Il Congresso, sul fronte della riforma delle misure di sicurezza per i non imputabili:
denuncia la barbarie, anzitutto giuridica, rappresentata dalla “libertà vigilata”, che si traduce sistematicamente in una indebita condizione di detenzione per le migliaia di persone che vi sono coinvolte;
rileva lo strabismo di un dibattito pubblico concentrato sugli ospiti delle REMS, e sul funzionamento delle stesse, a fronte di un’assoluta indifferenza – nonostante i numeri ben più alti – verso le condizioni vissute dai “liberi vigilati”;
impegna gli organi dirigenti all’elaborazione di un progetto di riforma – con l’ausilio delle figure dell’Accademia e delle professioni che vorranno contribuirvi – teso a superare l’inattuale concetto di “pericolosità sociale”.

Il Congresso saluta l’adesione dell’Associazione radicale Diritti alla Follia alla rete ENUSP (utenti, ex utenti, sopravvissuti alla psichiatria), ed i rapporti stabiliti con WNUSP (l’omologa organizzazione mondiale). In tali ambiti, occorre – con produzioni documentali di cui il Congresso incarica gli organi dirigenti – mettere in discussione la narrazione propagandistica che da decenni “vende” all’ estero – in ogni consesso internazionale – la falsa immagine di un’ Italia all’avanguardia nel rispetto dei diritti dei cosiddetti “portatori di disabilità psico sociale”, a partire dal disvelamento della realtà storica della natura “controriformistica” della legge 180 del 1978, approvata in fretta e furia al solo scopo di evitare la celebrazione del referendum del Partito Radicale, che avrebbe eliminato del tutto la coercizione in ambito psichiatrico.

Il Congresso, dando atto dei rapporti stabiliti con MHE [Mental Health Europe], impegna gli organi dirigenti ad aderire a tale network, ed a lavorare per la partecipazione dell’ Associazione a progetti europei in grado di promuovere la sperimentazione di approcci sociali al disagio diffuso, ed a reperire dati sul reale funzionamento dei DSM italiani e sui “numeri” dell’istituzionalizzazione occulta italiana.

Sul fronte dei rapporti con le altre associazioni, il Congresso:
registra l’esaurimento della capacità organizzativa e propulsiva del “Comitato Legittima Difesa”, costituito per riunire le forze di associazioni e cittadini interessati alla modifica dell’attuale articolato della legge 1978/833 in tema di TSO, considerando conclusa le relativa esperienza, pur nell’augurio di una continuità dei rapporti di collaborazione con le individualità e le associazioni che ne hanno fatto parte;
sottolinea l’unità di intenti con altre realtà associative presenti al Congresso, quali “Diritti Senza Barriere”, “AMA – Linea di Sconfine”, “Michele Baù – Angeli con le Ali”, e dà mandato agli organi dirigenti di lavorare per progetti federativi tesi a rafforzare il fronte diretto all’affermazione dei diritti fondamentali degli utenti psichiatrici.

L’associazione evidenzia l’azione associativa in corso diretta all’implementazione dell’ufficio del Garante Regionale per la Sardegna, la cui mancanza priva la Regione di un presidio cruciale per la salvaguardia dei diritti fondamentali degli utenti psichiatrici in un territorio che si è individuato come sede congressuale anche per sottolinearne le criticità. A riguardo, l’assemblea dà mandato agli organi dirigenti di continuare l’azione tesa a promuovere la nomina del Garante Ragionale sardo, ed a continuare l’avviata interlocuzione con i Garanti.

L’associazione, preso atto dei contenuti del dibattito congressuale sul tema della “Pandemia della coercizione” con riferimento a quanto accaduto a proposito delle restrizioni e mortificazioni dei diritti fondamentali in rapporto al COVID-19, dà mandato agli organi dirigenti di continuare il dialogo con le realtà associative che denunciano tale inaccettabile precedente, e di rendere consapevoli tali realtà – guadagnandole agli impegni di Diritti alla Follia – che le stesse esperienze di annichilimento dell’individuo e di privazione di diritti applicate su grande scala nella “pandemia’, sono da sempre – anche nella Repubblica Italiana – inflitte ai cosiddetti “pazienti psichiatrici”, e che risulta poco efficace (e poco credibile) una rivendicazione dei diritti a fronte delle misure emergenziali assunte nella pandemia, se non accompagnata da eguale rivendicazione di riforme tese ad acquisire diritti e garanzie in ambito psichiatrico.

