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Diritti alla follia

Associazione impegnata sul fronte della tutela e della promozione dei diritti fondamentali delle persone in ambito psichiatrico e giuridico.

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Diritti alla Follia

CONVOCAZIONE ASSEMBLEA STRAORDINARIA DEGLI ISCRITTI ALL’ASSOCIAZIONE RADICALE ”DIRITTI ALLA FOLLIA”: MERCOLEDÌ 16 LUGLIO H.18.00

Diritti alla Follia · 06/07/2025 · Lascia un commento

Si porta a conoscenza di tutte/i le/i signore/i iscritte/i all’associazione radicale “Diritti alla Follia” che, in esecuzione della delibera approvata dalla Assemblea annuale ordinaria degli iscritti, tenutasi a Milano il 14 a domenica 15 dicembre 2024 che annunciava un adeguamento statutario – ai fini e per gli effetti del D. lgs. 3.7.2017 n. 117 e ss. mm. – finalizzato a porsi in linea con il Codice del terzo settore, al fine di acquisire la qualifica di Associazione di Promozione Sociale (APS) e iscriversi al RUNTS (registro unico nazionale terzo settore),viene convocata, in modalità telematica, l’Assemblea straordinaria degli iscritti all’associazione radicale “Diritti alla Follia” nei giorni di: 

mercoledì 16 luglio ore 18.00

per discutere e deliberare sul seguente ordine del giorno:

● approvazione del nuovo statuto;

● nomina organi statutari dell’Associazione;

● stabilire l’ammontare della quota associativa;

● varie ed eventuali

 La bozza definitiva del nuovo statuto è stata allegata via mail agli iscritti.

L’Assemblea si terrà online, con collegamento via Zoom (il link è stato inviato via mail)

 Michele Capano, Presidente

Cristina Paderi, Segreteria

Susanna Brunelli, Tesoriera  

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Comunicato stampa: Processo per la morte di Eugenio Carpanedo, il 16 ottobre prevista la conclusione

Diritti alla Follia · 03/07/2025 · Lascia un commento

E’ prevista il 16 ottobre 2025, dopo il rinvio disposto in data odierna, la conclusione a Venezia, a palazzo Grimani, del processo di appello seguito alla tragica morte di Eugenio Carpanedo, morto asfissiato nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Santorso-Vicenza, dove era divampato un incendio nella notte del 24 marzo 2017.
L’associazione “Cittadinanza e Salute”, anche oggi presente in aula con la Presidente Aida Brusaporco e una rappresentanza di soci, ha cercato di promuovere un accertamento compiuto su quanto accaduto, con particolare riguardo al grave sospetto che Eugenio Carpanedo, resosi protagonista di una serata agitata, fosse stato oggetto di contenzione, e che per questo non sia poi riuscito a mettersi in salvo una volta diffusosi il fumo.
I tre infermieri condannati in primo grado per non avere adeguatamente controllato anche Carpanedo in quella situazione di emergenza sono comunque il segno della consueta volontà di occultare le responsabilità connesse ad una “organizzazione” del reparto che poteva consentire agli stessi di contenere “in autonomia”. Incredibilmente, il giudice di prime cure non ha tuttavia ritenuto provata la contenzione:
1) c’è’ un “braccialetto” bianco sul polso di Carpanedo (ossia una parte di pelle non ustionata)? Per il Giudice non è una fascetta di contenzione ma un braccialetto identificativo dei pazienti (di cui mai si è parlato come usuale nel reparto);
2) gli infermieri, dopo l’ agitazione di Carpanedo in serata, spostano il letto del paziente fuori dal fuoco del monitor che registra ed armeggiano attorno allo stesso? Per il Giudice non lo hanno contenuto in quel frangente, perché non avrebbero avuto ragione di nascondere l’intenzione dal momento che nel reparto era contemplata. Carpanedo però  non si alzerà più, evidentemente lo avevano calmato …

