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Diritti alla follia

Associazione impegnata sul fronte della tutela e della promozione dei diritti fondamentali delle persone in ambito psichiatrico e giuridico.

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Riforma TSO

TSO e sentenza 76/2025: la Costituzione chiama, ma le istituzioni rispondono con un link

Diritti alla Follia · 16/06/2025 · Lascia un commento

Di Cristina Paderi

Con la sentenza n. 76 del 30 maggio 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcune disposizioni della legge 833/1978 nella parte in cui non garantiscono che la persona sottoposta a TSO sia:

  • informata del provvedimento;
  • ascoltata dal giudice;
  • messa nelle condizioni di esercitare il proprio diritto di difesa

Una pronuncia storica, che impone un cambio radicale nelle oltre 5000 procedure di TSO applicate ogni anno in Italia. Secondo la Corte, l’incontro tra diretto interessato e giudice tutelare deve avvenire “nel luogo in cui la persona si trova”, ovvero, nella stragrande maggioranza dei casi, in un reparto psichiatrico.

Tuttavia, segnali allarmanti arrivano dalle prime interpretazioni operative.

Le prime indicazioni operative, emerse ad esempio a Cagliari e Bologna, adottano un approccio formalmente rispettoso del dettato costituzionale, ma sostanzialmente problematico.

Il documento dell’ASL 8 di Cagliari prevede infatti che l’audizione del paziente avvenga in SPDC – quindi nel luogo fisico del ricovero – ma attraverso collegamento video con il giudice, senza che quest’ultimo si rechi personalmente in reparto.

Una linea simile è contenuta nelle linee guida del Tribunale di Bologna, dove si chiarisce che:

  • il giudice tutelare ascolta il paziente tramite collegamento audiovisivo su piattaforma Teams, dalla struttura ospedaliera;
  • il personale medico deve garantire condizioni adeguate per una reale interlocuzione;
  • la finestra oraria per l’audizione viene concordata con la struttura, sulla base delle condizioni psichiche del paziente.

In entrambi i casi, si parla quindi di audizione in SPDC, ma con giudice “in remoto”.

Come ha sottolineato Michele Capano, presidente di Diritti alla Follia:

“Questa sentenza ci dice che per mezzo secolo si è applicata una legge incostituzionale. Ma se ora il giudice parla col paziente via video, magari già sedato, allora nulla cambia davvero.”

La proposta di riforma elaborata da Diritti alla Follia insiste su un punto che né la sentenza né le linee guida locali valorizzano abbastanza: la presenza obbligatoria del difensore.

“Il TSO è una forma di privazione della libertà. Come tale, deve prevedere garanzie effettive, a partire dalla difesa tecnica obbligatoria e gratuita.”

Nella proposta dell’associazione:

  • ogni persona sottoposta a TSO ha diritto a un difensore d’ufficio, da nominare subito;
  • è prevista la possibilità di scegliere un avvocato di fiducia;
  • l’udienza non può svolgersi in assenza del difensore;
  • deve essere garantito il contatto tra avvocato e paziente, anche durante il ricovero

L’avvocato non è un optional, ma l’unico soggetto abilitato a verificare che i diritti vengano rispettati. Nessun giudice, medico, tutore o amministratore di sostegno può sostituirsi a questa funzione.

La videopresenza non è presenza. La Corte Costituzionale ha parlato chiaro: il giudice deve incontrare la persona nel luogo dove si trova, non semplicemente “collegarsi”. L’incontro reale serve a valutare:

  • lo stato psichico della persona,
  • la sua capacità di comprendere e opporsi,
  • il contesto familiare o sociale,
  • il rispetto del divieto di trattamenti violenti o degradanti

Per questo chiediamo:

  • che i giudici si rechino fisicamente nei reparti;
  • che gli avvocati siano presenti, competenti e informati;
  • che le autorità non optino per scorciatoie tecniche che svuotano di senso una conquista costituzionale.

