Di Cristina Paderi
Con la sentenza n. 76 del 30 maggio 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcune disposizioni della legge 833/1978 nella parte in cui non garantiscono che la persona sottoposta a TSO sia:
- informata del provvedimento;
- ascoltata dal giudice;
- messa nelle condizioni di esercitare il proprio diritto di difesa
Una pronuncia storica, che impone un cambio radicale nelle oltre 5000 procedure di TSO applicate ogni anno in Italia. Secondo la Corte, l’incontro tra diretto interessato e giudice tutelare deve avvenire “nel luogo in cui la persona si trova”, ovvero, nella stragrande maggioranza dei casi, in un reparto psichiatrico.
Tuttavia, segnali allarmanti arrivano dalle prime interpretazioni operative.
Le prime indicazioni operative, emerse ad esempio a Cagliari e Bologna, adottano un approccio formalmente rispettoso del dettato costituzionale, ma sostanzialmente problematico.
Il documento dell’ASL 8 di Cagliari prevede infatti che l’audizione del paziente avvenga in SPDC – quindi nel luogo fisico del ricovero – ma attraverso collegamento video con il giudice, senza che quest’ultimo si rechi personalmente in reparto.
Una linea simile è contenuta nelle linee guida del Tribunale di Bologna, dove si chiarisce che:
- il giudice tutelare ascolta il paziente tramite collegamento audiovisivo su piattaforma Teams, dalla struttura ospedaliera;
- il personale medico deve garantire condizioni adeguate per una reale interlocuzione;
- la finestra oraria per l’audizione viene concordata con la struttura, sulla base delle condizioni psichiche del paziente.
In entrambi i casi, si parla quindi di audizione in SPDC, ma con giudice “in remoto”.
Come ha sottolineato Michele Capano, presidente di Diritti alla Follia:
“Questa sentenza ci dice che per mezzo secolo si è applicata una legge incostituzionale. Ma se ora il giudice parla col paziente via video, magari già sedato, allora nulla cambia davvero.”
La proposta di riforma elaborata da Diritti alla Follia insiste su un punto che né la sentenza né le linee guida locali valorizzano abbastanza: la presenza obbligatoria del difensore.
“Il TSO è una forma di privazione della libertà. Come tale, deve prevedere garanzie effettive, a partire dalla difesa tecnica obbligatoria e gratuita.”
Nella proposta dell’associazione:
- ogni persona sottoposta a TSO ha diritto a un difensore d’ufficio, da nominare subito;
- è prevista la possibilità di scegliere un avvocato di fiducia;
- l’udienza non può svolgersi in assenza del difensore;
- deve essere garantito il contatto tra avvocato e paziente, anche durante il ricovero
L’avvocato non è un optional, ma l’unico soggetto abilitato a verificare che i diritti vengano rispettati. Nessun giudice, medico, tutore o amministratore di sostegno può sostituirsi a questa funzione.
La videopresenza non è presenza. La Corte Costituzionale ha parlato chiaro: il giudice deve incontrare la persona nel luogo dove si trova, non semplicemente “collegarsi”. L’incontro reale serve a valutare:
- lo stato psichico della persona,
- la sua capacità di comprendere e opporsi,
- il contesto familiare o sociale,
- il rispetto del divieto di trattamenti violenti o degradanti
Per questo chiediamo:
- che i giudici si rechino fisicamente nei reparti;
- che gli avvocati siano presenti, competenti e informati;
- che le autorità non optino per scorciatoie tecniche che svuotano di senso una conquista costituzionale.
👉 Diritti alla Follia continuerà a vigilare affinché la sentenza non resti un documento simbolico, ma diventi realtà quotidiana per tutte le persone coinvolte nei TSO
Allegati: Indicazioni organizzative TSO Tribunale Cagliari – Linee guida Tribunale di Bologna
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