*Di Federico Valenti
L’amministrazione di sostegno è un istituto previsto dal codice civile italiano nato per tutelare le persone che non sono in grado di provvedere alla gestione dei propri interessi. Questo strumento permette o dovrebbe permettere (come vedremo in seguito la realtà è ben diversa) di supportare la persona lasciandogli però una certa autonomia a differenza dell’interdizione. L’intervento del giudice tutelare dovrebbe infatti garantire equilibrio tra tutela e rispetto dell’autodeterminazione del beneficiario.
La definizione normativa
L‘articolo 404 del Codice Civile prevede che l’amministrazione di sostegno sia una misura di protezione rivolta a coloro che, in tutto o in parte, temporaneamente o permanentemente, si trovano nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi a causa di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica. La nomina di un amministratore di sostegno, finalizzata alla tutela della persona e del suo patrimonio, è disposta dal giudice tutelare. Il procedimento può essere avviato su istanza dello stesso beneficiario, dei suoi familiari o dei responsabili dei servizi sanitari e sociali, i quali possono segnalare la necessità di protezione al giudice tutelare.
La nomina
L’articolo 405 del Codice Civile stabilisce che il giudice tutelare, ricevuto il ricorso, provvede alla nomina dell’amministratore di sostegno con decreto motivato, adottato entro sessanta giorni dalla presentazione della richiesta. Il decreto è immediatamente esecutivo. In caso di necessità e urgenza, il giudice può nominare un amministratore di sostegno provvisorio. La decisione deve contenere l’indicazione delle generalità del beneficiario e dell’amministratore, la durata dell’incarico, che può essere determinata o indeterminata, e l’elenco specifico degli atti che l’amministratore è autorizzato a compiere in nome e per conto del beneficiario. Il provvedimento deve inoltre definire i limiti di spesa, le modalità di gestione del patrimonio e l’obbligo di rendicontazione periodica al giudice tutelare.
Il procedimento
L’articolo 407 del Codice Civile stabilisce che il ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno deve contenere le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale, le ragioni su cui si basa la richiesta e l’indicazione del coniuge, della parte dell’unione civile, del convivente di fatto, dei parenti entro il quarto grado e degli affini entro il secondo grado. Il giudice tutelare è tenuto ad ascoltare personalmente il beneficiario, salvo che ciò risulti impossibile a causa di impedimenti oggettivi. Nel procedimento, il giudice valuta i bisogni e le richieste del beneficiario, garantendo un equilibrio tra protezione e autonomia, e vigila sulla corretta applicazione delle misure di tutela.
I criteri di scelta
L’articolo 408 del Codice Civile stabilisce i criteri per la scelta dell’amministratore di sostegno. Il giudice deve tener conto esclusivamente della cura e degli interessi del beneficiario. Quest’ultimo può designare anticipatamente il proprio amministratore con un atto pubblico o una scrittura privata autenticata. In assenza di una designazione, il giudice preferisce, ove possibile, il coniuge non separato legalmente, la parte dell’unione civile, il convivente di fatto, i genitori, i figli, i fratelli o altri parenti entro il quarto grado. Non possono essere nominati amministratori di sostegno gli operatori di servizi pubblici o privati che abbiano in cura o assistano il beneficiario, salvo che si tratti di familiari e il giudice lo ritenga opportuno. In ogni caso, il giudice può nominare una persona idonea se ciò risponde meglio agli interessi del beneficiario.
Gli effetti dell’amministrazione
Secondo l’articolo 409 del Codice Civile, il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono l’intervento esclusivo o l’assistenza dell’amministratore di sostegno. In particolare, il beneficiario può compiere autonomamente gli atti necessari per le esigenze della vita quotidiana. L’amministratore di sostegno interviene solo negli atti per i quali è stato specificamente autorizzato dal giudice, secondo quanto stabilito nel decreto di nomina.
I doveri dell’amministratore di sostegno
Secondo l’articolo 410 del Codice Civile, l’amministratore di sostegno deve operare nel rispetto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, agendo nell’interesse esclusivo di quest’ultimo. È tenuto a informare il beneficiario sugli atti che intende compiere e deve consultare il giudice tutelare in caso di disaccordo. Se l’amministratore di sostegno agisce in modo negligente o dannoso, il giudice può revocarlo su segnalazione del beneficiario, dei familiari, del pubblico ministero o di altri soggetti interessati.
L’articolo 411 stabilisce che la durata dell’incarico non può superare i 10 anni, salvo eccezioni per il coniuge, il convivente stabile o un parente stretto, per i quali può essere prevista una durata superiore.
