Lo inviai al Foglio, che mi aveva pubblicato da poco un articolo di tema epistemologico, niente.
Lo inviai a Nicola Porro, che mi ha sempre pubblicato, niente.
Eppure posi in evidenza come lo psichiatra abbia più poteri coercitivi di un magistrato e come dove non arriva il diritto penale arriva il diritto sanitario, con la clausola di “anomalie comportamentali”.
Si vede che il tema non interessa.
Fortunatamente, è in declino il costume di quegli utenti di Facebook, i quali, di fronte a commenti che non condividono, lanciano l’invocazione “TSO subito!”. Facebook punisce chi si lasci andare ad insulti nei confronti dell’interlocutore, ma, in tal caso, il sacro algoritmo non ha ancora introiettato che augurare un TSO a qualcuno non è come augurargli buon week end: un TSO rappresenta pur sempre un’aggressione al corpo di una persona per invocati motivi sanitari, che già detto così appare brutto, dato che evoca scenari da guerra fredda, quando ci raccontavano che nel lontano oriente europeo la psichiatria era uno strumento di repressione del dissenso.
Nessuno pensa che da noi possa avvenire nulla di simile, tuttavia alcune puntualizzazioni si rendono necessarie, soprattutto dopo che la rinomata “Rivista di Psichiatria” ha pubblicato un saggio di un tal prof. Bersani, il quale rivendicava un ruolo attivo per lo psichiatra nella gestione della pandemia, in modo da porre in condizione di non nuocere no vax e negazionisti, inovazione che a qualcuno è apparsa inquietante.
Cerchiamo quindi di capire che cosa sia e come funzioni il trattamento sanitario obbligatorio secondo la normativa vigente e secondo la prassi psichiatrica. Secondo la disciplina precedente, la legge Giolitti del 1904 (Disposizioni sui manicomi e sugli alienati), dovevano essere custodite e curate nei manicomi le persone soggette ad alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri”.
Negli anni ’70, i radicali avevano promosso un referendum per abrogare tale norma in nome dei principi basagliani, con la conseguenza che, al fine di evitare il referendum -prassi del tutto italiana, per la quale è occupazione della politica preoccuparsi di “evitare i referendum”-, venne approvata la legge detta appunto Basaglia, poi riversata nella riforma sanitaria del 1978.
Ne è uscito però un testo normativo tutt’altro che perfetto, il quale ha figliato una prassi ancora peggiore, con l’avallo delle stesse correnti progressiste del mondo psichiatrico: vale a dire che, nell’apprezzabile intento di scindere il concetto di paziente psichiatrico da quello di “pericolosità”, allo scopo di sottrarre al paziente lo stigma dell’essere soggetto pericoloso per definizione, si è abrogato contro ogni logica il fondamentale inciso “quando siano pericolose a sé o agli altri”, con la conseguenza di avere, nella prassi psichiatrica, legittimato i trattamenti sanitari obbligatori anche nei confronti dei soggetti non pericolosi, il che è un assurdo.
L’opinione pubblica è infatti convinta che il provvedimento di TSO sia, come la Corte di Cassazione ha del resto stabilito dovrebbe essere, un’extrema ratio riferita a situazioni di pericolo imminente, conseguente ad atteggiamenti incontrollati di soggetti in preda a raptus o simili. E invece nella prassi non si tratta affatto di questo: lo psichiatra dispone i trattamenti sanitari obbligatori tutte le volte che ritiene di dovere imporre delle cure, senza alcuna considerazione del diritto al consenso informato e del diritto, riconosciuto dalla legge, di rifiutare le cure: in questo senso è stata interpretata l’abrogazione del requisito esplicito della pericolosità, aprendo lo spazio ad ogni arbitrio in violazione del principio dell’habeas corpus.
Capita così che lo psichiatra abbia di fatto poteri di disposizione della libertà personale del cittadino maggiori rispetto a quelli di un magistrato: il magistrato, infatti, deve operare nell’ambito del rispetto di un rigoroso, almeno in teoria, principio di legalità, essendo i reati da colpire un elenco improntato al principio di tipicità: vale a dire che i reati sono quelli, e non se ne possono inventare a piacere.
Al contrario, lo psichiatra non è vincolato da nulla di simile, e quindi ritiene di potere esercitare poteri di compressione dei diritti fondamentali dei cittadini a propria piena discrezione, e dove non arriva il diritto penale, arriva il diritto sanitario: ad esempio, abbiamo assistito a TSO disposti per “anomalie comportamentali”. Che cosa saranno mai queste anomalie comportamentali? Perché, se si tratta di reati, sarà compito della magistratura e delle forze dell’ordine intervenire per impedirne il compimento o per reprimerli; ma se si tratta di comportamenti penalmente leciti, su quali basi uno psichiatra può disporre provvedimenti restrittivi della libertà personale a fronte di condotte perfettamente lecite, solo perché ha stabilito che l’”anomalo” deve essere curato a forza?
