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Diritti alla follia

Associazione impegnata sul fronte della tutela e della promozione dei diritti fondamentali delle persone in ambito psichiatrico e giuridico.

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Associazione 'Dirittii alla Follia'

ABUSI NEI REPARTI PSICHIATRICI: PERCHÉ SERVONO LE TELECAMERE NEGLI SPDC E UNA RIFORMA DEL TSO

Diritti alla Follia · 24/03/2025 · Lascia un commento

L’orribile caso di Padova, in cui un operatore socio-sanitario è stato condannato per aver abusato di una minorenne ricoverata in un reparto psichiatrico, è solo l’ennesima dimostrazione di quanto sia urgente garantire maggiore sicurezza e trasparenza nei reparti psichiatrici. Secondo le informazioni disponibili, l’OSS ha continuato a lavorare nella stessa struttura anche dopo l’emersione delle accuse, venendo semplicemente trasferito in un altro reparto*.

Questa vicenda non è un caso isolato. Gli abusi nei reparti psichiatrici esistono, ma spesso restano nell’ombra. Perché? Perché chi li subisce non viene creduto. Le donne, in particolare, devono affrontare un doppio ostacolo: da un lato, il radicato scetticismo sociale che tende a minimizzare o mettere in dubbio le denunce di violenza; dall’altro, se hanno una diagnosi psichiatrica, il pregiudizio che le vede come inattendibili, confuse, incapaci di distinguere la realtà dalla fantasia. Così, anche quando trovano la forza di denunciare violenze, soprusi o trattamenti disumani, le loro parole vengono troppo spesso ignorate o screditate.

Nel caso di Padova, la verità è emersa solo grazie alla madre della vittima, che ha dato credito ai racconti della figlia e ha avuto il coraggio di denunciare. Ma quante altre storie restano sepolte nel silenzio? Quanti abusi non vengono mai puniti perché le vittime non vengono credute?

L’associazione ‘Diritti alla Follia’ da tempo denuncia le condizioni in cui versano gli SPDC e propone una riforma concreta per la tutela degli utenti psichiatrici. Uno dei punti cardine della nostra proposta è l’installazione di telecamere di sicurezza nei reparti psichiatrici, nel rispetto della privacy ma con la garanzia di un controllo esterno indipendente.

Molte persone da noi intervistate sul tema delle telecamere – iscritti all’associazione, simpatizzanti, utenti, ex utenti e sopravvissuti alla psichiatria – si sono espresse favorevolmente. Secondo la stragrande maggioranza, l’ago della bilancia pende a favore del diritto alla sicurezza piuttosto che del diritto alla privacy.

Troppi utenti psichiatrici hanno vissuto esperienze di violenza e soprusi nei reparti, e la possibilità di avere un controllo visivo rappresenta per loro una garanzia di tutela, non una minaccia. La paura di essere esposti a trattamenti degradanti o coercitivi senza possibilità di dimostrare quanto accaduto pesa molto più del timore di essere ripresi da un sistema di videosorveglianza regolato e accessibile solo in caso di necessità giudiziaria o difensiva.

Le telecamere nei reparti psichiatrici:
✔ Fungerebbero da deterrente contro gli abusi, riducendo il rischio di violenze e maltrattamenti
✔ Garantirebbero la trasparenza, permettendo di verificare eventuali segnalazioni di abusi o comportamenti scorretti
✔ Proteggerebbero sia gli utenti che gli operatori, evitando false accuse e ricostruendo oggettivamente gli eventi in caso di segnalazioni
✔ Darebbero voce a chi oggi non viene creduto, offrendo prove concrete di ciò che accade nei reparti.

Inoltre, la proposta di legge di iniziativa popolare dell’associazione ‘Diritti alla Follia’prevede l’installazione di telecamere non solo per i trattamenti sanitari obbligatori (TSO), ma anche per le degenze volontarie, che spesso di volontario hanno poco o nulla. Questo perché, in molti casi, le degenze cosiddette volontarie sono frutto di pressioni o mancanza di alternative, rendendo gli utenti altrettanto vulnerabili agli abusi.

L’installazione delle telecamere e la riforma del TSO non risolverebbero da sole tutti i problemi degli SPDC, ma sarebbero primi, fondamentali passi verso un sistema maggiormente garantista, più trasparente e più rispettoso dei diritti umani.

Ecco i punti della proposta di riforma fondamentali per prevenire gli abusi nei ricoveri ospedalieri in ambito psichiatrico:

1. Maggiori garanzie procedurali e tutele legali per le persone direttamente coinvolte

  • Nomina obbligatoria di un difensore d’ufficio o di fiducia, con indicazione del suo nome e contatti già nell’ordinanza sindacale. Attualmente, la normativa non prevede nemmeno l’obbligo di notifica al diretto interessato, lasciandolo privo di qualsiasi strumento di tutela immediata
    • Informazione chiara e accessibile sui propri diritti: la persona deve essere informata in un linguaggio comprensibile sui mezzi per tutelarsi e impugnare il provvedimento
    • Possibilità di ricorrere senza formalità contro il TSO e successiva convalida, con il supporto del difensore
    • Obbligo per il Giudice Tutelare di esaminare eventuali memorie difensive e rispondere entro 24 ore

2. Limitazione del potere discrezionale e maggiori controlli sul TSO

• Necessità di due certificazioni psichiatriche indipendenti per disporre il TSO, entrambe redatte dopo una visita formale
• Divieto assoluto di somministrare farmaci coattivamente prima della notifica dell’ordinanza sindacale
• Limite massimo di 96 ore rinnovabili solo tre volte per il TSO
• Possibilità per familiari, difensori e associazioni di tutela di accedere al reparto senza restrizioni su richiesta del diretto interessato
• Accesso garantito agli atti per il diretto interessato, il difensore e le associazioni di tutela