👉 Diritti alla Follia continuerà a vigilare affinché la sentenza non resti un documento simbolico, ma diventi realtà quotidiana per tutte le persone coinvolte nei TSO

Allegati: Indicazioni organizzative TSO Tribunale Cagliari – Linee guida Tribunale di Bologna

Indicazioni organizzative nelle procedure di TSO-Tribunale Cagliari – Sentenza Corte Costituzionale n. 76 del 30.05.2025Download

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Dopo mezzo secolo la sentenza della Corte Costituzionale: la normativa che regola il TSO viola la Costituzione

Diritti alla Follia · 16/06/2025 · Lascia un commento

Di L.E.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 76 del 30 maggio 2025, ha sancito ciò che l’Associazione ‘Diritti alla Follia‘ denuncia da anni: l’articolo 35 della legge n. 833 del 23 dicembre 1978 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) che, insieme agli artt. 33 e 34 disciplina il Trattamento Sanitario Obbligatorio, è incostituzionale.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24124 del 9 settembre 2024, aveva sollevato dubbi di conformità costituzionale della normativa del TSO, nello specifico dell’articolo 35, per quanto concerne la mancata previsione di comunicazione del provvedimento al destinatario del provvedimento e l’assenza di garanzie di diritto di difesa e contraddittorio.

Fino ad oggi infatti, le decine di migliaia di cittadini colpiti ogni anno dal provvedimento di trattamento coattivo, non avevano possibilità di difendersi tempestivamente ed efficacemente, in quanto non venivano nemmeno preventivamente informati di essere destinatari di tale grave misura di limitazione della propria libertà, e non veniva loro assicurata la possibilità di far valere le proprie ragioni davanti ad un giudice, assistiti da un difensore.

La Consulta ha correttamente inquadrato la natura del TSO, ovvero quella di trattamento sanitario propriamente coattivo, più che obbligatorio, e ha decretato che pertanto esso richiede lo stesso diritto di contraddittorio previsto per le misure cautelari penali. Occorrerà dunque comunicare il provvedimento sindacale e notificare il decreto di convalida alla persona interessata o al suo legale rappresentante, che andranno auditi prima della eventuale ratifica del Giudice Tutelare.

Attraverso la proposta di legge di riforma del TSO elaborata dalla nostra associazione, Diritti alla Follia, e depositata presso la Corte di Cassazione a novembre dell’anno scorso, miravamo a rendere la procedura del TSO più garantista assicurando fosse in linea con i principi della Costituzione e gli obblighi internazionali assunti dall’Italia.

Con la recente sentenza di cui sopra la Corte Costituzionale ha di fatto suggellato la fondatezza delle rimostranze che in questi anni abbiamo espresso attraverso il nostro attivismo, ritenendo fondata la questione posta dalla Corte di Cassazione nella persona del Procuratore generale e ha annullato l’art. 35 della Legge n. 833/1978 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) nella parte in cui non prevede che il provvedimento del sindaco che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera sia comunicato alla persona sottoposta al trattamento; che la stessa sia sentita dal giudice tutelare prima della convalida; e che il relativo decreto di convalida sia a quest’ultima notificato.

La Corte Costituzionale ha ritenuto che, essendo il TSO “un vero e proprio trattamento sanitario coattivo, in quanto disposto contro la volontà dell’interessato e incidente sulla sua libertà fisica”, deve essere garantito il contraddittorio analogamente a quanto previsto per le misure cautelari penali, necessario per rendere effettive le garanzie costituzionali relative alla libertà personale e al diritto di difesa.

Gli articoli costituzionali richiamati dalla Consulta che ad avviso della stessa sono in sofferenza nella disciplina fino ad oggi prevista dal TSO sono nel dettaglio gli artt.13, 24, 32 e 111.

