• Passa alla navigazione primaria
  • Passa al contenuto principale

Diritti alla follia

Associazione impegnata sul fronte della tutela e della promozione dei diritti fondamentali delle persone in ambito psichiatrico e giuridico.

  • HOME
  • ASSOCIAZIONE
    • Chi siamo
    • Consiglio direttivo
    • Aree tematiche
    • Lo statuto
  • CAMPAGNE
  • PROPOSTE DI RIFORMA
    • Vai alle proposte di riforma
    • Petizioni
  • BLOG
  • EVENTI
  • PUBBLICAZIONI
    • Documenti
    • Bibliografia
  •  ISCRIVITI 
  • CONTATTI
  • Show Search
Hide Search

diritti alla follia

COMUNICATO STAMPA

Diritti alla Follia · 11/05/2022 · 1 commento

Diritti alla Follia

Amministrazione di sostegno

Un caso giudiziario di pubblico interesse :

resoconto prima udienza e Presidio a Cagliari

“Diritti alla Follia” seguirà, udienza per udienza, l’evolversi di questo emblematico processo

Ieri alle h.12.00, in un’aula del Tribunale di Cagliari, si è svolta la prima udienza del processo a Gigi Monello, professore di filosofia in pensione, scrittore ed editore, accusato di  “maltrattamenti in famiglia” all’anziana madre – in seguito alla denuncia da parte dell’Amministratrice di sostegno della donna – . Conseguentemente, il professore era stato allontanato dalla casa di famiglia (dopo decenni  di convivenza ininterrotta con la madre) e gli era stato evitato qualunque contatto con l’anziana attraverso un provvedimento cautelare (per cui ha avuto la possibilità  di vedere la madre, oggi deceduta, per sole tre ore nell’ ultimo anno di vita della donna ).

Sono stati ascoltati il fratello e la sorella dell’imputato, che non sono stati in grado di confermare la veridicità delle condotte denunciate.

Un nutrito gruppo di amici e conoscenti di Gigi Monello non ha potuto avere accesso all’aula in quanto ancora in vigore  le misure anti-Covid. I presenti si sono, dunque, ritrovati nei giardini pubblici antistanti il Palazzo di Giustizia, dove l’Associazione Radicale “Diritti alla Follia” ha organizzato un Presidio.

Cristina Paderi, segretaria dell’associazione ha dichiarato: “ saremo nuovamente qui l’11 novembre , cioè quando si terrà la prossima udienza , ove è prevista l’audizione dell’amministratrice di sostegno”. In tale circostanza organizzeremo un approfondimento sulle distorsioni prodotte dall’attuale legge sull’amministrazione di sostegno,  che stiamo lavorando per riformare e di cui la vicenda occorsa a Gigi, nostro associato, è un esempio evidente “.

Michele Capano, tesoriere dell’associazione, ha dichiarato: ” la criminalizzazione di familiari estromessi dalla possibilità di avere voce in capitolo rispetto al proprio congiunto sottoposto ad amministrazione di sostegno rappresenta una tecnica collaudata in tutta Italia dal “duo” Giudice-Amministratore di sostegno, ben determinato a lavorare il meno possibile e quindi a non ricevere alcun disturbo dell’ esercizio del proprio potere, ‘di vita e di morte’, nei confronti del beneficiario. Gigi Monello è stato vittima di questa consolidata e sopraffina tecnica. “Diritti alla Follia” seguirà, udienza per udienza, l’evolversi di questo emblematico processo”.

 La prossima udienza – che vedrà fra i testi l’Amministratrice – è stata fissata per l’11 novembre 2022.

Condividi:

PORRE FINE ALL’”AIUTO” COERCITIVO: UNA RECENSIONE DI “REIMAGINING CRISIS SUPPORT”*

Diritti alla Follia · 04/05/2022 · Lascia un commento

Di Irit Shimrat

*REIMAGINING CRISIS SUPPORT: MATRIX, ROADMAP AND POLICY BY TINA MINKOWITZ

https://www.madinamerica.com/2022/04/reimagining-crisis-support/

“Lasciatemi in pace!

Per favore, per favore non lasciatemi sola!”

Mi sono sentita in entrambi i modi, in momenti diversi, in momenti di crisi emotiva. Quindi mi piace l’idea che entrambi i desideri possano essere soddisfatti da un cambiamento radicale nel modo in cui la crisi viene vista e affrontata. Ecco perché sono così entusiasta del progetto riflessivo e complessivo di Tina Minkowitz per sostituire l’attuale modello medico coercitivo e dannoso di “supporto” alle crisi con qualcosa che effettivamente aiuta, piuttosto che danneggiare.

Minkowitz parla con autorevolezza, come avvocato esperto in diritti umani che ha rappresentato la Rete Mondiale degli Utenti e dei Sopravvissuti alla Psichiatria nella stesura e nella negoziazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD). Rifiuta categoricamente “l’inquadramento della crisi come un’emergenza sanitaria” in favore della prestazione di “sostegno come un atto di rispetto e solidarietà tra individui  che sono tutti vulnerabili nella loro comune umanità”. Parla anche personalmente, essendo una donna che è stata in passato torturata con farmaci “antipsicotici”.

Minkowitz capisce che le crisi personali possono essere molto diverse, non solo per ogni individuo, ma anche per la stessa persona in circostanze diverse. Questo certamente corrisponde a quanto è successo a me. Ho avuto momenti nella mia vita in cui, a causa di rapporti interrotti, fallimenti scolastici, esperienze sconsiderate con droghe di strada e altre ragioni, sono divenuta estremamente angosciata, o esageratamente euforica, e il mio rapporto con la realtà si è logorato e poi dissolto. In un’occasione andai su e giù per i corridoi dell’edificio in cui vivevo, nuda, nel mezzo della notte, battendo alle porte e urlando “Emergenza!” quando non c’era alcuna emergenza se non lo stile della mia vita e della mia mente. In un altro, ho ballato e cantato con un gruppo che nessuno tranne me poteva vedere o sentire.