La quota associativa, per l’anno 2022/2023, è confermata in € 35,00 (euro trentacinque,00)

Cristina Paderi, Michele Capano, Alessandro Attilio Negroni, Maria Rosaria D’Oronzo, Andrea Michelazzi.

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LA CORTE D’APPELLO DI FIRENZE ASSOLVE JEANETTE FRAGA DALL’ACCUSA DI SEQUESTRO DI PERSONA AI DANNI DELLA FIGLIA YASKA GHODS. L’ASSOCIAZIONE  RADICALE “DIRITTI ALLA FOLLIA”: “ORA SI “LIBERI” YASKA

Diritti alla Follia · 03/11/2022 · Lascia un commento

Oggi, 3 Novembre, la seconda sezione penale della Corte di Appello di Firenze, ha assolto Jeanette Fraga dalla condanna per “sequestro di persona”, a carico della figlia Yaska, inflitta dal Tribunale di Firenze (dott.ssa Cannata’).

L’avv. Michele Capano, difensore di Jeanette  Fraga, ha dichiarato: “cade oggi, con la quarta assoluzione di Jeanette Fraga – dopo quelle che avevano riguardato le accuse di maltrattamenti, concorso in violenza sessuale e disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone – l’intero castello di accuse che era stato costruito, da sette anni a questa parte, nell’ambito di una inaudita violenza istituzionale diretta a scoraggiare Jeanette Fraga dall’occuparsi della figlia, dal continuare a pretendere che la figlia non venga dimenticata in una delle centinaia di discariche manicomiali che l’ Italia “basagliana” ha creato, ma possa accedere – nonostante la disabilità connessa ad una diagnosi di schizofrenia – ad una vita dignitosa. La ricostruzione secondo cui la madre di Yaska si sarebbe resa responsabile di condotte integranti reati ha consentito, in questi sette anni, di interdire Yaska, di attribuire alla ragazza una tutrice esterna alla famiglia (famiglia di “cattivi”), quindi di rinchiuderla in strutture privandola di ogni libertà di comunicazione, di circolazione, di coltivare gli affetti familiari. È ora che a questa situazione sia posto rimedio, ed è quello che ora chiederemo al Giudice tutelare”.

 L’ Associazione Radicale “Diritti alla Follia” è stata presente con il consueto “presidio” dinanzi al Tribunale di Firenze, per difendere i diritti fondamentali di Yaska e di Jeanette. Cristina Paderi, segretaria dell’associazione, ha dichiarato: “siamo sempre stati al fianco di Jeanette perché la sua innocenza, oggi sancita dai Giudici fiorentini che cestinano accuse infondate, ci è subito apparsa chiara. Saremo il 10 novembre davanti ad un altro Tribunale, quello di Cagliari, a sostenere le ragioni di un altro “imputato” (l’editore Gigi Monello, accusato di maltrattamenti ai danni della madre) di questo sistema teso ad evitare “disturbi” a Giudici tutelari ed amministratori di sostegno/tutori, teso a criminalizzare i familiari che “rompano le scatole” difendendo diritti e prerogative di familiari “sequestrati”. Siamo in presenza di un “protocollo” collaudato: il familiare che non si “arrende” con gli inviti bonari, viene criminalizzato e processato se pretende che “il fragile” debba e possa vivere, non arrendendosi a “sopravvivenze” vegetali nei tanti cronicari delle strutture pubbliche, o private, o in case dove a nessuno è consentito di entrare (familiari e/o amici) o di uscire (il disabile). Ora, con l’assoluzione di Jeanette, chiediamo che sia Yaska ad essere “liberata”: dalla tutrice esterna, dalla segregazione, dalle mille restrizioni che la inchiodano, oggi, ad una condizione di enorme sofferenza. Al nostro Congresso, in programma a Cagliari dal 10 al 13 novembre, presenteremo la nostra proposta di legge per abolire l’interdizione e riformare profondamente l’istituto dell’ amministrazione di sostegno. Non può essere consentito “impadronirsi” dei (cosiddetti) “fragili”, bensì occorrono strumenti per supportarli nel processo decisionale autonomo, senza scorciatoie coercitive e tentazioni manicomiali.