Gli atti annullabili
Gli articoli 412 e 413 del Codice Civile disciplinano l’annullamento degli atti compiuti dall’amministratore di sostegno oltre i poteri concessi. L’articolo 412 stabilisce che gli atti compiuti dal beneficiario in violazione delle limitazioni stabilite nel decreto di nomina possono essere annullati su richiesta dell’amministratore di sostegno, del pubblico ministero o di chiunque vi abbia interesse.
La revoca dell’amministratore di sostegno
L’articolo 413 del Codice Civile prevede che la revoca dell’amministrazione di sostegno possa essere richiesta dal beneficiario, dall’amministratore di sostegno, dal pubblico ministero o dai familiari indicati nell’articolo 406.
Il giudice tutelare provvede con decreto motivato, dopo aver svolto le necessarie verifiche.
L’amministrazione di sostegno cessa quando si dimostra inadeguata alla tutela del beneficiario. In tal caso, se le condizioni del beneficiario lo richiedono, il giudice può disporre l’apertura di un procedimento di interdizione o inabilitazione.
La Riforma Cartabia ha apportato significative modifiche alla disciplina dell’amministrazione di sostegno nel codice di procedura civile italiano. In particolare, ha introdotto il Titolo IV-bis nel Libro Secondo, intitolato “Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie”, all’interno del quale il Capo III, Sezione III, è dedicato ai “Procedimenti di interdizione, di inabilitazione e di nomina di amministratore di sostegno”. L’articolo 473-bis.58 stabilisce che ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della presente sezione. Inoltre, la riforma prevede che i decreti del giudice tutelare siano reclamabili al tribunale, mentre quelli emessi dal tribunale in composizione collegiale possono essere impugnati in Cassazione.
Le prassi
La procedura descritta sopra rappresenta la corretta assegnazione dell’amministratore di sostegno, ma spesso la realtà è ben diversa dalla legge. La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) ha evidenziato le criticità dei sistemi di protezione giuridica, tra cui l’uso eccessivo delle istituzioni, la scarsa qualità della vita dei beneficiari e la presenza di pratiche illegali. L’amministrazione dei servizi di supporto si rivela spesso inefficace, con professionisti che tendono a privilegiare i propri interessi anziché quelli dei beneficiari.
Le rovinose e abusive necessità e facilità dell’implementazione dell’amministrazione di sostegno
Questa ideologia di protezione delle persone fragili ha portato a una pratica inefficiente e propagandata che spesso complica i problemi anziché risolverli. L’amministrazione di sostegno viene adottata senza considerare soluzioni familiari meno invasive e i suoi effetti reali sono spesso sconosciuti. Le persone coinvolte non sono quasi mai consapevoli dei suoi limiti, dei processi burocratici e dei costi. Una volta avviata, è difficile da interrompere, soprattutto per anziani o persone con disabilità psicosociali. Il processo può essere semplificato per consentire comunicazioni informali, sollevando preoccupazioni sulla supervisione e sull’efficacia. L’istituto, nella sua forma attuale, viola i diritti fondamentali di chi ha una limitata autonomia. Le regole di applicazione e funzionamento sono sistematicamente trascurate e violate dai giudici tutelari italiani, nonostante le raccomandazioni dell’ONU.
I principali problemi sono:
- Aumento delle nomine di amministratori di sostegno senza l’audizione dei beneficiari;
- Sottovalutazione dell’impatto emotivo e psicologico da parte dei giudici tutelari;
- Effetti devastanti sull’individualità e la dignità dei soggetti coinvolti;
- Critica mancanza di intelligenza emotiva nel sistema;
- Necessario affiancamento di esperti in psicologia ai giudici;
- Nomina di amministratori di sostegno a figure non adeguate al contesto attuale.
La preferenza del beneficiario deve essere rispettata anche nei casi di conflitto familiare o con i servizi socio-sanitari. Il ruolo del proponente nella richiesta di amministrazione di sostegno deve fermarsi alla presentazione del ricorso giudiziale, senza diritto di indicare un fiduciario. Quest’ultimo deve essere una persona di estrema fiducia per il diretto interessato e non può essere scelto dai familiari o dai servizi sociali in presenza di un conflitto. Il giudice tutelare non deve assumere il ruolo di mediatore familiare, poiché la limitazione della capacità di agire deve sempre rispettare la volontà del singolo.
La preferenza deve essere individuata anche nei casi di limitata o assente capacità di comunicazione del beneficiario
Il giudice tutelare deve concentrarsi sulla volontà del beneficiario anche in caso di comunicazione limitata. La decisione deve mirare, come indicato dalla giurisprudenza, a ricostruire la volontà della persona.
