Radio Kalaritana ci ha ospitati per parlare di diritti negati in psichiatria e per presentare il Convegno che si terrà a Cagliari il prossimo 12 novembre, dal titolo “Cittadini senza cittadinanza – Diritti negati in psichiatria”.
Abbiamo colto l’occasione per riflettere insieme sulle violazioni dei diritti fondamentali che ancora oggi subiscono molte persone direttamente coinvolte in ambito psichiatrico.
Abbiamo scelto Cagliari perché intendiamo portare anche in Sardegna un momento di confronto pubblico su questi temi. L’iniziativa nasce su proposta della nostra socia sarda Martina Mura, che si è impegnata per organizzarla insieme al Direttivo dell’associazione.
Diritti alla Follia opera a livello nazionale, ma per noi è fondamentale essere presenti anche nei territori, incontrare le persone, ascoltare esperienze dirette, confrontarci con realtà locali e professionisti.
Il titolo del Convegno — “Cittadini senza cittadinanza – Diritti negati in psichiatria”.
mette in luce una contraddizione profonda: molte persone che entrano in contatto con i servizi psichiatrici pubblici, pur essendo cittadini come tutti, non vedono riconosciuti nella pratica i loro diritti fondamentali.
Quando parliamo di diritti negati, ci riferiamo a situazioni molto concrete: non solo al Trattamento Sanitario Obbligatorio, ma anche a tutte quelle circostanze in cui la libera scelta del medico o del luogo di cura viene di fatto preclusa, o in cui la persona non riceve informazioni chiare e comprensibili sui trattamenti che la riguardano.
Questa mancanza di informazione non si manifesta solo durante il TSO, ma anche negli ambulatori, nei reparti psichiatrici e in tutta la successiva presa in carico.
Ci riferiamo poi alla violazione della privacy, quando dati sensibili vengono trattati senza la dovuta riservatezza, e alla coercizione fisica o farmacologica, che purtroppo resta presente in molte strutture.
Sino ad arrivare alla contenzione, cioè all’essere legati al letto per ore o giorni interi — una pratica che dovrebbe essere bandita da qualunque contesto sanitario.
In alcuni casi, abbiamo raccolto anche segnalazioni di abusi fisici e violenze sessuali subiti da persone ricoverate in stato di costrizione, senza che vi sia stato un reale controllo o una possibilità effettiva di difesa.
Il Trattamento Sanitario Obbligatorio dovrebbe essere disposto solo in casi di necessità e urgenza, quando una persona manifesta una grave alterazione psichica, rifiuta le cure e non è possibile intervenire in modo alternativo al ricovero. Serve la proposta di un medico, la convalida di un secondo medico e, infine, l’autorizzazione del sindaco, che agisce come autorità sanitaria. Entro 48 ore, il provvedimento deve essere convalidato dal giudice tutelare, che dovrebbe verificare se ci siano davvero le condizioni previste dalla legge.
Sulla carta, quindi, il TSO è una misura eccezionale e temporanea; nell’attuale normativa i presupposti per il TSO però sono vaghi, i controlli poco efficaci e le garanzie della persona non sono realmente attuabili. Non sempre è garantita la comunicazione con l’esterno o il diritto alle visite, e questo accresce la sensazione di isolamento e impotenza di chi vi è sottoposto. Gli abusi, poi, non si fermano al TSO: si verificano anche prima e dopo, nelle strutture residenziali, nei centri di salute mentale, nelle carceri e nelle REMS.
La recente sentenza n. 76 del 2025 della Corte Costituzionale ha riconosciuto l’incostituzionalità dell’articolo 35 della legge sul TSO, nella misura in cui non garantisce un controllo giurisdizionale effettivo e tempestivo sulla privazione della libertà personale.
La Corte ha ribadito un principio chiaro: nessuna finalità terapeutica può giustificare la sospensione dei diritti fondamentali.
Come associazione, da tempo chiediamo una riforma profonda della legge 833/1978. La nostra proposta di legge di iniziativa popolare mira a introdurre garanzie reali: informazione e notifica obbligatorie del provvedimento alla persona e al suo legale, difesa legale gratuita e obbligatoria sin dall’inizio, audizione diretta della persona da parte del giudice, durata massima di quattro giorni prorogabile solo due volte, divieto assoluto di contenzione fisica e farmacologica, piena tracciabilità dei TSO e accesso delle associazioni di tutela nei reparti.
La riforma si ispira agli standard internazionali indicati dal Comitato ONU, dal CPT e dall’OMS, che chiedono di superare le pratiche coercitive e sostituirle con modelli basati sul consenso, sul sostegno e sull’autodeterminazione.
Diritti alla Follia è un’associazione indipendente, senza fini di lucro, che promuove i diritti di utenti, ex utenti e sopravvissuti alla psichiatria. Abbiamo lanciato campagne come “Se la Tutela diventa Ragnatela” e “Fragile a Chi?!”, curiamo la rubrica “Il Diritto Fragile”, e collaboriamo con reti europee come ENUSP e Mental Health Europe.
Ci occupiamo di segnalazioni di abusi, ricerca giuridica e sociale, e formazione sui diritti e sul consenso informato.
Per conoscere nel dettaglio le nostre attività e le proposte di riforma, potete visitare il nostro sito www.dirittiallafollia.it o seguirci su Facebook, Instagram, YouTube e Telegram.
E vogliamo concludere con le parole pronunciate ai microfoni di Radio Kalaritana:
“Non può esserci ‘salute mentale’ senza consenso”