L’associazione “Diritti alla Follia” si batte da anni per una riforma profonda dell’attuale sistema dell’amministrazione di sostegno in Italia, una legge che, pur nata con l’intento di tutelare le persone direttamente coinvolte nella procedura, sta causando sofferenze e ingiustizie per molti di coloro che dovrebbero esserne i beneficiari.
Tra le sue voci, c’è quella di Giancarlo De Palo, che nelle scorse settimane ha scritto due lettere aperte al Ministro di Grazia e Giustizia Carlo Nordio, per denunciare la propria drammatica esperienza e chiedere un intervento urgente.
Giancarlo è noto soprattutto per la sua attività a favore della sorella Graziella De Palo, giornalista investigativa. Ventiquattrenne, Graziella sparì a Beirut il 2 settembre 1980, insieme al collega Italo Toni. Da allora Giancarlo è impegnato per ottenere la verità sulla vicenda e sul ruolo delle organizzazioni terroristiche, coperte dai nostri Servizi segreti in ossequio al “Lodo Moro”: la magistratura romana, sulla base del materiale da lui raccolto, giunse all’arresto dello 007 italiano, colonnello Stefano Giovannone, mentre tutta la vicenda fu messa a tacere dal Segreto di Stato opposto dall’allora Presidente del consiglio Bettino Craxi.
Giancarlo De Palo ha dedicato e dedica ancora gran parte della propria vita a sensibilizzare l’opinione pubblica e a cercare giustizia per sua sorella.
Nella sua lettera aperta, egli racconta come, dal 15 marzo 2022, sia stato trascinato in un “circuito psichiatrico” senza apparente via d’uscita. Questo percorso ha avuto inizio presso un Centro di Salute Mentale a Roma.
Da quel momento, racconta, è stato costretto al ricovero in una clinica, in cui è stato obbligato a subire, per la prima volta nella sua vita, trattamenti farmacologi invasivi, come il potente neurolettico “Mantena dépôt”, che gli ha subito provocato un netto peggioramento delle condizioni fisiche e psichiche ed una confusione costante tra il sogno e la realtà, andate avanti con gravi malattie e ricoveri prolungati.
Il racconto di Giancarlo è una cronaca di sofferenze, tra patologie debilitanti ed un doloroso allontanamento dal proprio quotidiano, in quanto il suo amministratore di “sostegno”, racconta Giancarlo, decise di affittare il suo appartamento, che si trova sullo stesso pianerottolo di quello nel quale vive sua madre, separandolo da lei.
Questa situazione, gestita dal giudice tutelare e dall’amministratore stesso, si è rivelata un incubo senza fine per Giancarlo, che ora si trova in una casa alloggio vicino Roma, dove è stato portato e depositato “come un pacco postale”.
L’appello di Giancarlo De Palo non si ferma alla sua personale vicenda: egli chiede appunto una riforma radicale della legge sull’amministrazione di sostegno, una legge atipica rispetto a quelle vigenti nelle democrazie liberali avanzate che è stata fortemente messa in discussione fin dall’inizio dall’Associazione “Diritti alla Follia”. Il suo desiderio è che il suo caso serva ad esempio per una discussione legislativa più ampia, che porti ad un cambiamento reale ed equo per tutte le persone coinvolte in queste situazioni.
In una seconda lettera, Giancarlo De Palo denuncia la propria “deportazione” nella struttura in cui si trova attualmente e nella quale risiede con altre persone che condividono la sua stessa situazione, vittime della medesima legge. La richiesta è chiara: la liberazione dalle loro attuali condizioni e un’accelerazione delle pratiche che consenta loro il controllo delle proprie vite.
Come scritto in questo secondo appello, Giancarlo si iscrive contestualmente all’associazione “Diritti alla Follia”, riconoscendo il valore della sua battaglia per i diritti delle persone sottoposte a trattamenti e amministrazioni forzate.
Queste due lettere aperte rappresentano un grido d’aiuto e un’accusa nei confronti di un sistema che, secondo Giancarlo De Palo, non tutela, ma imprigiona.
L’associazione “Diritti alla Follia” continua a sostenere la necessità di una riforma, affinché casi come quello di Giancarlo e di molti altri, possano essere affrontati con rispetto della dignità e dei diritti fondamentali, partendo proprio da coloro che vivono la situazione di Giancarlo.
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