Le criticità dell’amministrazione di sostegno
- La professione di amministratore di sostegno L’istituto dell’amministrazione di sostegno in Italia ha generato preoccupazioni per le violazioni dei diritti fondamentali delle persone con disabilità e ha creato una vera e propria “professione”. Il bisogno di tali amministratori può favorire interessi legati ai giudici tutelari, che sfruttano conflitti e difficoltà nella gestione dei beneficiari.
- Il problema del numero di assistiti da un solo amministratore La gestione di un numero eccessivo di beneficiari da parte di un singolo amministratore compromette la qualità dell’assistenza e genera rendite elevate per l’amministratore, a scapito dei beneficiari. L’amministrazione di sostegno dovrebbe essere gratuita, come accadrebbe se fosse affidata a familiari o persone di fiducia.
- La caccia al beneficiario più ricco e fragile Si denuncia la crescente diffusione dell’amministrazione di sostegno come strumento per appropriarsi dei patrimoni degli anziani. L’indennità del giudice tutelare aumenta con la complessità e la dimensione del patrimonio da gestire, rendendo gli anziani facoltosi obiettivi appetibili. La loro fragilità viene spesso sfruttata per giustificare l’imposizione di un amministratore di sostegno esterno, spesso proposto da servizi socio-sanitari con interessi economici.
- L’effettiva dimensione dell’affare “amministrazione di sostegno” L’amministratore di sostegno sostituisce il beneficiario in tutte le decisioni, dalla scelta di un badante a quella di un commercialista, creando un indotto economico che penalizza la libertà del beneficiario.
- Il concreto funzionamento dell’amministrazione di sostegno L’estraneità dell’amministratore di sostegno al vissuto del beneficiario genera conflitti e difficoltà nella gestione quotidiana. Il beneficiario vive con insofferenza la dipendenza, contesta le decisioni dell’amministratore e cerca di ottenere giustizia dal giudice tutelare. L’amministratore diventa il bersaglio dei conflitti familiari, coinvolgendo il giudice tutelare in ogni scelta non condivisa.
- La secretazione della procedura del fascicolo telematico Una pratica diffusa nei procedimenti di amministrazione di sostegno è la secretazione del fascicolo telematico. Questo impedisce ai familiari e, spesso, allo stesso beneficiario, di accedere ai documenti e contestare eventuali decisioni.
- L’isolamento del beneficiario In alcuni casi, l’amministrazione di sostegno diventa uno strumento di controllo e limitazione della libertà del beneficiario, collocato in strutture come RSA o comunità alloggio. Queste strutture, per incentivare l’amministratore e il giudice tutelare, minimizzano i problemi e silenziano le lamentele del beneficiario.
- Il disastro finanziario Il sistema attuale porta a un disastro finanziario per chi mette in discussione le decisioni, costringendolo ad assumere avvocati e consulenti per essere ascoltato dal giudice tutelare. Nel frattempo, terzi soggetti traggono profitto dalla procedura, traendo guadagni dagli amministratori di sostegno, dai consulenti nominati dal tribunale e persino dai giudici tutelari.
Per testimonianze sulla realtà dell’amministrazione di sostegno, invitiamo i lettori a visitare il nostro canale YouTube per ascoltare direttamente le esperienze di chi l’ha vissuta https://youtube.com/@associazioneradicalediritt5504?si=3MHMTP1FjfwTZ3dA
✍ Firma entrambe le proposte di Legge di ‘Diritti alla Follia’ online 👉 https://bit.ly/4gadjYU
*Federico Valenti (Milano, 30 maggio 1999) studia giornalismo presso la scuola di Panorama e scrive per un magazine. Da sempre appassionato di informazione, storia, politica ed esteri, dedica il suo tempo all’analisi e alla divulgazione.
È attivamente impegnato nelle battaglie sociali, in particolare come membro dell’associazione Diritti alla Follia con cui collabora come editor e co-conduttore della rubrica “Rassegna Stampa”, contribuendo alla diffusione di notizie e approfondimenti.
Fonti:
Codice civile sull’amministrazione di sostegno: L’articolo 404 del Codice Civile italiano disciplina l’istituto dell’amministrazione di sostegno. Puoi consultare il testo completo qui: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2004/01/19/004G0017/sg
Documento di “Diritti alla Follia”: L’associazione “Diritti alla Follia” ha pubblicato un documento intitolato “La realtà dell’amministrazione di sostegno in Italia”, che analizza criticità e funzionamento dell’istituto. Il documento è disponibile ai seguenti link: https://dirittiallafollia.it/wp-content/uploads/2021/06/La-realta-dellamm-di-sostegno-in-Italia.pdf
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