L’art. 13 è incentrato sulla limitazione della libertà personale, la quale richiede ci sia sempre un’autorità giurisdizionale che, qualora un individuo venga privato della libertà personale, debba operare una valutazione di garanza. Tale valutazione, così come la normativa del TSO è stata inizialmente concepita, non trovava garanzia di effettivo svolgimento, in quanto l’audizione della persona coinvolta da parte del Giudice Tutelare era prevista come mera eventualità, e nella realtà dei fatti non si hanno testimonianze abbia mai avuto luogo. Secondo la Corte Costituzionale – l’audizione in sede di convalida “assume la valenza di strumento di primo contatto, che consente di conoscere le reali condizioni in cui versa la persona interessata, anche dal punto di vista dell’esistenza di una rete di sostegno familiare e sociale”; viene inoltre  sottolineato che la mancata comunicazione al diretto interessato e la sua esclusione dall’audizione rendono il controllo giudiziale “meramente formale”, impedendo di verificare in concreto i presupposti sostanziali del trattamento e violando diritti fondamentali come quello di difesa e di partecipazione al procedimento. Nella sentenza della Consulta viene chiaramente affermato: “Non si oppongono all’obbligo di comunicazione e all’obbligo di audizione le ragioni dell’urgenza connesse alla convalida”, poiché “si tratta di adempimenti connessi alla libertà personale e al nucleo incomprimibile del diritto di difesa “.

La violazione dell’art. 24, che riconosce il diritto di difesa come fondamentale, è stata individuata dalla Corte in quanto al soggetto destinatario di TSO ne è stata fino ad ora sempre negata la garanzia, mentre il richiamo all’art.111 si riferisce alla mancata previsione del diritto al contradditorio dell’individuo all’interno del procedimento: nella pronuncia della Corte viene asserita la sussistenza della capacità processuale della persona sottoposta a TSO, che la legittima al contraddittorio, attraverso il riferimento al principio generale secondo cui “la persona conserva la piena capacità processuale proprio nei procedimenti volti a verificare la sussistenza dei presupposti idonei a condurre a una limitazione della sua capacità di agire, come attestato dalle previsioni in tale direzione dettate per altri giudizi che coinvolgono persone con fragilità psichiche”.

L’insieme di tutte queste lapalissiane criticità giuridiche costituiscono un vero e proprio calpestamento della decantata dignità dell’individuo citata nell’art. Costituzionale n°32.  
Risulta a questo punto ormai assodato che l’impropriamente definita “Legge Basaglia” è stata quindi fin dal suo concepimento incompatibile con i diritti fondamentali previsti dallo Statuto Costituzionale, come hanno tragicamente sperimentato sulla propria pelle le numerose migliaia di persone che, in questi decenni che ci separano dall’entrata in vigore della Legge 833/78, hanno subito aberranti violazioni dei diritti umani ad opera delle istituzioni psichiatriche.

 La tardiva folgorazione sulla via di Damasco che sembra aver colto dapprima gli ermellini della Cassazione e poi i giudici custodi della Costituzione, a cui ironicamente rendiamo il merito di questa importante svolta giurisprudenziale, può essere spiegata con una verosimile maturazione dei tempi socio-politici, come risultato di scontro tra “forze” critiche e riformiste che sono riuscite a “spuntare” un pur ragguardevole successo nei confronti di un establishment psichiatrico conservatore e aggrappato con tutti gli artigli al proprio status di potere.

Il meccanismo giuridico vigente in Italia, che prevede che soltanto un giudice, nell’ambito di un procedimento penale, civile o amministrativo possa adire alla Corte Costituzionale al fine di richiedere una valutazione di costituzionalità di una data norma, ha sicuramente contribuito all’imperdonabile ritardo con cui si è giunti alla censura di una normativa illegale.

Nella fattispecie, il verdetto di incostituzionalità è il risultato dell’accoglimento dei rilievi mossi dal procuratore generale della prima sezione civile della Corte di Cassazione nell’ambito di un procedimento civile avente oggetto un TSO subito da una donna siciliana costituitasi parte lesa. La Cassazione, nella propria interrogazione, ha fatto riferimento al rapporto del Cpt (Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura) che nel 2023 ha segnalato che il TSO in Italia segue un “formato standardizzato e ripetitivo” in cui il Giudice tutelare “non incontra mai i pazienti, che rimangono disinformati circa il loro status legale”.