Come si vede, siamo di fronte a un istituto che cammina sul filo del rasoio, situazione aggravata dagli atteggiamenti culturali conservatori del mondo psichiatrico, pur quando “di sinistra” -è noto come il moralismo di sinistra possa essere micidiale nel ritenere la necessità che certi comportamenti “eccentrici” siano repressi in quanto “non conformi” a qualche imprecisato standard etico-; siamo di fronte oltretutto a un ambiente del tutto ignaro di quali siano i principi fondamentali in materia di diritti individuali in una società liberal-democratica, nella quale non risulta che allo psichiatra, nell’ambito della divisione dei poteri, sia mai stata assegnata alcuna legittimazione ad amministrare i diritti dei cittadini sulla base di propri discrezionali criteri di giudizio.
La verità è che, avendo il legislatore abrogato l’inciso sulla “pericolosità”, lo psichiatra ha pensato di essersi visto ampliato e non ridotto il proprio potere di intervento, e oggi la categoria difende con le unghie e con i denti un tale effetto forse inintenzionale di un cattivo modo di legiferare.
Che cosa direbbe oggi Basaglia di un simile guazzabuglio creato in suo nome? Sarebbe interessante saperlo, ma ovviamente la nostra curiosità non potrà mai essere soddisfatta: possiamo però pretendere che una tale situazione non sia sottovalutata e venga costantemene monitorata dalle forze politiche più attente ai diritti dei cittadini, sempre che ancora ve ne siano.
TSO
Comunicato stampa
Rapporto al Governo italiano sulla visita periodica in Italia effettuata dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) dal 28 marzo all’8 aprile 2022
L’associazione radicale ‘Diritti alla Follia’ tra le organizzazioni non governative consultate.
Nella Relazione sulla visita in Italia dal 28 marzo all’8 aprile 2022
il Comitato per la Prevenzione della Tortura (CPT),
organismo collegato al Consiglio d’Europa,
ha espresso una serie di Raccomandazioni specifiche sulle garanzie legali
relative alla procedura di TSO.
L’Associazione “Diritti alla Follia” ha tradotto
ed esaminato questa Relazione.
E’ possibile consultarla nella versione originale sul sito del CPT.
Alleghiamo al Comunicato il documento contenente
un sunto delle Raccomandazioni.
Il Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti è un organo del Consiglio d’Europa che, per quanto attiene specificamente l’ambito psichiatrico, ha svolto la sua quinta visita in Italia. Il Comitato ha un ruolo persuasivo nei confronti degli Stati, si limita ad ispezioni e segnala le criticità che rileva rispetto agli standard dei diritti fondamentali esistenti a livello europeo consacrati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Le criticità vengono manifestate attraverso delle Raccomandazioni inviate agli Stati.
Le Raccomandazioni all’Italia si sono andate ripetendo dal 2004 al 2016, le ultime sono indicate nel rapporto del 2023 e si riferiscono alle visite del 2022.
Rispetto a queste ultime Raccomandazioni, così come per le precedenti, abbiamo riscontrato una sostanziale coincidenza tra quello che il Comitato per la Prevenzione della Tortura predica e quello che è il contenuto della proposta di riforma del trattamento sanitario obbligatorio di cui ci siamo resi elaboratori e protagonisti in questi anni. Ovviamente queste Raccomandazioni si sono andate ripetendo nel corso degli anni perché il Comitato nelle visite registrava che nulla era cambiato, ma questo tipo di sollecitazione non è mai entrata neanche nel dibattito istituzionale.
Grazie al CPT abbiamo un’opportunità straordinaria per segnalare come le nostre non siano affatto tesi estremistiche tese in qualche modo a mettere i bastoni tra le ruote all’interno di una procedura che si afferma avere delle finalità e delle caratteristiche esclusivamente sanitarie, in cui la presenza dell’avvocato, dell’udienza, del foglio informativo, della possibilità di visita, non rappresenterebbero altro che un ignorante intralcio nell’ attuazione di un trattamento terapeutico!
Parliamo di diritti fondamentali della persona e di Raccomandazioni che, alla luce del quadro normativo delineato dalla stessa Corte europea dei diritti dell’uomo, vengono ritenute cruciali nell’ambito della coercizione psichiatrica e che aspettano di essere effettivamente attuate.
Si tratta di Raccomandazioni negate alla conoscenza anche degli operatori del settore e questa è un’attività cruciale che ci aspetta nei prossimi mesi:
questo è quello che si muove riguardo al trattamento sanitario obbligatorio.