Nel primo caso, stavo causando un serio disturbo; nel secondo, mi stavo semplicemente divertendo in un modo che non aveva senso per gli altri – nessuna crisi per me, ma evidentemente una crisi nelle percezioni di coloro che mi circondavano. Ognuno di questi eventi ha comportato periodi prolungati di reclusione psichiatrica e di cure forzate. Ognuno di essi, credo, avrebbe potuto essere affrontato in modo diverso se la nostra società non fosse orientata a reprimere i disturbi sociali chiudendo, ed escludendo, la persona al suo interno. Nel primo caso, se avessi avuto la possibilità di parlare con qualcuno che avesse ascoltato con calma e empatia, questo avrebbe potuto alleviare il mio senso di “emergenza” e impedirmi di spaventare i miei vicini e finire rinchiusa e allontanata. E nel secondo caso, quale danno sarebbe derivato dal mio essere lasciata a ballare e suonare con musicisti invisibili?

Come molti dei miei amici, e come la stessa Minkowitz, sono la prova vivente che il tipo di risposta alla crisi fornita dal sistema di salute mentale non è solo inutile, ma pericoloso. Più e più volte sono stata ammanettata dalla polizia, trascinata in un ospedale, spogliata, drogata a forza e trattenuta contro la mia volontà, perché mi stavo comportando in modi che, sebbene non pericolosi, erano allarmanti per gli altri. Quando la polizia, e poi gli ausiliari e le infermiere, mi stavano brutalizzando, avrei voluto essere lasciata in pace. Ma quando venivo drogata, legata e lasciata a languire per giorni in una cella di isolamento, desideravo la presenza di un altro essere umano. Alla fine, ogni volta, i farmaci mi trasformavano in uno zombie senza altro desiderio che mangiare, dormire e, un giorno, uscire dall’ospedale.

Minkowitz saggiamente si domanda come si possa aiutare qualcuno con “la detenzione e il controllo da parte di altri … l’aggressione contro il corpo e la mente attraverso la contenzione, l’isolamento, la sottomissione a farmaci neurolettici e l’elettroshock contro la volontà di una persona o senza il suo previo consenso libero e informato, e altre condizioni degradanti e inumane di reclusione”. Lei chiede che queste pratiche siano messe fuori legge e sostituite da un supporto alla crisi che sia “fornito come un servizio offerto dalla comunità e attivato in risposta alla richiesta di assistenza dell’individuo” – e mai perché un terzo richiede che dei professionisti intervengano e agiscano per conto della persona.

E non sarebbe bello se, invece della risposta alla crisi basata sul bisogno percepito di sopprimere il pensiero, il sentimento e il comportamento, si presupponesse che la persona in crisi sia ancora un essere umano e abbia una mente funzionante? Minkowitz suggerisce di porre una serie di semplici domande di buon senso: ” Di cosa hai bisogno in questo momento? … Dove andrai a dormire e come mangerai? Come ti sistemerai e dormirai o riuscirai a superare una notte di veglia?”.

“Comprendere che ogni persona ha la capacità di discernimento”, scrive, significa “non rinunciare mai a nessuno e non imporre il proprio pensiero su di loro…. scelte difficili, rischi e responsabilità, dolore intenso, tutto può essere testimoniato e attraversato.” Anche i pensieri e i sentimenti suicidi non sono un tabù e non sono un motivo per violare i diritti umani di una persona.

Minkowitz spiega in dettaglio come si presenta il processo decisionale supportato (al contrario di quello sostituito). Inizia con “l’incontrare la persona dove si trova, sia letteralmente che figurativamente, impegnandosi con lei eticamente, e rispettando le sue scelte [al contrario di permettere ad altri] … di fare scelte che influenzano profondamente la vita della persona: anche le decisioni sul proprio corpo come ingerire psicofarmaci o sottoporsi a sterilizzazione o elettroshock”.

Apprezzo particolarmente la sua idea che “il diritto di rimanere a casa, di mantenere le proprie connessioni con il mondo e di non essere messi in un luogo di reclusione durante una crisi, è cruciale per ricollocare la crisi come parte della vita che abbiamo in comune”.

Soprattutto, Minkowitz ha un sacco di suggerimenti specifici per i modi migliori grazie ai quali aiutare qualcuno in crisi. “Il supporto pratico in caso di crisi potrebbe comprendere l’aiuto nelle faccende domestiche e la capacità di muoversi all’interno della comunità … la capacità di orientarsi nei sistemi dei servizi e nelle questioni finanziarie e legali … e/o il supporto emotivo per superare i problemi e per affrontare i compiti difficili. Potrebbe includere l’andare in un centro di recupero dalla crisi o un ritiro spirituale o di cura, o altrimenti trovare un posto in cui andare per sentirsi sicuri, a proprio agio ….”.

E cercare di risolvere questi problemi attraverso la normativa sulla salute mentale non funzionerà mai, perché ci lascia ancora “reagire contro lo status quo e replicarlo piuttosto che immaginare effettivamente qualcosa di nuovo.”

“Come dovrebbe essere la società”, si chiede Minkowitz, “affinché il sostegno alla crisi sia integrato nella vita sociale, culturale ed economica ordinaria”, per “permettere alle persone di sperimentare la crisi senza il peso dell’esclusione e del danneggiamento”?