Nonostante la svolta normativa in senso garantista, che d’ora in avanti vincolerà (almeno formalmente) l’agire degli operatori dei Servizi psichiatrici, non possiamo esimerci dal sollevare più di qualche dubbio in merito all’effettiva implementazione delle direttive delineate nella sentenza n°76/2025.  Il rischio che si profila all’orizzonte è infatti che l’audizione dell’interessato dal provvedimento si risolva con una video-chiamata del giudice a una persona già sedata, a seguito della quale si autorizzerà il TSO, mortificando così la garanzia del controllo sul divieto di violenza fisica e morale da parte del Giudice Tutelare vanificando gli intenti della Corte Costituzionale. Si segnala a questo proposito che il Tribunale di Milano ha inoltrato una comunicazione “a tutti gli ospedali del circondario” chiedendo l’attivazione di un numero di telefono adibito alle videochiamate con i giudici tutelari.

Pur accogliendo positivamente questi recenti sviluppi, constatiamo di dover continuare ad impegnarci affinché sia ottenuto il raggiungimento dei punti indicati nella proposta di riforma messa  a punto dalla nostra Associazione e da noi ritenuti fondamentali: la definizione di criteri oggettivi e giuridicamente definiti e inequivocabili che presuppongano la legittimità del TSO, il divieto di contenzione meccanica e farmacologica (attualmente sistematicamente impiegate nei reparti psichiatrici di diagnosi e cura), la riduzione della durata massima della detenzione sanitaria ed altri ancora che il lettore può scoprire leggendo il testo della proposta di riforma elaborata dalla nostra associazione.

 Qui il link:  https://dirittiallafollia.it/proposte/

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ABUSI NEI REPARTI PSICHIATRICI: PERCHÉ SERVONO LE TELECAMERE NEGLI SPDC E UNA RIFORMA DEL TSO

Diritti alla Follia · 24/03/2025 · Lascia un commento

L’orribile caso di Padova, in cui un operatore socio-sanitario è stato condannato per aver abusato di una minorenne ricoverata in un reparto psichiatrico, è solo l’ennesima dimostrazione di quanto sia urgente garantire maggiore sicurezza e trasparenza nei reparti psichiatrici. Secondo le informazioni disponibili, l’OSS ha continuato a lavorare nella stessa struttura anche dopo l’emersione delle accuse, venendo semplicemente trasferito in un altro reparto*.

Questa vicenda non è un caso isolato. Gli abusi nei reparti psichiatrici esistono, ma spesso restano nell’ombra. Perché? Perché chi li subisce non viene creduto. Le donne, in particolare, devono affrontare un doppio ostacolo: da un lato, il radicato scetticismo sociale che tende a minimizzare o mettere in dubbio le denunce di violenza; dall’altro, se hanno una diagnosi psichiatrica, il pregiudizio che le vede come inattendibili, confuse, incapaci di distinguere la realtà dalla fantasia. Così, anche quando trovano la forza di denunciare violenze, soprusi o trattamenti disumani, le loro parole vengono troppo spesso ignorate o screditate.

Nel caso di Padova, la verità è emersa solo grazie alla madre della vittima, che ha dato credito ai racconti della figlia e ha avuto il coraggio di denunciare. Ma quante altre storie restano sepolte nel silenzio? Quanti abusi non vengono mai puniti perché le vittime non vengono credute?

L’associazione ‘Diritti alla Follia’ da tempo denuncia le condizioni in cui versano gli SPDC e propone una riforma concreta per la tutela degli utenti psichiatrici. Uno dei punti cardine della nostra proposta è l’installazione di telecamere di sicurezza nei reparti psichiatrici, nel rispetto della privacy ma con la garanzia di un controllo esterno indipendente.

Molte persone da noi intervistate sul tema delle telecamere – iscritti all’associazione, simpatizzanti, utenti, ex utenti e sopravvissuti alla psichiatria – si sono espresse favorevolmente. Secondo la stragrande maggioranza, l’ago della bilancia pende a favore del diritto alla sicurezza piuttosto che del diritto alla privacy.