Roma lì 27 marzo 2023
Michele Capano, presidente
Cristina Paderi, segretaria
VERSO LA FEDERAZIONE
Le associazioni interessate a partecipare possono inviare una mail a dirittiallafollia@gmail.com
PROPOSTA DI UNA “FEDERAZIONE” TRA ASSOCIAZIONI/FONDAZIONI/COMITATI/MOVIMENTI ED ALTRE REALTÀ ORGANIZZATE, OPERANTI SUL PIANO NAZIONALE E/O LOCALE E CHE SIANO INTERESSATE A:
- PROMUOVERE IL RISPETTO DEI DIRITTI FONDAMENTALI DI CUI ALLA CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ (CRPD);
- RIFORMARE GLI ISTITUTI GIURIDICI DEL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO, DELL’ AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO, E DELLE MISURE DI SICUREZZA PER I NON IMPUTABILI;
- RIFORMARE I DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE E GLI STRUMENTI DI WELFARE ALLO STATO ESISTENTI
Carissime e carissimi destinatari (referenti di associazioni, fondazioni, movimenti, comitati etc.), con la presente nota l’ Associazione “Diritti alla Follia” si augura di avviare un percorso diretto alla nascita di una Federazione che riunisca le forze e le idee di quanti intendono proporre un “cambio di paradigma” nella legislazione e nell’attività amministrativa (a partire dalla cultura delle cittadine e dei cittadini che è all’origine di entrambe) che concernono il “disagio diffuso”, in particolare quello psicosociale.
Nell’ambito delle attività pubbliche afferenti a tale tema, ci troviamo di fronte a fenomeni di sistematica lesione dei diritti fondamentali della persona e ad un approccio esclusivamente sanitario a tale “disagio”, laddove nuove politiche, normative e prassi vanno introdotte in coerenza con l’approccio della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD). La legge 3 marzo 2009, n. 18, con cui il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione, sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007, risulta allo stato inattuata. La possibilità che la “rivoluzione copernicana” dettata dalla CRPD possa compiersi, come da ultimo ha ricordato il Comitato permanente della CRPD rivolgendosi all’Italia, sono legate ad una vera e propria necessaria “alfabetizzazione” degli operatori della cosiddetta “salute mentale” coinvolti sul piano sociale, sanitario, giudiziario, amministrativo (e magari familiare) nell’attività su questi temi.
In accordo alla CRPD, occorre una gigantesca opera di “recupero” del consenso delle persone cui sono dirette le politiche di “salute mentale”, una drastica opera tesa a garantire le condizioni perché tutti i cittadini vedano garantito il diritto di far valere le proprie ragioni a fronte di provvedimenti ed azioni coercitive (e non ci riferiamo esclusivamente alla “contenzione”) , senza che la condizione di “disagio” possa rappresentare il biglietto d’ingresso in una ”terra di nessuno” ove le più sacre prerogative dell’individuo, all’interno di uno Stato di diritto, siano cancellate.
Per un verso rileviamo con preoccupazione come siano state letteralmente ignorate dall’Italia sia le Raccomandazioni del Comitato ONU CRPD, che nell’ agosto 2016 segnalava al nostro Paese le urgenti riforme funzionali ad allineare la normativa e le prassi italiane ai diritti riconosciuti alle persone con “disabilità psicosociale” dalla Convenzione stessa, sia le ripetute (da ormai vent’anni) Raccomandazioni del Comitato di Prevenzione della Tortura (CPT) circa le necessarie riforme in tema di trattamento sanitario obbligatorio. Per altro verso constatiamo che il dibattito pubblico attorno ai temi della “salute mentale” si muove nella direzione di un ulteriore aggravamento di tale stato di clamorosa illegalità internazionale dello Stato italiano.
L’ azione pubblica in tema di “salute mentale” e la quotidiana operatività dei Dipartimenti di Salute Mentale (ivi compresi i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, verso cui si consolida e va incoraggiata l’attenzione del Collegio del Garante Nazionale dei Diritti delle persone private della libertà personale e della Rete dei Garanti tutta) ignora le recenti “Linee guida sulla deistituzionalizzazione” del Comitato ONU CRPD; non consente che alcun ruolo effettivo (culturalmente e pubblicamente riconosciuto) sia svolto da utenti ed ex utenti (del cui apporto ci si avvale in molte esperienze all’estero); non concede alcuno spazio ad esperienze sociali che, pure, in altri Paesi hanno dato ottima prova di efficacia (qui in gran parte del tutto ignorate); “schiaccia” la libertà terapeutica dei medici costringendoli a condotte professionali difensive, minando in radice ogni possibile alleanza con gli utenti; è costruita senza alcuna consapevolezza della centralità del destinatario del servizio (e dunque dell’indispensabilità del suo protagonismo) nella destinazione e gestione delle risorse messe in campo (apparentemente) a suo beneficio.