3. Stop a violenze e abusi durante la degenza

• Divieto assoluto di contenzione meccanica e farmacologica
• Obbligo di video-sorveglianza in tutte le degenze psichiatriche, con conservazione dei filmati per 6 mesi, visionabili solo su richiesta dell’autorità giudiziaria o in ambito difensivo
• Strutture psichiatriche aperte, con condizioni analoghe agli altri reparti ospedalieri
• Diritto inalienabile alla comunicazione: la persona deve poter ricevere visite e usare mezzi di comunicazione (telefono, internet) senza limitazioni arbitrarie

4. Trasparenza e monitoraggio pubblico

• Ogni TSO viene notificato immediatamente al Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e ristrette
• Obbligo per il Garante di pubblicare annualmente un’anagrafe dei reparti psichiatrici e i dati statistici sui TSO

A chi ci accusa di voler trasformare i reparti psichiatrici in carceri rispondiamo con chiarezza: sono proprio i diretti interessati a chiederlo!

Le persone che hanno vissuto il ricovero coatto – utenti, ex utenti, sopravvissuti alla psichiatria – ci dicono che la vera prigione è già il reparto psichiatrico così com’è oggi: un luogo chiuso, con porte bloccate, guardie giurate all’ingresso e nessuna possibilità di difendersi da abusi e soprusi.

 La videosorveglianza non trasforma il reparto in un carcere, lo rende più sicuro.
Perché mai dovrebbero essere vietate proprio nei reparti dove si verificano più facilmente contenzioni, abusi e trattamenti degradanti?

 Il punto centrale è: chi ha paura della trasparenza? Se un reparto è davvero un luogo di “cura”, perché temere che ciò che accade al suo interno venga documentato?

Il vero problema non è la loro presenza, ma l’idea che un luogo di “cura” possa essere gestito come una prigione senza alcun controllo esterno.

Sostieni la riforma del TSO di ‘Diritti alla Follia’

Per approfondire la proposta di legge di iniziativa popolare sulla riforma del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) e conoscere tutti i dettagli, puoi consultare il testo e la relazione illustrativa al seguente link:

Riforma della procedura di applicazione del Trattamento Sanitario Obbligatorio

👉 Firma la proposta di legge!
La raccolta firme è attiva e puoi sottoscriverla online tramite la piattaforma ufficiale del Ministero della Giustizia. Tutte le informazioni su come partecipare sono disponibili qui: https://bit.ly/4gadjYU

*https://ossnews24.it/oss-accusato-di-violenza-sessuale-su-paziente-psichiatrica-minorenne-a-padova-chiesta-condanna-a-6-anni-e-8-mesi/139280

PADOVA | ABUSI ALLA PAZIENTE PSICHIATRICA MINORENNE: OSS CONDANNATO A SETTE ANNI
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Corte di Appello di Lecce: 1°udienza del processo contro Fabio Degli Angeli e Gabriella Cassano

Diritti alla Follia · 27/05/2024 · Lascia un commento

COMUNICATO STAMPA

Il prossimo 29 maggio, si svolgerà presso la Corte di Appello di Lecce la 1° udienza del processo contro l’avv. Cassano Gabriella, Degli Angeli Fabio, Visconti Cosimo e Filieri Cosimo, accusati di sequestro, circonvenzione, abbandono e sottrazione di Garofalo Spagnolo Marta, 27 enne all’epoca dei fatti, dal 14 al 24 gennaio 2018.

La verità che emerge da numerosi audio e video, che gli imputati hanno portato nel processo unitamente ad altri  documenti, è che Marta, rinchiusa in varie ‘Case Famiglia’ all’età di 20 anni, dal 03 ottobre 2011, è sempre fuggita da queste, chiedendo incessantemente aiuto agli imputati Cassano e Degli Angeli,  i quali hanno scelto l’ascolto, rispetto  all’indifferenza  dei troppi, nei confronti delle drammatiche richieste di aiuto di Marta, vittima anch’essa dell’applicazione della tristemente famosa Legge 6/04  sull’amministrazione di sostegno.

Detti audio e video, che gli imputati hanno chiesto che venissero ascoltati e visionati in aula nel 1° grado, non sono stati vagliati né nelle udienze dibattimentali del processo di 1° grado, né nella sentenza del Giudice dott. Tanisi che non ne fa oggetto di valutazione ed esame, così come non tiene conto della piena capacità di intendere e di volere della ragazza, che è emersa dalle consulenze psichiatriche.

Infine, il 03.11.2022, a soli poco più di 31 anni, Marta, esasperata da anni di internamento, non più tollerabile, compiva un gesto dimostrativo di ribellione, a cui stavolta il suo cuore non reggeva, assumendo massicce dosi di psicofarmaci; sebbene il 25.01.2018 (giorno in cui Marta veniva accompagnata dall’avv. Gabriella Cassano) avesse dichiarato a chiare lettere al Giudice tutelare sostituto di “non voler assumere psicofarmaci perché modificano il suo modo di essere”.

Marta Garofalo Spagnolo era una detenuta sanitaria in quanto privata della propria libertà per oltre 10 anni.

Ritenendo l’avvenimento di pubblico interesse, l’associazione Radicale “Diritti alla Follia“ invita la Stampa locale a  voler  intervenire, per dare conto di un caso giudiziario divenuto emblematico. L’associazione sarà presente, tramite una delegazione, all’udienza del 29 maggio, a partire dalle ore 15:00.

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