Troppi utenti psichiatrici hanno vissuto esperienze di violenza e soprusi nei reparti, e la possibilità di avere un controllo visivo rappresenta per loro una garanzia di tutela, non una minaccia. La paura di essere esposti a trattamenti degradanti o coercitivi senza possibilità di dimostrare quanto accaduto pesa molto più del timore di essere ripresi da un sistema di videosorveglianza regolato e accessibile solo in caso di necessità giudiziaria o difensiva.

Le telecamere nei reparti psichiatrici:
✔ Fungerebbero da deterrente contro gli abusi, riducendo il rischio di violenze e maltrattamenti
✔ Garantirebbero la trasparenza, permettendo di verificare eventuali segnalazioni di abusi o comportamenti scorretti
✔ Proteggerebbero sia gli utenti che gli operatori, evitando false accuse e ricostruendo oggettivamente gli eventi in caso di segnalazioni
✔ Darebbero voce a chi oggi non viene creduto, offrendo prove concrete di ciò che accade nei reparti.

Inoltre, la proposta di legge di iniziativa popolare dell’associazione ‘Diritti alla Follia’prevede l’installazione di telecamere non solo per i trattamenti sanitari obbligatori (TSO), ma anche per le degenze volontarie, che spesso di volontario hanno poco o nulla. Questo perché, in molti casi, le degenze cosiddette volontarie sono frutto di pressioni o mancanza di alternative, rendendo gli utenti altrettanto vulnerabili agli abusi.

L’installazione delle telecamere e la riforma del TSO non risolverebbero da sole tutti i problemi degli SPDC, ma sarebbero primi, fondamentali passi verso un sistema maggiormente garantista, più trasparente e più rispettoso dei diritti umani.

Ecco i punti della proposta di riforma fondamentali per prevenire gli abusi nei ricoveri ospedalieri in ambito psichiatrico:

1. Maggiori garanzie procedurali e tutele legali per le persone direttamente coinvolte

  • Nomina obbligatoria di un difensore d’ufficio o di fiducia, con indicazione del suo nome e contatti già nell’ordinanza sindacale. Attualmente, la normativa non prevede nemmeno l’obbligo di notifica al diretto interessato, lasciandolo privo di qualsiasi strumento di tutela immediata
    • Informazione chiara e accessibile sui propri diritti: la persona deve essere informata in un linguaggio comprensibile sui mezzi per tutelarsi e impugnare il provvedimento
    • Possibilità di ricorrere senza formalità contro il TSO e successiva convalida, con il supporto del difensore
    • Obbligo per il Giudice Tutelare di esaminare eventuali memorie difensive e rispondere entro 24 ore

2. Limitazione del potere discrezionale e maggiori controlli sul TSO

• Necessità di due certificazioni psichiatriche indipendenti per disporre il TSO, entrambe redatte dopo una visita formale
• Divieto assoluto di somministrare farmaci coattivamente prima della notifica dell’ordinanza sindacale
• Limite massimo di 96 ore rinnovabili solo tre volte per il TSO
• Possibilità per familiari, difensori e associazioni di tutela di accedere al reparto senza restrizioni su richiesta del diretto interessato
• Accesso garantito agli atti per il diretto interessato, il difensore e le associazioni di tutela

3. Stop a violenze e abusi durante la degenza

• Divieto assoluto di contenzione meccanica e farmacologica
• Obbligo di video-sorveglianza in tutte le degenze psichiatriche, con conservazione dei filmati per 6 mesi, visionabili solo su richiesta dell’autorità giudiziaria o in ambito difensivo
• Strutture psichiatriche aperte, con condizioni analoghe agli altri reparti ospedalieri
• Diritto inalienabile alla comunicazione: la persona deve poter ricevere visite e usare mezzi di comunicazione (telefono, internet) senza limitazioni arbitrarie

4. Trasparenza e monitoraggio pubblico

• Ogni TSO viene notificato immediatamente al Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e ristrette
• Obbligo per il Garante di pubblicare annualmente un’anagrafe dei reparti psichiatrici e i dati statistici sui TSO

A chi ci accusa di voler trasformare i reparti psichiatrici in carceri rispondiamo con chiarezza: sono proprio i diretti interessati a chiederlo!