L’avv. Michele Capano, presidente di “Diritti alla Follia” ed avvocato della costituita parte civile Associazione “Cittadinanza e Salute”, ha dichiarato: ” Saremo qui anche il 16 ottobre per seguire l’epilogo di una vicenda che resta “viva” nel ricordo indignato dei veneti solo grazie al grande lavoro di “Cittadinanza e Salute”, che ringraziamo di averci coinvolto, in particolare con l’amico Edoardo Berton. I Vigili del Fuoco, quando accorsero per spegnere l’incendio, trovarono chiusa la porta della stanza di Carpanedo, nella quale l’incendio si era sviluppato. Ci è stato detto che ciò accadde perché si ritenne Carpanedo spacciato, e ci si dedicò a mettere in salvo gli altri pazienti (magari chiudendo la porta per impedire che fumo e fiamme si propagassero). Noi pensiamo che la porta era chiusa perché, trovato Carpanedo morto asfissiato, lo stesso fu “liberato” dalla contenzione e “affidato” a fiamme che cancellassero le tracce dell’accaduto. Torneremo a sostenerlo qui, a Venezia, con “Cittadinanza e Salute” anche il 16 ottobre, sperando che a Palazzo Grimani la Corte d’Appello trovi la forza per metterlo nero su bianco“.



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Diagnosi alla psichiatria

Diritti alla Follia · 23/06/2025 · Lascia un commento

A tutte le vittime della psichiatria

Di Susanna Brunelli

Mi chiamo Susanna, sono un’ESP – Esperta Per Esperienza, e molti ormai mi conoscono.

Vivo a Verona e sono nata nel 1963, ma la mia rinascita è avvenuta il 18 marzo 2019. Fin da piccola ho sempre avuto una propensione naturale verso la relazione d’aiuto: mi veniva spontaneo essere disponibile all’ascolto, probabilmente perché spesso non mi sentivo ascoltata. Ero timida, ma anche molto empatica, e trovavo facilmente un modo per entrare in connessione con le persone.

Oltre al mio sapere esperienziale, ho acquisito una certa dimestichezza con la scrittura. Mi risulta più facile che parlare. La scrittura è un ottimo strumento per elaborare i pensieri e trasferirli, dopo aver riflettuto più volte, e possiede anche un potere terapeutico.

Nel 2019, una volta riacquisita la mia autonomia, è nato spontaneo il desiderio di dare un senso a tutto ciò che avevo vissuto di traumatico ed estremamente destabilizzante. Così, ho iniziato a cercare nella mia rete di conoscenze, partecipando a incontri di vario genere—che riguardassero la crescita personale, la formazione e l’informazione.

Nel mio percorso, ho scoperto Mad in Italy (https://mad-in-italy.com/).

Grazie ad alcuni contenuti che pubblicavo sui social per promuovere una maggiore comprensione pubblica, sono stata contattata dagli amministratori di questo portale di informazione scientifica, con i quali attualmente collaboro. Mi impegno anche a coinvolgere altre persone desiderose di raccontare la propria storia di trasformazione, dopo un periodo di sofferenza.

Poi, fortunatamente, ho conosciuto “Diritti alla Follia” (https://dirittiallafollia.it/)

 Dal 2019, faccio parte di questa associazione, che mi ha fatto conoscere la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD) (https://informareunh.it/la-convenzione-delle-nazioni-unite-sui-diritti-delle-persone-con-disabilita/ )e gli aspetti giuridico-legali collegati ai diritti degli utenti psichiatrici.

Chi è e cosa fa un ESP? È un Esperto Per Esperienza o un Esperto in Supporto tra Pari. 

L’ESP è una persona che ha vissuto un’esperienza nel campo della salute mentale e può diventare un Esperto in Supporto tra Pari dopo aver intrapreso un percorso di recovery, ovvero un percorso di consapevolezza e autoconoscenza, e aver attuato un processo di cambiamento nella propria vita. 

Avendo acquisito un “sapere esperienziale”, si mette a disposizione di chi sta attraversando situazioni simili a quelle vissute personalmente. 

Attraverso le testimonianze di “pari”, mi sono fatta un’idea tutt’altro che rassicurante della psichiatria, che porta molte persone all’esasperazione: diagnosi, farmaci e stigma. Un cocktail davvero difficile da smaltire.

In chiave provocatoria, critica ed emotiva, mi sono chiesta: e se fosse io a fare diagnosi alla psichiatria, anziché la psichiatria alle persone? È evidente che molte cose nel sistema non funzionano. Raramente ho riscontrato risultati incoraggianti e non ci sono evidenze di buoni esiti delle cure somministrate, anche se conosco personalmente casi di persone sopravvissute – i “Survivors”.

Dunque, si può dire che la “psichiatria” ha una doppia, anzi tripla personalità: sociale, sanitaria e giuridica. Tuttavia, questi tre elementi non sono allineati tra loro, e ciò crea una disfunzione nel sistema.