Al presidio, oltre a familiari ed amici di Jeanette e Yaska, erano presenti Bruna Bellotti, dell’ associazione “Diritti senza Barriere”, Alberto Brugnettini e Maria Gainuta del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, Simona Lancioni, di “Informare Un’H”, Maria Rosaria D’Oronzo, del Centro Relazioni Umane.

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Comunicato stampa: LA LIBERTA’ DI YASKA E LA PERSECUZIONE ISTITUZIONALE CUI E’ SOTTOPOSTA LA MADRE JEANETTE FRAGA. IL 3 NOVEMBRE  PRESIDIO DINANZI AL TRIBUNALE DI FIRENZE DELL’ASSOCIAZIONE RADICALE “DIRITTI ALLA FOLLIA”

Diritti alla Follia · 27/10/2022 · Lascia un commento

Avrà luogo il 3 Novembre, presso la Corte di Appello di Firenze, un’udienza per discutere il ricorso di Jeanette Fraga avverso la condanna per “sequestro di persona”, a carico della figlia Yaska, inflitta dal tribunale di Firenze.

Quello stesso Stato che dal 2015 tiene sotto sequestro Yaska, impedendole – oltre ai liberi contatti con i familiari e gli amici e libere uscite – finanche le più elementari possibilità di libera comunicazione telefonica e telematica, sfoga la sua impotenza processando l’unico individuo che ha sempre rispettato i diritti fondamentali di Yaska, lottando strenuamente per garantirle una vita libera e soddisfacente, nonostante le condizioni di difficoltà della ragazza. Questa è la vera “colpa” per cui è a processo Jeanette: avere inverato i diritti riconosciuti ai portatori di disabilità psico-sociale dalla Convezione Onu CRPD del 2006 in un contesto istituzionale nel quale di quei diritti si commette una violazione sistematica e quotidiana da parte delle diverse articolazioni della Repubblica italiana chiamate ad “aiutare i fragili”.

Contro questa vergogna e per invocare, sia la liberazione di Yaska, che è sottoposta a tutela ed istituzionalizzata da sette anni in un luogo di “cura” contro la sua volontà (e che ha dovuto subire un’interruzione di gravidanza forzata), sia l’assoluzione di Jeanette Fraga, l’Associazione Radicale “Diritti alla Follia” sarà presente con il consueto presidio dinanzi al Tribunale di Firenze, a partire dalle ore 11.30 di giovedì 3 novembre. Invitiamo i cittadini e le cittadine sensibili a questi temi a raggiungerci, ad aiutarci, a scendere in campo per difendere la libertà di Yaska e le ragioni dell’ innocenza di Jeanette quale strumento per cambiare le condizioni di vita di migliaia di segregati come Yaska.

Ricordiamo che Jeanette Fraga, nell’ambito della persecuzione istituzionale messa in atto nei suoi riguardi dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze (a “protezione” delle condotte, denunciate reiteratamente da Jeanette, delle tutrici e del Giudice tutelare, e nell’illusione di “far tacere” Jeanette in ordine alle reali condizioni di vita della figlia, è stata processata ed assolta già per l’accusa di concorso in violenza sessuale a danno della figlia (della quale non avrebbe impedito una vita sessuale che – ad avviso della procura – alla ragazza doveva essere negata), processata ed assolta per l’accusa di maltrattamenti in famiglia (smentendosi le tesi della procura circa l’inadeguatezza delle cure e dei trattamenti propiziati da Jeanette nei confronti della figlia), processata ed assolta per l’accusa di “disturbo dell’ occupazione e del riposo delle persone” (a seguito delle miserabili lamentele che il vicinato della famiglia aveva mosso per il “disturbo” arrecato da Yaska nel corso delle “crisi” che aveva quando viveva in casa con la madre).

L’augurio è che – anche a Firenze – vi sia una stampa libera che trovi la forza di approfondire e narrare questa vicenda.

Associazione Radicale Diritti alla Follia

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