Tutto inizia con la solidarietà: “Qualunque cosa possiamo fare, ovunque siamo in grado di esercitare la solidarietà nella nostra vita, dove coltiviamo un tutto al di là delle singole componenti, dove accettiamo i flussi e i ritmi delle relazioni che includono sia la tolleranza che il dare e il ricevere…. Vivere con quanto basta e dare via il resto, condividere piuttosto che accumulare ciò che abbiamo, significa creare i legami con gli altri che ci permettono di confidare nella ricchezza comune piuttosto che personale …. Abbiamo bisogno di vedere l’altro in noi stessi e noi stessi nell’altro, e agire di conseguenza … le nostre crisi, i nostri insoliti stati di coscienza, le nostre angosce non avvengono nel nulla”.

Chiunque abbia a cuore i diritti umani; chiunque metta in discussione l’egemonia psichiatrica e la privazione della libertà, e l’uso della forza, per questioni legate all'”aiuto”; chiunque cerchi modi migliori e non sanitari di affrontare le crisi causate da circostanze personali, sociali e culturali avverse, sarà entusiasta, come me, di questo breve e brillante libro.

https://www.reimaginingcrisissupport.org/

Irit Shimrat

Irit Shimrat identifies as an escaped lunatic. She co-founded and coordinated the Ontario Psychiatric Survivors’ Alliance, has presented two multipart antipsychiatry shows on CBC Radio’s Ideas program, and edited the national magazine Phoenix Rising: The Voice of the Psychiatrized. Her book Call Me Crazy: Stories from the Mad Movement was published in Vancouver in 1997. Irit’s work has appeared in various magazines and anthologies, and she continues to write, edit, advocate and agitate for the right of all people to be free from psychiatry and other pseudoscientific means of social control. See her archived Lunatics’ Liberation Front website and Spotlight on Institutional Psychiatry.

Condividi:

Associazione Diritti alla Follia PRESIDIO al TRIBUNALE di CAGLIARI

Diritti alla Follia · 28/04/2022 · 1 commento

Il prossimo 10 maggio alle h. 12.00, in un’aula del tribunale di Cagliari, si aprirà il processo penale a carico del professor Gigi Monello, protagonista  di uno sconcertante caso giudiziario. Gigi Monello è un ex-insegnante di filosofia. Dopo 40 anni passati nella Scuola Pubblica, fa  ora, a tempo pieno, ciò che in passato faceva nel tempo libero: lo scrittore e l’editore.

 Il professor Monello è formalmente accusato di aver inflitto maltrattamenti a sua madre, la persona con cui da sempre conviveva.

” Debbo questo onore all’ Amministratrice di sostegno di mia madre” racconta Monello nel suo blog*, ” un avvocato cagliaritano che, di concerto con due miei stretti congiunti, ha sporto querela contro di me. Ho deciso di rendere pubblico il caso giudiziario che mi vede protagonista, è giusto che si sappia cosa può accadere, in Italia, ad imbattersi nella cosiddetta Amministrazione di sostegno”. “I maltrattamenti”, prosegue Monello, ” possono, in buona sostanza, riassumersi in una continuativa interferenza nel lavoro delle badanti, che avrebbe portato ad un peggioramento delle condizioni di salute di mia  madre”.

A seguito della querela, è stato “urgentemente” allontanato dall’ abitazione in cui viveva, con assoluto divieto di avvicinamento alla “persona offesa”.

Un rapporto affettivo durato un’intera vita è stato stroncato brutalmente, in pochi minuti, senza che si potesse neppure tentare di dare una spiegazione, una scusa. C’erano dei rituali affettivi che andavano avanti da anni. Cose del quotidiano. Svaniti di colpo. Che avrà pensato la signora di questo figlio di colpo scomparso? Un tradimento? Si è stancato?

“Naturalmente è convinta che me ne sia andato di mia volontà” scrive il professore. “Il reato contestatomi (articolo 572 del C.P.) è cosa assai seria: prevede una pena minima di tre anni di detenzione. Pur potendolo, non ho voluto fare ricorso al Rito Abbreviato e, d’intesa con i miei legali, ho scelto la via del Processo Ordinario. Confido che il dibattimento possa chiarire quale grave distorsione dei fatti sia stata compiuta in merito alla mia condotta . La presenza di chiunque volesse assistere alle udienze, è per me gradita. Penso che la mia vicenda sia talmente sconcertante da assumere l’oggettivo profilo di un fatto di pubblico interesse. Per questo motivo, con l’Associazione radicale “Diritti alla Follia”, ho deciso di dare ad essa la massima notorietà.”

Partendo da questa vicenda, è possibile trattare il problema, oramai sempre più allarmante, della degenerazione dell’istituto giuridico dell’amministrazione di sostegno ed è per questo motivo che l’Associazione  “Diritti alla Follia” seguirà tutte le fasi del processo del professor Monello. Anche allo scopo di incontrare i giornalisti che volessero approfondire i caratteri della storia , l’associazione ha organizzato un presidio che si terrà martedì 10 maggio alle ore 13.00  nello spazio all’aperto antistante l’ ingresso del Tribunale di Cagliari, Piazza della Repubblica,18.