Per quanto riguarda i sintomi, direi che presenta un disturbo comportamentale e difficoltà a relazionarsi. Mostra tratti narcisistici che portano alla svalutazione e alla manipolazione. Questo comportamento limita l’autonomia e l’indipendenza dell’individuo. Con un atteggiamento paternalistico, ostacola la libertà d’azione delle persone coinvolte. Molti rimangono vittime di questo sistema, sentendosi intrappolati e incapaci di reagire. Sono stati trattati casi evidenti e documentati: basta visitare il sito dell’associazione e leggere le testimonianze.

Spesso si riscontrano aspetti fortemente contraddittori, accompagnati da un importante disturbo dell’attenzione e scarsa empatia. Usa le diagnosi come un modo per dare un senso alla propria esistenza. Tende a regredire e mostra scarsa attenzione ai bisogni degli altri. Si difende e si giustifica dicendo che mancano risorse economiche, umane e di tempo. A volte vanta, in alcune aree, un’efficienza nella gestione, ma non è chiaro se questa sia altrettanto efficace.

Mostra poca volontà di comprendere le ragioni dei richiedenti aiuto. Le sue credenze limitanti impediscono un’evoluzione adeguata, come ad esempio la convinzione che uno squilibrio chimico del cervello richieda farmaci per tutta la vita, come l’insulina per il diabete. Non crede abbastanza nel recupero e nell’autonomia delle persone. Inoltre, fatica ad analizzare i contesti e ignora i problemi contingenti dei singoli, così come le cause di episodi di sofferenza psichica, esistenziale ed emotiva, specialmente nelle situazioni di carattere psicosociale.

In alcuni casi adotta un linguaggio discriminante e talvolta minaccioso. Utilizza metodi coercitivi, che mascherano la propria incapacità di gestire situazioni urgenti ed emergenziali, senza riconoscere che tali comportamenti sono disfunzionali. Non ha ancora compreso che un dialogo aperto e rispettoso, che escluda pratiche traumatiche come il TSO, la contenzione e la somministrazione selvaggia di psicofarmaci, è la strada per un profondo cambiamento interno.

Può essere che il disturbo che si presenta alteri la percezione della realtà, rendendo difficile il riconoscimento di questa condizione. Di conseguenza, la “psichiatria” potrebbe non essere pienamente consapevole e in grado di riconoscere lo stato di difficoltà in cui si trova.

Per ottenere buoni risultati terapeutici e una maggiore capacità di gestione della situazione, sarebbe opportuno che la “psichiatria” consultasse persone con esperienza diretta nel campo della salute mentale. In qualità di esperti per esperienza, esse possono fornire consigli e indicazioni importanti sui bisogni e le preferenze di chi si trova in situazioni simili di difficoltà.

Inoltre, togliere le resistenze e aprirsi maggiormente con fiducia potrebbe consentire alla stessa di acquisire un punto di vista diverso: una nuova via verso il cambiamento e l’assunzione di responsabilità.

Se essa non comprende cosa significhi esporsi senza disporre di tutti gli strumenti necessari per aiutare qualcuno in condizioni svantaggiate può essere “pericolosa sia per sé che per gli altri”. Questa disfunzionalità può avere esiti devastanti per molte persone.

La psichiatria, se persiste nel non chiedere un aiuto autentico e nel rifiutare il cambio di paradigma come sua cura necessaria, rischia la cronicità.

 Nulla esclude che la diagnosi possa evolversi e essere modificata nel tempo; per questo motivo, la psichiatria va tenuta sotto osservazione e, se necessario, denunciata alle autorità competenti.

Suggerisco di  dare un’occhiata al progetto “UNSILENCE YOUR VOICE” : https://heyzine.com/flip-book/d74f685642.html

susi-brunelli@gmail.com

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TSO e sentenza 76/2025: la Costituzione chiama, ma le istituzioni rispondono con un link

Diritti alla Follia · 16/06/2025 · Lascia un commento

Di Cristina Paderi

Con la sentenza n. 76 del 30 maggio 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcune disposizioni della legge 833/1978 nella parte in cui non garantiscono che la persona sottoposta a TSO sia:

  • informata del provvedimento;
  • ascoltata dal giudice;
  • messa nelle condizioni di esercitare il proprio diritto di difesa

Una pronuncia storica, che impone un cambio radicale nelle oltre 5000 procedure di TSO applicate ogni anno in Italia. Secondo la Corte, l’incontro tra diretto interessato e giudice tutelare deve avvenire “nel luogo in cui la persona si trova”, ovvero, nella stragrande maggioranza dei casi, in un reparto psichiatrico.