Le persone che hanno vissuto il ricovero coatto – utenti, ex utenti, sopravvissuti alla psichiatria – ci dicono che la vera prigione è già il reparto psichiatrico così com’è oggi: un luogo chiuso, con porte bloccate, guardie giurate all’ingresso e nessuna possibilità di difendersi da abusi e soprusi.

 La videosorveglianza non trasforma il reparto in un carcere, lo rende più sicuro.
Perché mai dovrebbero essere vietate proprio nei reparti dove si verificano più facilmente contenzioni, abusi e trattamenti degradanti?

 Il punto centrale è: chi ha paura della trasparenza? Se un reparto è davvero un luogo di “cura”, perché temere che ciò che accade al suo interno venga documentato?

Il vero problema non è la loro presenza, ma l’idea che un luogo di “cura” possa essere gestito come una prigione senza alcun controllo esterno.

Sostieni la riforma del TSO di ‘Diritti alla Follia’

Per approfondire la proposta di legge di iniziativa popolare sulla riforma del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) e conoscere tutti i dettagli, puoi consultare il testo e la relazione illustrativa al seguente link:

Riforma della procedura di applicazione del Trattamento Sanitario Obbligatorio

👉 Firma la proposta di legge!
La raccolta firme è attiva e puoi sottoscriverla online tramite la piattaforma ufficiale del Ministero della Giustizia. Tutte le informazioni su come partecipare sono disponibili qui: https://bit.ly/4gadjYU

*https://ossnews24.it/oss-accusato-di-violenza-sessuale-su-paziente-psichiatrica-minorenne-a-padova-chiesta-condanna-a-6-anni-e-8-mesi/139280

PADOVA | ABUSI ALLA PAZIENTE PSICHIATRICA MINORENNE: OSS CONDANNATO A SETTE ANNI
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Deposito in Cassazione della proposta di riforma del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO): invito alla stampa

Diritti alla Follia · 17/11/2024 · Lascia un commento

“Legalizzare” il TSO: adeguamento alla Costituzione e agli obblighi internazionali

 COMUNICATO STAMPA

L’associazione Radicale Diritti alla Follia annuncia un importante appuntamento: giovedì 21 novembre, alle ore 10:30, presso la Corte di Cassazione a Roma, avrà luogo il deposito della proposta di legge di iniziativa popolare per la riforma del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). La proposta si propone di adeguare il TSO psichiatrico alla Costituzione italiana e agli obblighi internazionali sottoscritti dall’Italia, sanando una situazione in cui l’applicazione reale del TSO si colloca fuori dai parametri di legge.

La proposta di riforma trae ispirazione dalla recente ordinanza n. 24124 della Corte di Cassazione, che ha evidenziato gravi violazioni dei diritti costituzionali e internazionali nella normativa attuale sul TSO.

 Oggi, il TSO si trova in una condizione di illegittimità sostanziale, non garantendo i diritti fondamentali delle persone coinvolte, come il diritto all’informazione, al contraddittorio e alla difesa.

La nostra proposta mira a riportare il TSO nell’alveo della legalità, rendendolo conforme agli articoli della Costituzione italiana (artt. 2, 3,13,24, 32 e 111) e agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali sui diritti umani.

Invitiamo quindi i giornalisti interessati a partecipare e a dar voce a questa iniziativa.

La proposta di riforma si ispira a anni di lavoro portati avanti dall’Associazione Diritti alla Follia, spesso osteggiata dal mondo psichiatrico, giudiziario e istituzionale. Questa “legalizzazione” del TSO psichiatrico rappresenta una riforma necessaria per sanare decenni di violazioni sistematiche dei diritti umani, oggi evidenziate anche dalla Suprema Corte la quale ha evidenziato che la normativa vigente non garantisce:

  • Notifiche tempestive e trasparenti del provvedimento di TSO
  • Diritto al contraddittorio, per cui la persona interessata deve essere ascoltata dal Giudice tutelare.
  • Una piena tutela legale, tramite la nomina di un avvocato, anche d’ufficio.
  • Effettività del controllo giurisdizionale, che deve esaminare non solo la correttezza formale, ma anche il merito del provvedimento.