Siete tutti invitati a partecipare

Associazione Radicale “Diritti alla Follia”

Per info e contatti

dirittiallafollia@gmail.com

*http://picciokkumalu.blogspot.com/

Condividi:

INTERPELLANZA URGENTE PRESENTATA ALLA CAMERA DA PARTE DEGLI ONOREVOLI BARELLI E D’ATTIS. L’INTERPELLANZA RIPORTA IL TESTO DELLA NOSTRA CAMPAGNA CRITICA ALL’ AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO

Diritti alla Follia · 11/04/2022 · 3 commenti

Resoconto stenografico dell’Assemblea

Seduta n. 674 di venerdì 8 aprile 2022

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative volte a rivedere la disciplina dell’amministrazione di sostegno in funzione di una maggiore tutela dei soggetti interessati da tale istituto – n. 2-01387)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all’ordine del giorno, Barelli e D’Attis n. 2-01387 (Vedi l’allegato A).

Chiedo all’onorevole Mauro D’Attis se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MAURO D’ATTIS (FI). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, per iniziativa del gruppo Forza Italia, in particolare del presidente Barelli, che è il primo firmatario dell’interpellanza, abbiamo ritenuto necessario e opportuno interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro della Giustizia. Quindi, ringrazio per l’attenzione che il Governo presterà a questa nostra interpellanza, che vorrei sinteticamente illustrare perché, dal nostro punto di vista, si tratta di un tema rilevante.

Da 17 anni vi è stata l’introduzione nel codice civile, con la legge n. 6 del 2004, della figura dell’amministratore di sostegno, all’epoca presentata come una forma di tutela giuridica più blanda ed elastica rispetto all’interdizione e all’inabilitazione. Essa è poi diventata, in molti casi, purtroppo, uno strumento attraverso il quale è possibile limitare fortemente la libertà e violare i diritti dei diretti interessati, i cosiddetti beneficiari. Nel corso degli anni, si sono verificati molteplici casi di mala gestio, segnalati sia dagli organi di stampa sia dalle testimonianze degli amministrati o dei loro familiari ed è emerso un notevole malcontento sull’operato di un numero sempre crescente di amministratori di sostegno. Si è venuta sostanzialmente ad instaurare la tendenza da parte dell’amministratore di sostituirsi completamente al beneficiario, nonostante ciò non sia previsto dalla legge. Si assiste all’emanazione, da parte dei giudici tutelari, di decreti che conferiscono ampi poteri, che a volte superano anche l’ampiezza consentita, agli amministratori di sostegno, spesso estranei ovviamente alla famiglia. Spesso si prevede, oltre alla gestione del patrimonio, anche il consenso informato ai trattamenti sanitari, ai ricoveri, agli esami diagnostici e ad altro, spesso in presenza di soggetti assolutamente capaci di esprimere un giudizio, un parere, un consenso o un dissenso (di questi casi ce ne sono tantissimi). È stato constatato che l’utilizzo concreto dello strumento gestionale dell’istituto dell’amministrazione di sostegno si esprima spesso sotto forma di mera costrizione della persona sottoposta a tutela, sovente senza possibilità di replica, dato che quasi sempre i giudici tutelari si interfacciano esclusivamente con gli amministratori, i sanitari ed i servizi sociali, escludendo completamente anche i familiari, quando definiti non collaboranti. Sussistono nella legge vigente, signor sottosegretario, dal nostro punto di vista, incongruenze logico-giuridiche che consentono di utilizzare l’amministrazione di sostegno come una sorta di strumento di interdizione impropria in relazione a qualsiasi soggetto debole, estendendo infatti in maniera smisurata le categorie di persone sottoponibili al provvedimento, nella parte in cui, ad esempio, si stabilisce che il giudice tutelare possa sottoporre ad amministrazione di sostegno, su richiesta o su segnalazione, la persona afflitta da “una infermità” o da una “menomazione fisica o psichica” che, secondo il testo della norma, la rende “anche solo parzialmente e temporaneamente impossibilitata a provvedere ai suoi interessi”. La legge, sostanzialmente, non offre la minima certezza giuridica sulla tipologia e sul grado di infermità e di incapacità necessari e sufficienti a limitare le libertà della persona, sottoponendo la vita di un qualsiasi soggetto fragile e i suoi beni a un amministratore di sostegno che, molto spesso, appunto, si sostituirà alla volontà del soggetto, negandone così il diritto costituzionale ad autodeterminarsi, nel rispetto delle leggi vigenti.

Attraverso prassi ormai consolidate da presupposti legislativi dalle maglie molto ampie, così descritte, l’istituto dell’amministrazione di sostegno può dare origine a veri e propri abusi, che il giudice tutelare ha il potere, e l’obbligo, di impedire, tramite la verifica delle relazioni periodiche degli amministratori, ma nel concreto – e i casi lo raccontano – non ha né il tempo né i mezzi per farlo e finisce per autorizzare o addirittura lasciar compiere anche operazioni – lo dico io – opache. La relazione del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale nel 2020 ha chiaramente espresso che spesso si concretizza il rischio che lo strumento giuridico della tutela possa paradossalmente diventare garanzia di esclusione della persona, certamente fragile, ma non per questo incapace di comprendere la sua vita e le decisioni che la riguardano, trovandosi così, suo malgrado e, nonostante le previsioni delle norme sovranazionali, a essere sottratta a una vita libera.

Inoltre, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, cosiddetta CRPD, sottoscritta dal nostro Paese, l’Italia, il 30 marzo 2007 e ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18, all’articolo 12 riconosce a tali persone piena capacità giuridica, ne sancisce il pari riconoscimento davanti alla legge e stabilisce che il supporto al processo decisionale venga effettuato nel rispetto della loro volontà e delle loro preferenze.

Sovente il potenziale beneficiario, di cui stiamo parlando, non viene ascoltato, così svilendo la ricerca e la valorizzazione delle sue preferenze, che dovrebbero essere perseguite, all’opposto, anche nei casi di opposizione alla nomina di un amministratore di sostegno, di situazioni di conflitto familiare, nonché di limitata o assente capacità di comunicazione del beneficiario stesso. Tutto ciò, signor sottosegretario, evidenzia una situazione di forte contraddittorietà rispetto ai diritti fondamentali della persona, situazione che deve, quanto prima, sempre a nostro modo di vedere, trovare una soluzione.