Tuttavia, segnali allarmanti arrivano dalle prime interpretazioni operative.

Le prime indicazioni operative, emerse ad esempio a Cagliari e Bologna, adottano un approccio formalmente rispettoso del dettato costituzionale, ma sostanzialmente problematico.

Il documento dell’ASL 8 di Cagliari prevede infatti che l’audizione del paziente avvenga in SPDC – quindi nel luogo fisico del ricovero – ma attraverso collegamento video con il giudice, senza che quest’ultimo si rechi personalmente in reparto.

Una linea simile è contenuta nelle linee guida del Tribunale di Bologna, dove si chiarisce che:

  • il giudice tutelare ascolta il paziente tramite collegamento audiovisivo su piattaforma Teams, dalla struttura ospedaliera;
  • il personale medico deve garantire condizioni adeguate per una reale interlocuzione;
  • la finestra oraria per l’audizione viene concordata con la struttura, sulla base delle condizioni psichiche del paziente.

In entrambi i casi, si parla quindi di audizione in SPDC, ma con giudice “in remoto”.

Come ha sottolineato Michele Capano, presidente di Diritti alla Follia:

“Questa sentenza ci dice che per mezzo secolo si è applicata una legge incostituzionale. Ma se ora il giudice parla col paziente via video, magari già sedato, allora nulla cambia davvero.”

La proposta di riforma elaborata da Diritti alla Follia insiste su un punto che né la sentenza né le linee guida locali valorizzano abbastanza: la presenza obbligatoria del difensore.

“Il TSO è una forma di privazione della libertà. Come tale, deve prevedere garanzie effettive, a partire dalla difesa tecnica obbligatoria e gratuita.”

Nella proposta dell’associazione:

  • ogni persona sottoposta a TSO ha diritto a un difensore d’ufficio, da nominare subito;
  • è prevista la possibilità di scegliere un avvocato di fiducia;
  • l’udienza non può svolgersi in assenza del difensore;
  • deve essere garantito il contatto tra avvocato e paziente, anche durante il ricovero

L’avvocato non è un optional, ma l’unico soggetto abilitato a verificare che i diritti vengano rispettati. Nessun giudice, medico, tutore o amministratore di sostegno può sostituirsi a questa funzione.

La videopresenza non è presenza. La Corte Costituzionale ha parlato chiaro: il giudice deve incontrare la persona nel luogo dove si trova, non semplicemente “collegarsi”. L’incontro reale serve a valutare:

  • lo stato psichico della persona,
  • la sua capacità di comprendere e opporsi,
  • il contesto familiare o sociale,
  • il rispetto del divieto di trattamenti violenti o degradanti

Per questo chiediamo:

  • che i giudici si rechino fisicamente nei reparti;
  • che gli avvocati siano presenti, competenti e informati;
  • che le autorità non optino per scorciatoie tecniche che svuotano di senso una conquista costituzionale.

👉 Diritti alla Follia continuerà a vigilare affinché la sentenza non resti un documento simbolico, ma diventi realtà quotidiana per tutte le persone coinvolte nei TSO

Allegati: Indicazioni organizzative TSO Tribunale Cagliari – Linee guida Tribunale di Bologna

Indicazioni organizzative nelle procedure di TSO-Tribunale Cagliari – Sentenza Corte Costituzionale n. 76 del 30.05.2025Download

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linee-guida-tribunale-bologna-art.-35-l.-833-78-sen.-corte-cost.-76-25Download

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Dopo mezzo secolo la sentenza della Corte Costituzionale: la normativa che regola il TSO viola la Costituzione

Diritti alla Follia · 16/06/2025 · Lascia un commento

Di L.E.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 76 del 30 maggio 2025, ha sancito ciò che l’Associazione ‘Diritti alla Follia‘ denuncia da anni: l’articolo 35 della legge n. 833 del 23 dicembre 1978 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) che, insieme agli artt. 33 e 34 disciplina il Trattamento Sanitario Obbligatorio, è incostituzionale.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24124 del 9 settembre 2024, aveva sollevato dubbi di conformità costituzionale della normativa del TSO, nello specifico dell’articolo 35, per quanto concerne la mancata previsione di comunicazione del provvedimento al destinatario del provvedimento e l’assenza di garanzie di diritto di difesa e contraddittorio.