Queste mancanze configurano un rischio di restrizioni arbitrarie della libertà personale, un tema che la Corte Costituzionale non potrà più eludere, anche alla luce delle raccomandazioni del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT).

I punti fondamentali della proposta

La proposta avanzata da Diritti alla Follia riflette fedelmente le necessità emerse dal dibattito giuridico e sociale:

  1. Notifica tempestiva e completa: obbligo di notificare in modo chiaro e immediato il provvedimento di TSO, con documenti completi e indicazione delle possibilità di opposizione
  2. Inserimento dello “stato di necessità” quale elemento essenziale della proposta di TSO: per giustificare l’urgenza degli interventi terapeutici sarà necessario che il medico proponente prima e il convalidante poi, certifichino in che senso le “gravi alterazioni psichiche” siano tali da configurarsi una situazione di stato di necessità ai sensi dell’art 54 del c.p.
  3. Diritto al contraddittorio: la persona interessata deve essere ascoltata dal Giudice tutelare in un’udienza, anche in luoghi di degenza adeguati
  4. Diritto di difesa: obbligo di nominare un avvocato, d’ufficio o di fiducia
  5. Rafforzamento del controllo giurisdizionale: esame non solo formale, ma anche sostanziale delle condizioni del diretto interessato

Questi punti si inseriscono in una tradizione di tutela dei diritti fondamentali che l’Associazione Diritti alla Follia porta avanti dal 2017, nonostante le resistenze e il disinteresse di molti settori istituzionali.

Vi invitiamo a partecipare per contribuire alla diffusione di questa iniziativa.

Per confermare la vostra presenza o per ulteriori informazioni:

  • Email: dirittiallafollia@gmail.com

Roma, 17 novembre 2024
Associazione Radicale Diritti alla Follia

Proposta di riforma della procedura di applicazione del TSO con legge attuale a fronteDownload
Proposta di riforma della procedura di applicazione del TSODownload
24124_2024_ORDINANZA INTERLOCUTORIADownload
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Sorpresa!? Il TSO è incostituzionale: dialogo su una controriforma – Webinar di ‘Diritti alla Follia’

Diritti alla Follia · 22/09/2024 · Lascia un commento

La legge sul Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) è incostituzionale? È questo uno dei temi centrali che affronteremo nel prossimo webinar organizzato dall’Associazione Radicale Diritti alla Follia. Partendo dalla recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 27413/2023 https://dirittiallafollia.it/wp-content/uploads/2024/09/24124_2024_ORDINANZA-INTERLOCUTORIA-1.pdf , che ha sollevato dubbi rilevanti sulla legittimità costituzionale delle attuali norme del TSO, discuteremo dell’urgenza di una riforma per garantire la piena tutela dei diritti delle persone direttamente coinvolte.

Dettagli dell’evento:

  • Data: 2 ottobre 
  • Ora: 16:00 
  • 📍 In diretta su: https://www.facebook.com/DirittiallaFollia

Durante l’incontro, analizzeremo sia l’ordinanza della Corte di cassazione, sia la proposta di legge avanzata dalla nostra associazione per la riforma del TSO. L’obiettivo è rendere il Trattamento Sanitario Obbligatorio una misura che rispetti pienamente i diritti fondamentali della persona coinvolta nella procedura. I temi principali includono:

– Diritto all’informazione tempestiva: La persona deve essere immediatamente informata delle ragioni del suo TSO, della sua durata e delle opzioni di ricorso.

– Diritto al contraddittorio e alla difesa: È essenziale assicurare che ogni individuo sottoposto a TSO possa avere una difesa legale obbligatoria e gratuita, per garantire una vera rappresentanza legale e un controllo giudiziario effettivo.