Interpelliamo, pertanto, il Governo per conoscere quali siano le iniziative, per quanto di competenza, di carattere normativo, che intenda intraprendere per evitare che dalla legge n. 6 del 2004 continuino a derivare, in sostanza, effetti di ulteriore menomazione, limitazione personale e violenza psicologica nei confronti dei soggetti deboli o delle loro famiglie, al fine di consentire il rispetto della legalità internazionale e nazionale.

Grazie per l’attenzione e per la risposta che fornirà ai sottoscrittori.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Prendo atto che oggi, finalmente, Forza Italia è maggioranza in Parlamento. Vedo che, con la Presidenza del Presidente Mandelli, ci sono i due interpellanti e il sottosegretario, in una giornata che possiamo definire in linea anche con la manifestazione di oggi pomeriggio.

Molto volentieri rispondo. Sono due interpellanze, quelle di oggi, che hanno un comune denominatore. Quella dell’onorevole D’Attis ha lo scopo di sollecitare la verifica se una norma buona, nata certamente per una finalità positiva, abbia trovato, nella realtà applicativa, ragioni per essere rimessa in discussione o ragioni per essere in qualche maniera modificata e se vi è la necessità di qualche intervento. È una verifica che il Governo effettua molto volentieri, perché significa dare peso a quel diritto vivente che la Corte costituzionale ha più volte sottolineato come alveo, diciamo, in cui fare scorrere poi la riflessione sulle norme vigenti.

In medias res, avendo apprezzato l’individuazione, da parte dell’onorevole D’Attis, dei punti nodali dell’interpellanza, va immediatamente posto in risalto che nell’impianto originario del codice civile gli istituti volti a tutelare le persone fragili erano costituiti dall’interdizione e dalla inabilitazione, i cui presupposti e i cui effetti sono rispettivamente indicati negli articoli 414 e 415 del codice civile. Sia l’interdizione quanto l’inabilitazione vengono pronunciate dal tribunale in composizione collegiale all’esito del procedimento previsto dagli articoli 712 e seguenti del codice di procedura civile, che si svolge con la partecipazione necessaria del pubblico ministero, in cui l’esame dell’interdicendo o dell’inabilitando da parte del giudice va necessariamente effettuato.

Con la legge n. 6 del 2004, è stato introdotto nell’ordinamento l’istituto dell’amministrazione di sostegno (articoli 404 e seguenti del codice civile), quale strumento di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia che si caratterizza, rispetto ai rigidi schemi in cui sono costretti gli istituti precedentemente ricordati – anche per la loro vetustà – della interdizione e della inabilitazione, da un elevato grado di flessibilità. In altri termini, si è cercato di utilizzare uno strumento intermedio che evitasse la rigidità di questi due istituti, che effettivamente avevano sistemi di accertamento troppo ingessati.

L’amministrazione di sostegno, infatti, è un istituto duttile che può essere plasmato dal giudice sulle necessità del beneficiario, anche grazie all’agilità della relativa procedura applicativa. Con il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, infatti, il giudice tutelare “(…) si limita, in via di principio, a individuare gli atti in relazione ai quali ne ritiene necessario l’intervento (…)” (su questo la Consulta si è espressa, con la sentenza n. 114 del 2019). Attribuendo al giudice tutelare il compito di modellare l’amministrazione di sostegno in relazione allo stato personale e alle condizioni di vita del beneficiario, il legislatore ha inteso limitare nella minore misura possibile – sempre la sentenza della Corte costituzionale n. 440 del 2005 – la capacità di agire della persona disabile, il che marca nettamente la differenza con i tradizionali istituti della interdizione e della inabilitazione, la cui applicazione attribuisce al soggetto uno status di incapacità più o meno estesa, connessa a rigide conseguenze, legislativamente predeterminate.

È fuor di dubbio che si possa ricorrere all’amministrazione di sostegno anche laddove sussistano soltanto esigenze di cura della persona, in quanto esso non è un istituto finalizzato esclusivamente ad assicurare tutela agli interessi patrimoniali del beneficiario, ma è volto, più in generale, a soddisfarne i bisogni e le aspirazioni (articolo 410, primo comma, del codice civile), così garantendo adeguata protezione alle persone fragili in relazione alle effettive esigenze di ciascuno (sentenza della Consulta n. 144 del 2019).

Il sistema è poi configurato in modo da garantire la massima partecipazione del beneficiario alla fase di adozione dei provvedimenti e delle scelte che lo riguardano. La normativa prevede, inoltre, un esteso sistema di controlli sull’operato del giudice tutelare e dell’amministratore di sostegno, e su questo solleciterei l’attenzione dell’interpellante sul sistema dei controlli sull’operato del giudice tutelare e dall’amministratore di sostegno. In particolare, tutti i provvedimenti emessi dal giudice tutelare sono reclamabili davanti alla corte di appello, ai sensi dell’articolo 720-bis del codice di rito civile. In proposito, sono intervenute le Sezioni unite della Cassazione, con una recente pronuncia, in cui si chiarisce che tutti i decreti in tema di amministrazione di sostegno sono reclamabili, prescindendo dal contenuto, innanzi alla corte di appello quale che sia la loro direzione (Corte di cassazione, Sezioni unite, sentenza 30 luglio 2021, n. 21985). Quindi, il sistema dei controlli universale consente, in caso di qualsivoglia patologia, il ricorso a un giudice collegiale superiore, come la corte di appello, per poter ovviamente chiedere ragione di diritti eventualmente lesi.