Non è rinviabile, va aggiunto, una serena ed equilibrata, ma decisa, rivalutazione critica delle evidenze relative al rapporto tra benefici e rischi nella somministrazione, soprattutto a lungo termine, delle principali classi di psicofarmaci, valorizzando tutte le evidenze disponibili sui percorsi di deprescrizione in psichiatria (considerati i costi economici e sociali delle terapie farmacologiche a lungo termine e delle disabilità fisiche e funzionali che ne possono derivare), (cit. “Linee Guida per i percorsi di deprescrizione” dell’ I.I.P.D.W.).
Vi alleghiamo, oltre alle Osservazioni del Comitato ONU CRPD ed alle Raccomandazioni del Comitato di Prevenzione della Tortura cui abbiamo fatto cenno, le nostre proposte in tema di riforma di trattamento sanitario obbligatorio e dell’amministrazione di sostegno (cui intendiamo collegare l’abrogazione dell’interdizione e dell’inabilitazione), il lavoro del “Gruppo di Lavoro dei Familiari” dell’associazione “Diritti alla Follia” riguardo alle esperienze che li hanno visti coinvolti nel rapporto con i Servizi di Salute Mentale territoriali cui si sono rivolti: quali riferimenti e spunti per il possibile lavoro comune.
Abbiamo svolto un primo incontro insieme ad alcune associazioni: “Michele Baù – Angeli con le ali” (animata dal dott. Giuseppe Galdi e Orietta Baù); “AMA – Linea di Sconfine” (presieduta dal dott. Marco Bertali); “Diritti senza Barriere” (Presieduta da Bruna Belotti); “Movimento psicospirituale” (animato dal dott. Enrico Loria). Nome, caratteri, parole d’ordine ed effettive priorità di una possibile “Federazione” sono di là da venire, proprio in quanto si è aperti a contributi diretti alla costruzione di un progetto comune perché condiviso.
Vi proponiamo, allora, di partecipare ad un confronto che si terrà con modalità telematica domenica 12 febbraio alle h. 18.00, e per il quale vi invieremo il link ove ci rivolgiate un cenno di interesse, del quale ci auguriamo (l’invito può essere esteso anche ad altre associazioni).
Grazie comunque della vostra attenzione, e buon lavoro.
Roma, 4.2.2023
Per l’Associazione Radicale Diritti alla Follia
Le associazioni interessate a partecipare possono inviare una mail a dirittiallafollia@gmail.com
La Segretaria, Cristina Paderi
La Tesoriera, Susanna Brunelli
Il Presidente, Michele Capano
V Congresso Associazione Radicale ‘Diritti alla Follia’ – Cagliari 10-13 novembre
L’Associazione Radicale Diritti alla Follia celebrerà il suo V Congresso Nazionale le cui parole chiave sono ‘Umanità, Libertà e De-istituzionalizzazione’ .
Il Congresso si terrà dal 10 al 13 novembre a Cagliari presso il Polo Bibliotecario di Via Falzarego 35 e si articolerà nelle seguenti giornate:
Giovedì 10 apriremo alle h. 11.00 con un presidio nello spazio all’aperto antistante l’ingresso del Tribunale di Cagliari, Piazza Repubblica 18.
Testimonianze: i protagonisti delle vicende connesse alla “ragnatela” dell’amministrazione di sostegno.
- Giovedì 10 pomeriggio
Analisi e criticità dei servizi di salute mentale a livello locale e nazionale
- Venerdì 11 mattina
Amministrazione di sostegno: criticità e proposte di riforma
- Venerdì 11 pomeriggio
Approcci sociali al disagio diffuso
La realtà nazionale ed internazionale delle reti utenti, ex utenti e sopravvissuti
- Sabato 12 mattina
Bastoni, Taser, Bolawrap: come sta cambiando il TSO. Come dovrebbe cambiare il TSO
- Sabato 12 pomeriggio
L’inganno della libertà vigilata: analisi e proposte
Covid: l’epidemia della coercizione
- Domenica 13
Terapeuti a processo : vecchie e nuove storie italiane
Qui di seguito il programma completo
Sarà possibile seguire il Congresso in diretta Facebook alla pagina https://www.facebook.com/DirittiallaFollia
e sul sito di Radio Radicale www.radioradicale.it
Per informazioni e contatti dirittillafollia@gmail.com
HAI UN CONTO PAYPAL?
AIUTACI CON UNA DONAZIONE PER LE SPESE CONGRESSUALI
Usa questo link https://www.paypal.com/paypalme/dirittiallafollia/
scegli “invia denaro” indica l’importo ed effettua il login sul tuo conto, in pochi secondi potrai fare la tua donazione
GRAZIE!!