– Rafforzamento della tutela giurisdizionale: Occorre migliorare i meccanismi di controllo da parte delle autorità competenti, evitando convalide automatiche e rafforzando il monitoraggio tramite il Garante Nazionale dei Detenuti e Ristretti.

Interventi previsti:

– Michele Capano, presidente di ‘Diritti alla Follia’

– Alessandro Attilio Negroni, giurista e professore di Filosofia del Diritto presso l’Università di Genova 

– Gioacchino Di Palma, avvocato 

– Alberto Brugnettini, vicepresidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani 

La necessità di una riforma

La legge del 1978 che regola il TSO presenta molte lacune, come rilevato dalla Corte di Cassazione nella recente ordinanza n. 27413/2023. Le persone sottoposte a TSO non sono adeguatamente coinvolte nel processo decisionale e spesso non ricevono una comunicazione chiara e tempestiva sulla loro condizione.

I controlli da parte delle autorità, come Sindaco e Giudice Tutelare, spesso si limitano a mere formalità.

 Di conseguenza, il TSO diventa una limitazione della libertà personale senza un vero contraddittorio.

L’uso della contenzione e la mancanza di comunicazione con l’esterno aggravano ulteriormente la situazione.

Principali criticità dell’attuale sistema:

1. Mancanza di consapevolezza tra gli operatori sanitari: Il TSO viene spesso considerato una procedura medica di routine, senza riconoscere le sue gravi implicazioni legali.

2. Inefficacia del controllo: Le richieste di TSO sono approvate quasi automaticamente, senza un esame approfondito delle reali necessità della persona.

3. Mancanza di informazione: Le persone sottoposte a TSO spesso non conoscono le ragioni del loro ricovero e non sono informate adeguatamente sui trattamenti che ricevono.

4. Uso di misure coercitive: Pratiche come la contenzione meccanica e farmacologica sono ampiamente utilizzate, anche in mancanza del consenso informato del paziente, in violazione dei diritti delle persone direttamente coinvolte.

 La Proposta di Riforma di ‘Diritti alla Follia’

Per affrontare questi problemi, l’Associazione ‘Diritti alla Follia’ ha avanzato una proposta di riforma che mira a garantire maggiore trasparenza e garanzie per le persone sottoposte a TSO. Tra le modifiche principali proposte:

1. Notifica obbligatoria del provvedimento di TSO: Ogni persona sottoposta a TSO deve ricevere una comunicazione immediata e chiara del provvedimento, con indicazione delle motivazioni e delle possibilità di ricorso.

2. Difesa legale obbligatoria e gratuita: Il diritto alla difesa è fondamentale. Chi è sottoposto a TSO deve poter nominare un avvocato di fiducia o ricevere una difesa d’ufficio per garantire un controllo giurisdizionale effettivo.

3. Limite ai rinnovi del TSO: La proposta introduce un limite ai rinnovi del TSO, stabilendo che il trattamento possa essere rinnovato solo una volta. Questo evita che la misura si prolunghi per periodi indefiniti, garantendo un controllo più rigoroso

4. Stato di necessità come condizione essenziale del TSO: La proposta di TSO deve dimostrare l’urgenza dell’intervento, in conformità con l’art. 54 del codice penale, giustificando la necessità del trattamento come extrema ratio.

5. Divieto di contenzione meccanica e farmacologica: Viene proposto un divieto esplicito dell’uso di strumenti coercitivi.

6. Installazione di telecamere nei reparti psichiatrici: Per garantire maggiore trasparenza e tutela, è previsto l’obbligo di installare telecamere di sorveglianza nei reparti di psichiatria, le cui registrazioni saranno soggette a norme stringenti sulla privacy e utilizzabili solo per garantire il rispetto dei diritti delle persone ricoverate.

Unisciti a noi in diretta il 2 ottobre su Facebook https://www.facebook.com/DirittiallaFollia e partecipa a questo importante dibattito. Il cambiamento è possibile solo se ne siamo parte!

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