In conclusione, la disciplina di cui si è detto lascia effettivamente ampi margini di discrezionalità all’autorità giudiziaria, tanto nell’individuazione dei presupposti necessari per l’applicazione della misura di tutela (essendo, a questo fine, sufficiente che la persona interessata “(…) sia priva, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi infermità o menomazione fisica, anche parziale o temporanea e non necessariamente mentale, che la ponga nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi (…)”; su questo si è pronunciata la Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 12998 del 15 maggio 2019), quanto nella conformazione dei poteri dell’amministratore di sostegno e, parallelamente, delle limitazioni della capacità di agire dell’interessato, quanto, ancora, nelle scelte che l’amministratore di sostegno può essere chiamato a compiere.

Ciò, tuttavia, è funzionale all’individuazione della forma e del grado di tutela più confacente alle necessità dell’interessato, superando così la rigidità degli istituti dell’interdizione e della inabilitazione, che sovente hanno comportato anche una lesione della dignità personale dell’individuo che s’intendeva tutelare. Quest’ampia discrezionalità, peraltro, nel disegno del legislatore trova adeguati contrappesi nel regime delle impugnazioni sopra descritte. Quindi, si tratta di stabilire se il regime delle impugnazioni – ripeto, universale proprio per questa ragione, per questa ampia discrezionalità – sia stato, nei casi segnalati dall’interpellante, esercitato con quella diligenza e con quella cura che probabilmente possono comportare un limite esterno a eventuali eccessi di discrezionalità da parte dell’amministratore di sostegno.

Va poi segnalato che la legge 3 marzo 2009, n. 18 (in particolare l’articolo 12, “Uguale riconoscimento dinanzi alla legge”, che ha lo scopo di promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà, adottando misure adeguate per consentire alle persone con disabilità l’accesso al sostegno di cui dovessero necessitare per esercitare la propria capacità giuridica nel rispetto dei diritti, della volontà e delle preferenze della persona, nonché l’articolo 19, “Vita indipendente ed inclusione nella società”, che prevede che gli Stati parti riconoscano il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società con la stessa libertà di scelta delle altre persone e adottino misure efficaci e adeguate al fine di facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto), con cui il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo protocollo opzionale, sottoscritti dall’Italia il 30 marzo 2007 – una premessa lunga, ma adesso arrivo al tema principale – ha istituito l’Osservatorio nazionale – era quello che volevo dire – sulla condizione delle persone con disabilità, che ha, tra gli altri, il compito di promuovere l’attuazione della Convenzione e di elaborare il rapporto dettagliato sulle misure adottate di cui all’articolo 35 della stessa Convenzione, in raccordo con il Comitato interministeriale dei diritti umani istituito presso il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.

Va ancora ricordato, al riguardo, che di recente è stato riattivato il tavolo nazionale sui diritti delle persone fragili, istituito presso il Ministero della Giustizia (a questo tavolo prendono parte anche esperti provenienti dal Ministero per le Disabilità), che persegue le finalità di: eseguire un monitoraggio sull’attuazione della legislazione vigente in materia di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno (l’interpellante potrà fare riferimento agli esiti di questo tavolo per avere contezza se, eventualmente, quanto lamentato trova in qualche modo riscontro nelle analisi di questo organismo collegiale); evidenziare eventuali profili di criticità della normativa; elaborare eventuali proposte di modifica normativa, anche alla luce di quanto previsto dalla Convenzione dell’Aja sulla protezione internazionale degli adulti vulnerabili, firmata il 13 gennaio 2020; proporre l’adozione di circolari di armonizzazione e razionalizzazione integrate delle procedure nei diversi settori ordinamentali coinvolti.

A ciò si aggiunga che, con decreto direttoriale del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali n. 204 del 4 luglio 2019, è stato ricostituito il comitato tecnico di coordinamento a livello territoriale sull’istituto dell’amministrazione di sostegno, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del protocollo d’intesa del 30 dicembre 2008, con la funzione di monitorare la progressiva realizzazione delle attività previste e la loro rispondenza agli obiettivi e alle finalità del suddetto protocollo.

In sintesi, la normativa è certamente innovativa e meritevole di plauso perché pone una via di mezzo fra le rigidità di istituti che molto spesso erano mortificanti per i fenomeni patologici pesanti che erano presupposto dell’intervento. Vi è un regime di impugnazioni molto esteso e molto intenso a cui si può fare riferimento, vi è un monitoraggio sia come tavolo tecnico sia come comitato tecnico di coordinamento. Insomma, la struttura normativa è sufficiente per offrire ampie garanzie di corretta applicazione. È chiaro che le scorrette disapplicazioni e le patologie vanno perseguite con intensità, con gli strumenti a disposizione dei soggetti interessati.

PRESIDENTE. Il deputato D’Attis ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

MAURO D’ATTIS (FI). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario Sisto, per la risposta. Sono soddisfatto sicuramente per la descrizione corposa che è stata data, con un punto di vista particolare che è quello del Governo, utile sicuramente a confermare, come nella risposta stessa viene detto, che la disciplina, seppur innovativa, lascia effettivamente ampi margini di discrezionalità. Questo è il punto cruciale per il quale politicamente abbiamo deciso di interrogare il Governo.

La cosa che viene, a questo punto, richiesta al Governo è di compulsare l’attività del tavolo che è stato recentemente riattivato e che ha sede presso il Ministero della Giustizia. Quindi, seppur con un’importante presenza di rappresentanti ed esperti del Ministero per le Disabilità, il padrone di casa di questo tavolo è il Ministero della Giustizia.