Fino ad oggi infatti, le decine di migliaia di cittadini colpiti ogni anno dal provvedimento di trattamento coattivo, non avevano possibilità di difendersi tempestivamente ed efficacemente, in quanto non venivano nemmeno preventivamente informati di essere destinatari di tale grave misura di limitazione della propria libertà, e non veniva loro assicurata la possibilità di far valere le proprie ragioni davanti ad un giudice, assistiti da un difensore.

La Consulta ha correttamente inquadrato la natura del TSO, ovvero quella di trattamento sanitario propriamente coattivo, più che obbligatorio, e ha decretato che pertanto esso richiede lo stesso diritto di contraddittorio previsto per le misure cautelari penali. Occorrerà dunque comunicare il provvedimento sindacale e notificare il decreto di convalida alla persona interessata o al suo legale rappresentante, che andranno auditi prima della eventuale ratifica del Giudice Tutelare.

Attraverso la proposta di legge di riforma del TSO elaborata dalla nostra associazione, Diritti alla Follia, e depositata presso la Corte di Cassazione a novembre dell’anno scorso, miravamo a rendere la procedura del TSO più garantista assicurando fosse in linea con i principi della Costituzione e gli obblighi internazionali assunti dall’Italia.

Con la recente sentenza di cui sopra la Corte Costituzionale ha di fatto suggellato la fondatezza delle rimostranze che in questi anni abbiamo espresso attraverso il nostro attivismo, ritenendo fondata la questione posta dalla Corte di Cassazione nella persona del Procuratore generale e ha annullato l’art. 35 della Legge n. 833/1978 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) nella parte in cui non prevede che il provvedimento del sindaco che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera sia comunicato alla persona sottoposta al trattamento; che la stessa sia sentita dal giudice tutelare prima della convalida; e che il relativo decreto di convalida sia a quest’ultima notificato.

La Corte Costituzionale ha ritenuto che, essendo il TSO “un vero e proprio trattamento sanitario coattivo, in quanto disposto contro la volontà dell’interessato e incidente sulla sua libertà fisica”, deve essere garantito il contraddittorio analogamente a quanto previsto per le misure cautelari penali, necessario per rendere effettive le garanzie costituzionali relative alla libertà personale e al diritto di difesa.

Gli articoli costituzionali richiamati dalla Consulta che ad avviso della stessa sono in sofferenza nella disciplina fino ad oggi prevista dal TSO sono nel dettaglio gli artt.13, 24, 32 e 111.

L’art. 13 è incentrato sulla limitazione della libertà personale, la quale richiede ci sia sempre un’autorità giurisdizionale che, qualora un individuo venga privato della libertà personale, debba operare una valutazione di garanza. Tale valutazione, così come la normativa del TSO è stata inizialmente concepita, non trovava garanzia di effettivo svolgimento, in quanto l’audizione della persona coinvolta da parte del Giudice Tutelare era prevista come mera eventualità, e nella realtà dei fatti non si hanno testimonianze abbia mai avuto luogo. Secondo la Corte Costituzionale – l’audizione in sede di convalida “assume la valenza di strumento di primo contatto, che consente di conoscere le reali condizioni in cui versa la persona interessata, anche dal punto di vista dell’esistenza di una rete di sostegno familiare e sociale”; viene inoltre  sottolineato che la mancata comunicazione al diretto interessato e la sua esclusione dall’audizione rendono il controllo giudiziale “meramente formale”, impedendo di verificare in concreto i presupposti sostanziali del trattamento e violando diritti fondamentali come quello di difesa e di partecipazione al procedimento. Nella sentenza della Consulta viene chiaramente affermato: “Non si oppongono all’obbligo di comunicazione e all’obbligo di audizione le ragioni dell’urgenza connesse alla convalida”, poiché “si tratta di adempimenti connessi alla libertà personale e al nucleo incomprimibile del diritto di difesa “.