Quello che viene chiesto, in questo caso per il tramite autorevole del sottosegretario Sisto, al Ministro della Giustizia è di accelerare questo processo di verifica rispetto, ad esempio, a una delle attività previste da questo tavolo, che riguarda l’elaborazione di eventuali proposte di modifica della normativa. Con una considerazione, signor sottosegretario: trattandosi di questioni, come lei stesso ha detto nella sua risposta, che riguardano e coinvolgono vite umane, che hanno anche un tempo che si limita all’esistenza in vita, questo intervento viene richiesto con una particolare urgenza, perché i casi di gente sottoposta a queste restrizioni di libertà non possono fare i conti né possono aspettare i tempi della discussione parlamentare, della discussione nelle aule di giustizia, che a volte, seppur demandate all’istituto al quale lei ha fatto correttamente riferimento dell’appello, hanno bisogno di risposte veloci.

La nostra responsabilità come rappresentanti in Parlamento e come rappresentanti al Governo – in questo caso lei e il Ministro – è quella di dare una risposta immediata. Sono convinto che dalle sue parole oggi usciamo con un passo in avanti rispetto al tema e che, attraverso la sua opera e quella del Ministro Cartabia, si riuscirà in brevissimo tempo a dare ulteriori spunti di innovazione e di miglioramento della normativa, che, seppur partiva con uno spirito positivo, poi ha determinato anche dei casi limite, quali quelli che sono stati rappresentati.

Infine, signor sottosegretario, le rappresento la necessità che, anche a livello di comitato tecnico di coordinamento a livello territoriale, istituito presso il Ministero del Lavoro, venga trasferito lo stesso contenuto, e magari operare per lavorare insieme affinché vengano utilizzate queste considerazioni.

D’altra parte, signor sottosegretario, le dico pure che, nello spirito di collaborazione tra Governo e Parlamento, ovviamente a cominciare dai sottoscrittori, in particolare dal presidente Barelli, siamo disponibili ad operare per eventuali iniziative legislative che si ritenessero necessarie e che riguardassero anche la competenza specifica del Parlamento.

Grazie, signor sottosegretario, e grazie, signor Presidente, per avermi dato anche la possibilità di replicare.

https://www.radioradicale.it/scheda/665207/seduta-674a-xviii-legislatura

Immagine di Gigi Monello

Campagna critica su Amministrazione di Sostegno

Condividi:

IL TRIBUNALE DI FIRENZE ASSOLVE JEANETTE FRAGA DALL’ACCUSA DI CONCORSO IN VIOLENZA SESSUALE A CARICO DELLA FIGLIA

Diritti alla Follia · 23/03/2022 · Lascia un commento

ASSOCIAZIONE “DIRITTI ALLA FOLLIA” : “ SIA VIATICO PER SUPERARE LA CONDIZIONE DI SEGREGAZIONE ANCORA VISSUTA DA YASKA”

All’ udienza tenutasi oggi, mercoledì 23 marzo 2023, dinanzi al Collegio A della II sezione penale del Tribunale di Firenze, presieduto dalla dottoressa Mazzeo, Jeanette Fraga è stata assolta, perché il fatto non sussiste, dall’accusa di concorso in violenza sessuale a danno della figlia Yaska.
Il Tribunale, che ha indicato in 90 giorni il termine per il deposito delle motivazioni, ha così accolto la richiesta della stessa Procura della Repubblica che prima ancora che il processo venisse effettivamente celebrato, ai sensi dell’ art. 129 c.p.p., ha scagionato Jeanette Fraga.
Tanto, si ricorda, all’indomani dell’ eguale assoluzione del compagno di Yaska, F.F. (che aveva scelto il rito abbreviato), e dell’archiviazione (soprattutto) della denuncia che Jeanette Fraga aveva depositato a Genova contro il Giudice tutelare di Firenze, Silvia Castriota (segnalando come la stessa, investita di obblighi di garanzia penalmente rilevanti, fosse stata perfettamente consapevole della relazione sessuale di Yaska, e che come tale – in ipotesi – avrebbe dovuto essere egualmente processata). La Procura di Genova aveva nelle scorse settimane chiesto l’archiviazione della posizione della Giudice Castriota proprio segnalando che nessuna violenza sessuale c’era stata.

L’Avv. Michele Capano, legale di Fraga, ha dichiarato: “Finisce “a tarallucci e vino” perché la Procura ed il Tribunale si sono resi conto che, in nome dell’ accanimento contro Jeanette Fraga, sarebbero stati coinvolti magistrati, medici, operatori: tutti a conoscenza della relazione di Yaska. Una pagina oscura, l’ennesima, nel libro nero della storia giudiziaria italiana. Chiederemo conto, in giudizio, della lesione dei diritti fondamentali alla relazione familiare che sono stati prodotti in nome di un’accusa infondata, ma nessuno restituirà a Yaska la vita perduta di una relazione d’amore criminalizzata e massacrata dalla Procura di Firenze e dal Giudice tutelare, che hanno letteralmente terrorizzato un compagno, F.F. tanto più prezioso nella situazione di disabilità vissuta da Yaska, e che ha dovuto mettersi da parte ed affrontare un processo”.

Cristina Paderi, segretaria dell’ associazione radicale “Diritti alla Follia”, ha dichiarato: ” È giunto il momento di “liberare” Yaska e farla uscire dalla struttura che la ospita con la forza, restituirla ai suoi affetti familiari che da mesi non ha la possibilità di coltivare, di prendere atto che – prima e più delle relazioni psichiatriche, che anche in questo processo vengono smentite dagli esiti giudiziari – vi sono dei diritti fondamentali riguardo alle proprie scelte esistenziali che devono essere riconosciuti in ogni caso alle persone con disabilità.
Stamane c’era come di consueto il nostro Presidio dinanzi al Tribunale di Firenze. Ringraziamo Simona Lancioni della UILDM ed Alberto Brugnettini del CCDU di avervi preso parte con altri amici ed amiche: è un impegno che continuerà – con esposti ed iniziative su ogni fronte – finché continuerà la medioevale pratica di negazione della volontà, delle scelte, dei desideri di Yaska”.

Simona Lancioni della UILDM di Pisa, responsabile del “Centro informare un’ h” che si occupa in modo specifico della discriminazione delle donne con disabilità’: “Questo processo e’ incomprensibile alla luce dell’art. 12 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilita’ (legge in Italia dal 2009, legge 18), che riconosce capacità giuridica e di agire , e dunque la capacita’ di decidere per se’, ad ogni persona disabile (a prescindere dal tipo e dal grado di disabilità): mentre ciò viene negato a Yaska ipotizzandosi che non abbia la possibilità ed il diritto di scegliere riguardo a se’, in ogni ambito ivi compresa la sfera sessuale e riproduttiva. Va anche sottolineato come la stessa Convenzione raccomandi di tenere conto di come la condizione femminile determini un’ esposizione ulteriore alla discriminazione, che risulta così moltiplicata nei suoi effetti concreti. La storia di Yaska, con l’aborto forzato che ha subito, porta appunto il segno di questa combinazione di fattori discriminanti: che va superata restituendole la sua autonomia”.

Alberto Brugnettini, del CCDU (Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani) ha dichiarato “esprimiamo soddisfazione per questo esito: quando i magistrati decidono di entrare nel merito delle vicende umane, senza appiattirsi sulle opinioni espresse dagli psichiatri, i diritti umani vincono. Speriamo che, sull’onda di questa sentenza, anche la vicenda di Yaska si possa concludere velocemente”

Condividi:
  • « Vai alla pagina precedente
  • Pagina 1
  • Pagine interim omesse …
  • Pagina 14
  • Pagina 15
  • Pagina 16
  • Pagina 17
  • Pagina 18
  • Pagina 19
  • Vai alla pagina successiva »

Diritti alla follia

SEGUICI SUI NOSTRI CANALI SOCIAL


  


Associazione diritti alla follia
Via Bargoni, 32 Roma - 00153

Fondata il 25 luglio 2018 - dirittiallafollia@gmail.com

Copyright © 2025 * Tutti i diritti riservati

PRIVACY & COOKIE POLICY

GDPR - Trattamento dei dati personali
Utilizziamo i cookie sul nostro sito web per offrirti l'esperienza più pertinente alla navigazione di questo sito memorizzando le tue preferenze. Cliccando “Accetta” acconsenti all'uso di TUTTI i cookie. Puoi visitare le impostazioni dei cookie per fornire un consenso personalizzato al trattamento dei tuoi dati. Puoi inoltre visionare la nostra Privacy Policy completa
Impostazione Cookie ACCETTA
Rivedi il tuo consenso ai cookie

Panoramica della privacy

Questo sito web utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza mentre navighi attraverso il sito web. Tra questi cookie, i cookie classificati come necessari vengono memorizzati sul tuo browser in quanto sono essenziali per il funzionamento delle funzionalità di base...
Strettamente necessari
Sempre abilitato
Questi strumenti di tracciamento sono strettamente necessari per garantire il funzionamento e la fornitura del servizio che ci hai richiesto e, pertanto, non richiedono il tuo consenso.
CookieDurataDescrizione
cookielawinfo-checbox-analytics11 monthsQuesto cookie è impostato dal plug-in di consenso sui cookie GDPR. Il cookie viene utilizzato per memorizzare il consenso dell'utente per i cookie nella categoria "Analytics".
cookielawinfo-checbox-functional11 monthsIl cookie è impostato dal consenso cookie GDPR per registrare il consenso dell'utente per i cookie nella categoria "Funzionale".
cookielawinfo-checbox-others11 monthsQuesto cookie è impostato dal plug-in di consenso sui cookie GDPR. Il cookie viene utilizzato per memorizzare il consenso dell'utente per i cookie nella categoria "Altri cookies non in categoria".
.
cookielawinfo-checkbox-necessary11 monthsQuesto cookie è impostato dal plug-in di consenso sui cookie GDPR. Il cookie viene utilizzato per memorizzare il consenso dell'utente per i cookie nella categoria "Necessario".
cookielawinfo-checkbox-performance11 monthsQuesto cookie è impostato dal plug-in di consenso sui cookie GDPR. Il cookie viene utilizzato per memorizzare il consenso dell'utente per i cookie nella categoria "Performance".
viewed_cookie_policy11 monthsIl cookie è impostato dal plug-in GDPR Cookie Consent e viene utilizzato per memorizzare se l'utente ha acconsentito o meno all'uso dei cookie. Non memorizza alcun dato personale.
Interazioni e funzionalità semplici
Questi strumenti di tracciamento abilitano semplici interazioni e funzionalità che ti permettono di accedere a determinate risorse del nostro servizio e ti consentono di comunicare più facilmente con noi.
Miglioramento dell'esperienza
Questi strumenti di tracciamento ci permettono di offrire una user experience personalizzata migliorando la gestione delle impostazioni e consentendo l'interazione con network e piattaforme esterne.
Misurazione
Questi strumenti di tracciamento ci permettono di misurare il traffico e analizzare il tuo comportamento con l'obiettivo di migliorare il nostro servizio.
Salva e accetta