La violazione dell’art. 24, che riconosce il diritto di difesa come fondamentale, è stata individuata dalla Corte in quanto al soggetto destinatario di TSO ne è stata fino ad ora sempre negata la garanzia, mentre il richiamo all’art.111 si riferisce alla mancata previsione del diritto al contradditorio dell’individuo all’interno del procedimento: nella pronuncia della Corte viene asserita la sussistenza della capacità processuale della persona sottoposta a TSO, che la legittima al contraddittorio, attraverso il riferimento al principio generale secondo cui “la persona conserva la piena capacità processuale proprio nei procedimenti volti a verificare la sussistenza dei presupposti idonei a condurre a una limitazione della sua capacità di agire, come attestato dalle previsioni in tale direzione dettate per altri giudizi che coinvolgono persone con fragilità psichiche”.

L’insieme di tutte queste lapalissiane criticità giuridiche costituiscono un vero e proprio calpestamento della decantata dignità dell’individuo citata nell’art. Costituzionale n°32.  
Risulta a questo punto ormai assodato che l’impropriamente definita “Legge Basaglia” è stata quindi fin dal suo concepimento incompatibile con i diritti fondamentali previsti dallo Statuto Costituzionale, come hanno tragicamente sperimentato sulla propria pelle le numerose migliaia di persone che, in questi decenni che ci separano dall’entrata in vigore della Legge 833/78, hanno subito aberranti violazioni dei diritti umani ad opera delle istituzioni psichiatriche.

 La tardiva folgorazione sulla via di Damasco che sembra aver colto dapprima gli ermellini della Cassazione e poi i giudici custodi della Costituzione, a cui ironicamente rendiamo il merito di questa importante svolta giurisprudenziale, può essere spiegata con una verosimile maturazione dei tempi socio-politici, come risultato di scontro tra “forze” critiche e riformiste che sono riuscite a “spuntare” un pur ragguardevole successo nei confronti di un establishment psichiatrico conservatore e aggrappato con tutti gli artigli al proprio status di potere.

Il meccanismo giuridico vigente in Italia, che prevede che soltanto un giudice, nell’ambito di un procedimento penale, civile o amministrativo possa adire alla Corte Costituzionale al fine di richiedere una valutazione di costituzionalità di una data norma, ha sicuramente contribuito all’imperdonabile ritardo con cui si è giunti alla censura di una normativa illegale.

Nella fattispecie, il verdetto di incostituzionalità è il risultato dell’accoglimento dei rilievi mossi dal procuratore generale della prima sezione civile della Corte di Cassazione nell’ambito di un procedimento civile avente oggetto un TSO subito da una donna siciliana costituitasi parte lesa. La Cassazione, nella propria interrogazione, ha fatto riferimento al rapporto del Cpt (Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura) che nel 2023 ha segnalato che il TSO in Italia segue un “formato standardizzato e ripetitivo” in cui il Giudice tutelare “non incontra mai i pazienti, che rimangono disinformati circa il loro status legale”.

Nonostante la svolta normativa in senso garantista, che d’ora in avanti vincolerà (almeno formalmente) l’agire degli operatori dei Servizi psichiatrici, non possiamo esimerci dal sollevare più di qualche dubbio in merito all’effettiva implementazione delle direttive delineate nella sentenza n°76/2025.  Il rischio che si profila all’orizzonte è infatti che l’audizione dell’interessato dal provvedimento si risolva con una video-chiamata del giudice a una persona già sedata, a seguito della quale si autorizzerà il TSO, mortificando così la garanzia del controllo sul divieto di violenza fisica e morale da parte del Giudice Tutelare vanificando gli intenti della Corte Costituzionale. Si segnala a questo proposito che il Tribunale di Milano ha inoltrato una comunicazione “a tutti gli ospedali del circondario” chiedendo l’attivazione di un numero di telefono adibito alle videochiamate con i giudici tutelari.

Pur accogliendo positivamente questi recenti sviluppi, constatiamo di dover continuare ad impegnarci affinché sia ottenuto il raggiungimento dei punti indicati nella proposta di riforma messa  a punto dalla nostra Associazione e da noi ritenuti fondamentali: la definizione di criteri oggettivi e giuridicamente definiti e inequivocabili che presuppongano la legittimità del TSO, il divieto di contenzione meccanica e farmacologica (attualmente sistematicamente impiegate nei reparti psichiatrici di diagnosi e cura), la riduzione della durata massima della detenzione sanitaria ed altri ancora che il lettore può scoprire leggendo il testo della proposta di riforma elaborata dalla nostra associazione.

 Qui il link:  https://dirittiallafollia.it/proposte/

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